Al centro dell’Universo, là dove brancica goffamente, cieco e idiota, il dio Azathoth, Signore di Tutte le Cose, circondato dalla sua inetta schiera di danzatori ottusi e amorfi e cullato dal sottile, monotono lamento d'un flauto demoniaco stretto da mani mostruose (Howard Phillips Lovecraft – adatt,)
«Per la miseria che puzza!».
«Hai il naso troppo fino, Shubby».
«Tentacoli, pseuodopodi, chele, zoccoli, artigli, fauci… ma niente nasi, almeno al momento. E se li avessi li riassorbirei. E chiamami col mio nome per esteso: Shub – Niggurath Il Nero Capro dai Mille Cuccioli… o io inizierò a chiamarti Hasty, caro il mio Hasthur, altrimenti detto il Re in Giallo».
«Ok, ok non te la prendere… e comunque hai ragione, stavolta...»
«Che tanfo!».
«Ehilà, Yog Sothoth, lo senti anche tu, vero?».
«Difficile non sentire qualcosa quando sei il Tutto – in – Uno e l’Uno – in – Tutto. Il vecchio deve avere ingoiato nel sonno un qualche Dio Esterno Minore, poi digerisce male e questo è il risultato».
«Peggio. Ha ingoiato un Dio Esterno Minore, ha digerito male e ha espulso un Universo».
«Nyarly, va bene che sei il demone messaggero, ma possibile che tu debba portare solo cattive notizie?».
«Lascia perdere, Nyarlathothep… è solo Hastur, un Grande Antico… non dovrebbe neppure essere qui».
«E allora che stia zitto o lo relego in una stasi spaziotemporale, come Cthulhu. Stavo dicendo: il vecchio Azathoth ha ingoiato un Dio Esterno Minore, non lo ha digerito, qualche borborigmo, qualche flatulenza ed ecco un Universo nuovo, bello e fumante. Laggiù, nella curva tra il Quinto e il Sesto piano dell’Esistenza. Lo vedete (vabbè, o equivalente)? È quello che puzza».
«Si, però stavolta è davvero insopportabile. Che si fa, svegliamo il Vecchio?».
«Per carità! Lo sai come succede. Uno o due eoni in meno di sonno ed è di pessimo umore.
Ricordate che cosa è successo l’ultima volta?».
«Preferisco non pensarci. Ma che si fa? Mica possiamo restare con questo fetore. I Mille Cuccioli chi li sente? Tu cosa ne dici, Yog Soth Oth? Non sei il Tutto – in – Uno mica per niente».
«Mmmm be’, ecco…. Osservandolo meglio… direi che contiene una certa dose di entropia».
«Quindi farà come tutti gli altri: si dissolverà».
«Oh, sì… a un certo punto il disordine del sistema sarà tale che i legami tra le particelle si sfalderanno e i quanti e gli altri frammenti subatomici si sperderanno nel Nulla. Il problema è il tempo».
«Cioè?».
«Ci vorrà qualche miliardo di… anni, direi di chiamarli “anni”».
«Insomma dovremmo sorbirci questa puzza per un bel po’ di continuum spaziotemporale».
«Forse un rimedio c’è».
«Che cosa hai in testa, Nyarlathothep? E smettila di cambiare forma in continuazione!».
«Sapete com’è l’entropia, no? Trasformazione di ogni forma di materia ed energia in altra materia e altra energia finché tutto non diviene calore degradato e non più trasformabile. Un caos simile al nostro caro Azathoth… ma molto più tranquillo».
«E soprattutto inodore, ok, ci hai fatto fare il ripassino, e allora?».
«Se non ho preso una cantonata, il principio entropico, in questo universo (hai ragione, Shub: è davvero una puzza insopportabile) fa sì che ogni tentativo di combattere l’entropia, la accresca.
Cerchi di mettere ordine, ma, così facendo, aumenti il caos generale del sistema».
«Funziona così, esatto, e allora?».
«E allora, se noi mettessimo nel sistema un accelerante?».
«Tipo?».
«Tipo una o più razze intelligenti. Cercherebbero di scoprire come funziona quel maledetto, puzzolente universo, proverebbero a mettere ordine scoprendone le leggi – o forse creandole nel momento stesso in cui credono di scoprirle: non ho capito ancora bene come funziona, laggiù, ma non voglio andarci vicino un’altra volta, non subito, almeno – e...».
«… e così aumenterebbe la velocità del degrado e l’Universo svanirebbe in pochi miliardi di anni».
«Proprio così, Shub Niggurath, proprio così».
«Mi piace. Potremmo chiamarlo “principio Antropico” invece di “Entropico”».
«Hai sempre avuto talento con le parole, Yog. Ci pensi tu a crearle? Le razze intelligenti, intendo».
«Carbonio, secondo me l’ingrediente principale dovrebbe essere il carbonio. I Mille Cuccioli ne vanno pazzi. E devo dire che anche io non disdegno qualche assaggino».
«E carbonio sia, Shub... ma che sia ben chiara una cosa, Nyarlathothep: io mi occupo della costruzione di questa… “razza antropica”, ma ci pensi tu a dar loro qualche spintarella al momento giusto: scoperte, invenzioni...».
«Ah sì, a noi ci devono evocare solo ogni tanto… io, poi, con Mille Cuccioli a cui pensare...».
«Ma se sanno tutti che non ti perdi un sabba! Va bene, comunque. Al progresso ci penso io.
All’inizio sarà un po’ lento, vi avverto, ma, al momento giusto… ho una mezza idea su una cosa che chiamerei “tecnologia” che… solo ti prego di una cosa, Yog-Soth-Oth»
«E sarebbe?»
«Non farli troppo intelligenti, ok?».
NDA: il racconto richiede, anche se spero non sia indispensabile, una certa dimestichezza con la pseudomitologia creata da Howard Phillips Lovecraft e i suoi epigoni. L’idea di base è che il cosmo sia un posto alieno, ostile o, al massimo, indifferente e in ogni caso “non pensato” per gli uomini. Le “divinità” lovecraftiane (dei esterni, grandi antichi ecc) sono personificazioni narrative di questo concetto, detto “orrore cosmico”.
Nel racconto si fa cenno e si prendono spunti dal Secondo Principio della Termodinamica – il quale determina anche la c.d “Freccia del Tempo” (come la chiama Rovelli), al concetto di massima entropia, al c.d. “big rip”, una delle ipotesi sulla fine dell’Universo, ai c.d. “Principio Antropico” di cui esistono diverse versioni (secondo la più radicale delle quali noi esisteremmo proprio per scoprire la natura dell’Universo stesso).
Vi prego, se siete interessati a questi argomenti, a non fermarvi a queste righe, ma di documentarvi. Le opportunità non mancano.
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