giovedì 13 aprile 2017

Orbit

ORBIT



Tre coglioni.
Quello alla guida dell’automobile era il classico sfigato con gli occhiali da miope e i denti da castoro; capelli scuri, ingellati e con la scriminatura nel mezzo, e una camicia a quadretti troppo inamidata. Quelli accasciati dietro, invece, due specie di suini; di cui uno decisamente cresciuto e muscoloso: Manolo.
Ben un metro e novanta di porco con capelli rossi a spazzola e una rada e schifosa peluria fulva sotto il mento. Camicia senza maniche, ovviamente, per mostrare gli sproporzionati e bitorzoluti bicipiti. Non inamidata, ma parecchio sporca e puzzolente; forse il risultato di almeno tre o quattro settimane di lavoro in officina e assenza di bagnoschiuma, anche se il suo vicino pareva non accorgersene.
Carlino, in ogni caso, come spesso accadeva, si trovava in stato di semisonno alcolico privo di facoltà olfattive. Con il suo metro e sessantacinque di altezza per centodue chilogrammi di peso, pareva un aborto di elefante marino con addosso un completo da scout. E anche lui, va detto, non si distingueva certo per pulizia; per cui, forse, doveva anche essere in qualche modo assuefatto a quel tipo di odori; sbornia o meno.
Pasciuti e stupidi al punto giusto, comunque, formavano un campionario perfetto per i sadici esperimenti degli dei dementi dei film di serie b; misteriose entità che li tenevano d’occhio da qualche tempo, aspettando l’occasione migliore per intrappolarli assieme in uno dei loro horror happening.

Evaristo, sfigato pure nel nome, guadò dal finestrino la vasta distesa di campi inariditi alla sua destra, con un una luna stranamente bassa e verdognola all’orizzonte, mentre alla sua sinistra scorreva un’interminabile boscaglia.
Tutto così, lungo quel rettilineo in mezzo alla campagna.
-C‘è qualcosa che non mi torna…- disse, rompendo il silenzio di quasi un’ora, e con una mano si tolse gli occhiali e stropicciò gli occhi facendo sbandare un poco l’auto.
Degli altri due, Manolo si risvegliò per primo e prese la parola.
-…Preoccupati di tenere il volante, tanto lo sappiamo che sei uno psicolabile.- disse.
Carlino aprì un occhio e poi l’altro. Due bollicine di saliva gli scoppiettarono sulle labbra prima d’intervenire.
-‘Cazzo siamo?- chiese.
-Ci siamo persi.- gli rispose Evaristo.
Manolo contrasse i pettorali e poi, soddisfatto della loro compatta e voluminosa risposta, si palpò i testicoli.
-Ma non dovevamo andare a una festa, Eva?…- chiese.
-…Prima ce la meni con la promessa di queste tue amiche troiette e poi tutto sfuma in questo nulla?! - 
Evaristo si grattò via un po’ di forfora della nuca; sistemò ancora gli occhiali ed esibì un paio di volte gl’incisivi contraendo nervosamente il labbro superiore.
-Sono le due. La festa purtroppo è andata.- rispose.
-Bene!… Anzi, una minchia! Bene una grossa minchia!!…- berciò Manolo. -… La faccenda delle troiette mi allettava. Riesci lo stesso a dirci dove siamo?-
In fondo, sulla destra, cominciava a delinearsi quella che sembrava una stazione di servizio. Una costruzione di almeno due piani.
-Ora ci fermiamo e te lo dico.- rispose Evaristo.

Nessuna stazione di servizio, comunque.
Sembrava, ma non lo era.
Si trattava di un cinema, “Orbit”, con questa grande insegna su cui i tubicini azzurri e luminosi del neon disegnavano il pianeta saturno.
Una locandina sotto mostrava la sagoma in cartone di una donna terrorizzata, incollata sopra un pannello rosa luccicante, il tutto in stile comic anni cinquanta.
“Nessuna morale all’ Orbit; nessun lieto fine.
Soltanto il gusto di sorprendervi.”
Recitava una scritta sotto al cartello.
-E’ aperto, ma sembra non esserci un cazzo di nessuno, qui.- commentò Manolo.
-Vogliamo scendere a darci un’occhiata? Magari danno qualche bella porcata di film.- disse Evaristo. Una prospettiva che forse poteva rimediare alla mancata partecipazione alla festa, nei suoi parecchio ingenui pensieri.
-Preferivo il troietta party…- insistette Manolo. -…Comunque, se anche Carlino e d’accordo si può fare. In ogni caso devo scendere a pisciare.-
-Carlino sei d’accordo?- gridò Evaristo, svegliandolo.

Dall’interno, all’improvviso, cominciò a provenire un frastuono di urla, fischi e applausi. Non appena misero piede nell’atrio.
-Continuo a non vedere nessuno…- disse Manolo. -…ma dov’è la biglietteria?-
Carlino mollò una sonorissima e altrettanto corposa scoreggia.
-Meglio se non c’è nessuno.- disse. E si tolse il cappellino per sventagliarlo un po’ dietro al culo.
-Ce li hanno i popcorn, almeno?- aggiunse, ispezionando l’ambiente.
L’atrio era vasto e vuoto; tutto illuminato da una fioca e inquietante lucina rossastra, con pareti lilla piene di muffa e incrostazioni.
Dei drappeggi e una funerea tenda viola davano accesso a un buio corridoio da cui probabilmente si raggiungeva la sala.
-Andiamo a vedere, dai!...- disse Evaristo. -…Questo posto mi esalta.-
Gli dei dementi dei film di serie b, all’udire di queste parole fecero sbucare una vecchietta in perizoma dalla tenda.
-I popcorn e le bibite sono lì…- disse la donna. -…prendete quello che vi pare o che rimane. Questa sera è tutto gratis!-



 I tre la fissarono allibiti. Aveva un grosso porro marrone in mezzo alla fronte, da cui si dipartivano una dozzina di peli ricci e scuri, lunghi almeno una ventina di centimetri; una cosa assurda e inguardabile, le tette avvizzite e pendule come suole di scarpe, poi, completavano lo sconcertante quadro della sua nudità.
Carlino si voltò a guadare nel punto indicato, in cui era quasi sicuro di non aver visto nulla, poco prima.
C‘erano delle bocce di plastica trasparente piene di popcorn e le bottiglie delle bibite, appoggiati sopra un logoro bancone pieno di bicchieri e contenitori di carta. Della roba, tipo senape e ketchup colava dai bordi del tavolo.
Rincoglioniti com’erano, si servirono, abbondando soprattutto con la birra, ed entrarono senza porsi troppe domande.
Anche giunti alle poltrone, gremite di spettatori esagitati e stravolti da espressioni di euforia grottesche, in uno spazio, quello della sala, enormemente più vasto di ciò che era la struttura esterna dell’edificio, continuarono a non far lavorare troppo i neuroni limitandosi a bere e sghignazzare. Carlino aveva già scolato un litro e mezzo di birra.
Manolo, in particolare, prima di accomodarsi (gli unici tre posti liberi, guarda caso, erano i loro) si guardò attorno in cerca di troiette, magari nude come la vecchia.
Niente. Parevano tutti sulla settantina i più giovani.
Alcuni, tuttavia, erano vestiti da adolescenti o mezzi nudi. Uno, addirittura, indossava una specie di armatura medioevale, e un altro ancora, seduto a poca distanza da loro, era ricoperto soltanto da tatuaggi e sembrava infartuato; con il capo rovesciato all’indietro e della bava mista a schiuma che gli usciva ai lati della bocca.
-Secondo voi, dove hanno parcheggiato l’auto tutte queste mummie?- bisbigliò Evaristo.
Sullo schermo girava un horror in bianco e nero, con Jerry Lewis e Marilyn Monroe impegnati a massacrare a colpi di accetta dei ragazzini. Anacronistiche scene splatter d’inaudita violenza.
Jerry Lewis era truccato come nel film “le folli notti del dottor Jerryll”, mentre Marilyn era tutta nuda e imbrattata di sangue. Dei pezzi di visceri gli erano rimasti appiccicati a una coscia e sbrindellavano di qua e di là mentre si dava da fare con l’accetta.
-Ma cos’è sta merda?!…- chiese Manolo. -…Mica lo sapevo che Marilyn aveva fatto questo genere di film.-
-E’ evidente che si tratta di un sosia.- rispose Evaristo.
Si era accucciato nella poltroncina, con i suoi popcorn e la birretta, e gli sembrava di stare in paradiso: posto squallido e film del cazzo; il tutto condito da quell’atmosfera improbabile e misteriosa.
Non si poteva avere di meglio.
-…Dev’essere una rarità….- spiegò. -… Non ho mai avuto notizie di questa pellicola…-
-Cazz’è il titolo?- chiese Carlino, parlando a mezza bocca. L’altra metà era impegnata a ruminare popcorn.
-Non l’ho letto. Anzi, mi pare neanche ci fosse sul cartellone all’entrata…- rispose Evaristo. -…Godiamocelo! Dopo sicuramente m’informo.-
Gli schiamazzi attorno avevano raggiunto un livello insostenibile, tale da sovrastare l’audio, eppure un vecchio vicino a loro si avventò sullo schienale di Evaristo per rimproverarlo.
-HAI FINITO DI ROMPERE IL CAZZO?- gridò. Aveva le vene del collo gonfie come tronchi d’albero, e gli partirono pure un paio di sostanziosi sputacchi.
Manolo rise.
-ALLORA, HAI FINITO DI ROMPERE IL CAZZO O NO??- gridò ancora il vecchio. Pareva che la testa gli stesse per scoppiare.
Evaristo, comprensibilmente, anziché scusarsi rimase interdetto.
-IL CAZZO! MI HAI ROTTO IL CAZZO!! LO CAPISCI?-
Manolo si voltò a guardare bene la scena.
-Forse il vecchio si era innervosito perché erano arrivati a film già iniziato e gli erano passati davanti sostando in piedi davanti a lui un po’ troppo a lungo, prima di accomodarsi.- pensò.
-Tutto a posto, nonno. Lo metto a tacere io il ragazzo.- disse.
Ma il vecchio proprio non ne voleva sapere. Anzi, irritato da quell’intervento si scagliò anche contro di lui, tirandogli un pugno sulla testa.

Ora, il rispetto per gli anziani non era contemplato nel codice di comportamento di Manolo, men che meno se sclerotici o pazzi furiosi.
Indi, applicando un principio di esclusione intollerante nei confronti di qualsiasi mediazione verbale, lo afferrò per la gola con entrambe le mani e avvicinò al suo cranio con tanta rapidità da rompergli il setto nasale.
-Cazz’ hai fatto?- commentò Carlino, statico eccetto che per la mano che portava alla bocca i popcorn; mentre la gente attorno continuava a schiamazzare imperterrita.
Nessuno sembrava essersi accorto di quello che era appena successo; nemmeno del tipo infartuato, la cui schiuma prodotta dalla salivazione ora gli avvolgeva tutta la testa.
-Ma gli hai rotto il naso, Cristo!- intervenne pure Evaristo.
-Stai calmo Eva…- rispose Manolo, rimettendo delicatamente il vecchio a sedere. -…Lo vedi che questo é pazzo.-
Il vecchio, in effetti, ora aveva preso a ridere istericamente e fremere come in preda a una crisi epilettica.
-Lascialo seduto, vedrai che si calma.- concluse Manolo.
Una signora poco distante, vestita come un gladiatore, accorse per leccar via dalla faccia del vecchio il sangue che gli fluiva copioso dalle narici.
Assistettero alla scena un po’ sbigottiti e obnubilati dall’alcol; ciò che li turbava davvero era più che altro l’indifferenza degli altri.
-Ma ora che ci penso…- disse Carlino. -…Tu, Manolo, non dovevi mica andare a pisciare?-
-Cazzo è vero!…- rispose Manolo. -…La stranezza di ‘sto posto mi ha bloccato pure la minzione. Ora vado.-

Nel cesso, ultrasporco e con mattonelle verdastre maculate da megaschizzi di diarrea e altri fluidi corporei, c’era la vecchia in perizoma.
Manolo si avvicinò a uno dei pitali appesi alla parete e tirò giù la patta, noncurante della sua presenza.
-Quell’affare lì,…- disse poi, vedendo che la vecchia lo fissava -…mi riferisco al porro che ha sulla fronte…-
La vecchia si mise a pecora, appoggiandosi su un lavandino.-
-Non se lo può togliere con un’operazione, o almeno i peli, cazzo, quelli proprio non si possono guardare…-
-Guarda qui.- ripose la vecchia, spostando con un dito la sottile copertura del perizoma.
Manolo constatò che le sue chiappe erano meno raggrinzite di tutto il resto.
-Anche questo qui non ti piace?-
Manolo non ci pensò su poi molto, dal momento che aveva ancora la patta abbassata, qualche litro di birra in corpo, e che il ricordo delle forme più convincenti di Marilyn Monroe appena viste sullo schermo lo avrebbero certamente aiutato ad accontentarla.
Mano a mano che ci dava dentro, però, il porro sulla fronte della vecchia si gonfiava, e anche i peli attorno crescevano, aumentando di volume.
Finchè, in brevissimo tempo, quella roba non divenne una specie di ragno; una bestiaccia grossa e scura che si staccò dalla testa della donna per raggiungerlo.

Jerry Lewis, intanto, smise di massacrare ragazzini e fissò la sua attenzione su Evaristo, avvicinandosi all’obiettivo della telecamera.
-Tu…Tu…- disse, puntandogli contro il dito.
Un gran primo piano, in cui Evaristo non poté che riconoscere la propria somiglianza al personaggio.
Stessi dentoni e occhiali da miope.
-Anche tu devi morire.-
Gli schiamazzi cessarono per un attimo; poi Jerryll prese la mira e scagliò l’accetta fuori dallo schermo, centrandolo in piena faccia.
Carlino ebbe all’istante una violenta contrazione all’addome, che gli fece cacare subito tutto quello che aveva mangiato e bevuto.
I vecchi attorno lo guardavano come estasiati dalla sua paura.
Uno, addirittura, si era messo rapidamente a masturbarsi.
Quello con il naso rotto rideva ancora più forte.
E quello infartuato aveva ripreso conoscenza, benché ricoperto da una gran massa di schiuma.

-Io lo avrei spaventato di più…- pensò uno degli dei dementi, in contrasto con la precipitosa follia visionaria dei suoi compagni. -…E’ morto senza provare abbastanza stupore.-

Manolo rientrò nella sala correndo, salendo al centro per raggiungere gli altri, mentre le zampe pelose e ingigantite del ragno sbucavano dalla porta che dava accesso alla toilette. Gli spettatori fecero convergere lì la loro attenzione; anche Marilyn, dallo schermo fece sporgere la sua mega capoccia per salutare con un sorriso l’ingresso del ragno nella sala.
Adesso era grande, almeno quanto quattro elefanti, e continuava a crescere.
Schiamazzi, urla. Cibi e oggetti di vario genere cominciarono a volare.
Gli anziani più robusti della sala si precipitarono ad arrestare Manolo, per far sì che il ragno potesse raggiungerlo in fretta.
Volarono anche un sacco di pugni, quindi.
Manolo ne colpì uno con un gancio così secco che quasi tutta la scarsa dentatura del vecchio gli rimase conficcata nelle nocche. Altri poi lo aggredirono alle spalle, beccandosi gomitate da spappolamento renale e della milza.
-Muovi il culo, dai!- gridò a Carlino.
Ma quello non riusciva a spostarsi dalla sua poltroncina; aveva appena rimosso l’accetta dal cranio di Evaristo e continuava a menar fendenti di qua e di là per difendersi dall’attacco dei nonni assatanati.
Della merda gli cascava pure dai pantaloni.
-Grasso, sudato e disgustoso anche nella disperazione!- pensò Manolo, e preferì abbandonarlo al suo destino con un paio di spintoni che gli permisero di farsi largo fra almeno una dozzina dei suoi assalitori.
Il ragno stava a qualche metro da lui, ancora, e Marilyn strillava come un’arpia seguendolo inferocita con lo sguardo.
Le vide sporgere dallo schermo buona parte del busto. Tette giganti e sode che ballonzolavano sulla prima fila.
Un vecchio gli addentò un capezzolo e rimase così, appeso come un lustrino, mentre lei srotolava una lingua nera e piatta a forma di pellicola.
Manolo vide quei fotogrammi viscidi e incatramati serpeggiare come un malefico fiume verso di lui. Lo seguirono fino all’uscita, dove gli dei avevano deciso benevolmente di limitare la loro corsa.



Così, a un metro dalla macchia, si fermò a riprendere fiato; avrebbero dovuto scoppiarli i polmoni, invero, per quanto aveva lottato, ma si sentiva bene; perfettamente in forma.
E come al solito godette di questa sua prestanza.
Le zampe del ragno che tentava invano di far passare il corpo enorme attraverso il portone d’ingresso al cinema lo fecero sorridere.
-Forse ho bevuto troppo.- pensò. Poi salì sull’auto.
-Fanculo a quella palla di merda di Carlino e a quel rachitico di Eva!…- si disse, riavviando il motore e sfilando una sigaretta dal taschino superiore della camicia.
Il contatto con il suo pettorale, che tendeva tanto il tessuto da rendere l’operazione un po’ difficoltosa, gli diede un’ulteriore conferma della sua splendida massa muscolare e del suo perfetto stato fisico.
 -…Bene, se sto sognando…- tirò una boccata di fumo, -…Altrimenti son cazzi loro…- un’altra boccata. -… io cercavo solo un po’ di fica.-

Con una strizzatina d’occhio, gli dei dementi dei film di serie b squarciarono il velo d’improbabilità che li aveva permesso di confinarlo in quella regione dell’assurdo e lo ricondussero sulla sua strada.
Quella altrettanto orribile, ma priva di fantasia.
Un gioiello del genere mica potevano regalarlo subito all’inferno; avrebbe permesso loro di sfogare la propria creatività in altre occasioni, magari.
-Puttana! Ecco un cartello…- disse Manolo. -…Finalmente!-






ORBIT (2011)
Racconto di Fabio Cavagliano
liberamente ispirato al romanzo "la notte del drive-in" di Joe. R. Lansdale
ORBIT (Clicca qui per leggere gli altri due episodi!) 



Nessun commento:

Posta un commento

Commenti offensivi, volgari o inappropriati verranno rimossi.