Un uomo camminava sotto al
cielo grigio rivierasco, infagottato dentro un altrettanto grigio pastrano.
Ogni tanto alzava, avvilito, lo sguardo. Era tornato nella casa al mare per la
prima volta dopo la pausa invernale, ma il clima non voleva fargliela godere.
Eppure avrebbe dovuto essere bel tempo, in base alle sue previsioni. Le sue,
sì; lui era, infatti, Aiace Battitempesta, noto meteorologo televisivo
nazionale, quotidianamente in video in alternanza con un collega. E alto,
snello, attraente e abbronzato o per meglio dire “lampadato” com'era, faceva un
figurone davanti alle telecamere:
«Buona sera, gentili
telespettatori. L'Italia è stata finalmente raggiunta dal preannunciato regime
anticiclonico che garantirà tempo soleggiato e temperature sopra le medie
almeno fino a metà della prossima settimana. Già domani sarà bello in tutto il
centro nord. A sud avremo invece ancora un paio di giornate instabili, poi
l'alta pressione si estenderà all'intero paese e nel fine settimana godremo
ovunque di un vero e proprio anticipo di primavera.»
“Ecco invece cosa non avevo
previsto” – parlava da solo senza quasi prendere fiato, una sua vecchia
abitudine – “che qui in Liguria le temperature troppo superiori alle medie
marzoline unite ai venti umidi marini avrebbero causato fitte nubi di condensa
lungo l'intero litorale. È impossibile per chiunque calcolare ogni variabile
con esattezza assoluta, ma il responsabile degli errori per la gente sono
sempre io e così quei figli di cane mi hanno messo alla porta.”
Si riferiva ai dirigenti de
<<Il Notiziario>>, un importante quotidiano che a partire dal mese
successivo avrebbe ospitato un servizio meteorologico concorrente, lo
<<Studio ATMOS>>, appena entrato in attività e già molto più
affidabile del suo, a sentir loro. In effetti ne aveva letto alcune previsioni
sul web, trovandole sorprendentemente precise. Perciò provava viva antipatia
per gli sconosciuti autori e si riprometteva di carpirne il segreto a qualsiasi
costo. Ne andava del suo futuro, perché fino a quando tutti sbagliavano con la
medesima frequenza nessuno poteva contestarlo, così invece anche l'emittente
televisiva cominciava a mostrarsi insofferente.
Intanto si era fatto
mezzogiorno e, mentre il mare rumoreggiava infuriato dall'altro lato della Via
Aurelia, percepiva un elevato tasso d'umidità e una temperatura non superiore a
quindici o sedici gradi centigradi, anziché i venti promessi. D'altronde fino a
una mezz'ora prima aveva addirittura piovigginato e la strada era ancora
bagnata.
“E allora? L'alta pressione
delle Azzorre è qui lo stesso, cazzo, non si vede ma c'è.”
Stavolta aveva parlato
talmente ad alta voce da far voltare parecchia gente. Ma, come a smentirlo, un
attimo dopo si udì un sordo brontolio. Era un tuono. D'istinto alzò di nuovo
gli occhi al cielo e guardò in tutte le direzioni. Verso est le nubi si
facevano sempre più livide, come se preparassero un temporale. Le osservò
riunirsi con inusitata rapidità. Era la sua immaginazione o stavano assumendo
un aspetto ben preciso? Rimase a guardarle, incantato. Parevano prendere
sembianze umane. Nel giro di un minuto non ebbe più dubbi. Quello che stava
osservando nel cielo era un volto, uno smunto ma immenso e nero volto
sogghignante, che sporgeva in rilievo rispetto alla più sottile e chiara cappa
nuvolosa circostante. L'inquietante faccia scavata e dal mento prominente si
mosse fino a fissare lo sguardo proprio su di lui, attraverso due occhietti
tondi e crudeli di tenebra. Vide quindi la bocca spalancarsi e dentro apparirvi
nuvolette candide a schiera, i denti. Ora la faccia rideva, sguaiata.
Battitempesta si guardò
attorno, spaventato. I pochi passanti procedevano per i fatti propri, a testa
bassa. Sembrava che solo lui si fosse accorto di quella presenza tanto
ridanciana quanto minacciosa. Tornò a puntare gli occhi verso est, ma i
cumulonembi andavano già scomponendosi e l'angosciosa figura non era più
riconoscibile.
Era giunto il primo fine
settimana di aprile e Costantino Elfego Parodi, presidente dell'associazione
albergatori liguri, guardava il parcheggio assolato e deserto del suo hotel da
dietro la finestra della sala ristorante vuota: malgrado la magnifica giornata
non c'era un cliente. Strinse i pugni, adirato. Sapeva fin troppo bene su chi
addossarne la responsabilità: le principali tv avevano preannunciato maltempo
in tutto il nord Italia, riviera di ponente compresa. Fin dal pomeriggio
precedente, in Lombardia e in Veneto effettivamente c'erano stati violenti
acquazzoni e anche in Piemonte era parecchio nuvoloso. Lì invece, nonostante la
sporadica presenza di cirri, il sole splendeva e l'aria era tiepida. Nessuno
però s'arrischiava a scendere sulla costa con previsioni tanto fosche e per
giunta apparentemente confermate.
Gli affari andavano male. Se
continuava così avrebbe finito per chiudere baracca e burattini; il prestigioso
quattro stelle Hotel Moresco sprangato e lui, la moglie, il figlio e i
quattordici dipendenti a spasso, dopo cent'anni ininterrotti d'attività sotto
la gestione della sua famiglia. La semplice idea lo ripugnava.
Si sforzò di rilassare le
membra in meditazione yoga. Infine si decise. Circa la crisi economica poteva
soltanto sperare in un miglioramento, ma per quanto riguardava il servizio
meteo una soluzione forse esisteva. Si recò in segreteria, afferrò la rubrica
telefonica e la sfogliò fino a trovare ciò che cercava. Sospirò. Quanto si
apprestava a compiere era stato votato a grande maggioranza e doveva adeguarsi,
eppure fino a quel momento aveva tergiversato. Non tanto per la spesa ingente,
che suddivisa tra tutti gli associati risultava irrisoria. Era semmai
l'immoralità della decisione presa a disturbarlo. Aveva sempre improntato il
proprio agire alla massima correttezza e soffriva per il cambio di rotta. D'altronde
era necessario. Sollevò quindi la cornetta e compose un numero.
Aiace Battitempesta si
trovava nella sede meteo di Milano, alle prese con lo studio delle isobare.
Preparava la previsione quotidiana basata sul suo modello matematico
personalizzato. Aveva ricacciato la recente apparizione nel fondo della mente e
non ci pensava più. Sua moglie però era stufa di recarsi al mare senza coniuge
e al pensiero di accompagnarla provava un'ansia indefinita. Aveva accampato
scuse per procrastinare ma non si poteva più sottrarre, anche perché doveva
incontrare il presidente dell'associazione albergatori liguri. Quel fine
settimana sarebbe dunque tornato ad Albis(s)ola, l'ameno centro della ceramica in
cui sorgeva la sua seconda abitazione. E una volta arrivato ne avrebbe
approfittato per andare a trovare Parodi a Varigotti, frazione costiera di
Finale Ligure.
Mezz'ora dopo si diresse
negli studi televisivi cittadini. Era giunta l'ora di registrare. Aveva appena
cominciato a dedicarsi ai grafici di sfondo quando s'interruppe, sentendosi
osservato. Il direttore del palinsesto era fermo all'ingresso.
“Buon giorno dottor
Ardizzone, come sta?” Lo salutò, vagamente a disagio per l'anomala presenza.
“Bene grazie. Mm, non riesco
ancora a interpretare con chiarezza i suoi disegni. Nei prossimi giorni avremo
brutto tempo?”
“Più o meno. In effetti è in
arrivo la perturbazione numero tre del mese, ma non si preoccupi, ci saranno
solo sporadici piovaschi e potrebbero perfino verificarsi occasionali
schiarite.”
“Davvero? Io però ho appena
letto le previsioni dello Studio Atmos. Piogge intense anche questo fine
settimana, secondo loro.”
“No, è impossibile,
gliel'assicuro, stavolta sbagliano. È una perturbazione assai blanda, non porta
con sé rovesci. Si fidi dei miei diciotto anni d'esperienza, avremo solo poche
gocce insignificanti.”
“Lo spero per lei, perché
ultimamente lo share del nostro meteo è in calo e le lamentale in aumento. Ieri
qualcuno ci ha lasciato un messaggio vocale. Se vuole glielo posso far sentire,
ma in sostanza dice che d'ora in avanti seguirà solo il sito www.atmos.com.
Credo proprio che mi dovrò decidere ad effettuare raffronti accurati. Chissà a
proposito se i suoi esperti sono telegenici?”
Battitempesta lo guardò
allontanarsi lungo il corridoio. Ardizzone non era mai stato così esplicito.
Per la prima volta si sentì seriamente preoccupato.
Due mattine dopo percorse
l'autostrada a buona velocità, ascoltando distrattamente le chiacchiere di
moglie e figlia senza mai partecipare alla conversazione. Arrivò ad Albissola
Marina, scaricò i familiari e in capo a un quarto d'ora proseguì per Varigotti,
dove alle 11,30 aveva appuntamento col presidente degli albergatori liguri.
Fino a quel momento, costatò sollevato, le sue previsioni erano rispettate:
cielo coperto senza precipitazioni.
Entrò nel minuscolo
parcheggio riservato dell'elegante hotel Moresco e poco dopo s'avviò verso la
hall. Ad attenderlo all'ingresso, sotto al caratteristico arco a ferro di
cavallo, trovò un uomo massiccio e panciuto sui cinquantacinque anni.
“Lei è tale e quale a come
appare in tv, dottor Battitempesta.” Esordì costui.
“Costantino Parodi, immagino.
Piacere di conoscerla.”
“Piacere mio. Come si dice, a
proposito? Nomen omen? Con un nome così non poteva svolgere altra professione.”
“Per la verità Batti è il
cognome di mia madre. Io mi chiamo Aiace Tempesta, unire i due cognomi è un mio
piccolo vezzo.”
“Ah, capisco, una trovata
davvero simpatica. Venga, così mentre discorriamo facciamo quattro passi per il
nucleo medievale che inizia subito dietro l'albergo. Conosceva già Varigotti?”
Il borgo trecentesco era
raccolto ai piedi di un promontorio, sormontato da un diroccato castello con
torre d'avvistamento saracena. Le case mediterranee dalle spesse mura in stile
arabeggiante ma vivacemente colorate alla ligure, i fascinosi archivolti, i
vicoletti sfocianti in spiaggia, le abitazioni stesse dai cui usci si posavano
i piedi direttamente sulla sabbia... Un vero peccato che l'ospite avesse la
testa altrove e non se lo godesse, perché il luogo era magnifico.
“... Lei mi sta chiedendo
l'impossibile. Non posso falsare le previsioni, verrei licenziato seduta
stante.”
“Me ne rendo conto, difatti
non pretendo interventi sistematici, ma correzioni ad hoc per i giorni
cruciali. Ad esempio nel prossimo fine settimana pasquale o nel successivo, che
si aggancia al 25 aprile. Arriveranno migliaia di turisti, ma se una delle due
volte succede come la scorsa settimana, che è piovuto dalle sue parti e non
qua? Noi ce la prendiamo comunque in quel posto, scusi la volgarità. Per
limitare le disdette basterebbe che lei promettesse schiarite ad esempio sulla
riviera di ponente. Se poi invece diluviasse, beh, errare è umano, no? Non
sarebbe certo il primo sbaglio della sua carriera.”
“Io... ci devo pensare su,
ecco.”
“La stagione incombe, caro
amico mio, non c'è tempo per pensare. Facciamo così, i ventimila euro di questa
busta non sono un anticipo ma un extra, ok? Ne riceverà altrettanti per ogni
previsione resa favorevole.”
Il meteorologo accettò la
proposta, gratificato: dopotutto ho studiato una vita tra mille sacrifici,
laurea in fisica, post diploma presso l'aeronautica militare, aggiornamenti
continui, sarebbe veramente ora di ricavarne anche qualche soddisfazione
materiale.
“A proposito” – aggiunse
Parodi al momento del commiato – “stamane mi è arrivata una stramba e-mail.
Qualcuno sostiene non solo di prevedere il tempo in Liguria con precisione, ma
addirittura di condizionarlo: se annunciasse schiarite dalle nostre parti, poi
le farebbe verificare sul serio, pensi un po'. Ovviamente ho cestinato 'sta
sciocchezza, un po' però mi ha sconcertato, perché sembrava quasi che il
mittente fosse a conoscenza della proposta che intendevo rivolgerle.”
“Ma chi è questo tizio? Si è
presentato?”
“Studio ATMOS, così c'era scritto.
Mi hanno anche allegato le previsioni per oggi e sono straordinariamente
precise, sa? Sono curioso di verificarne l'esattezza.”
Battitempesta se ne andò
inquieto. Una sciocchezza, certo, concordava con l'albergatore. Tuttavia la
Atmos cominciava a incrociare un po' troppo spesso il suo cammino. Urge
rintracciare quei misteriosi personaggi e ottenere spiegazioni dettagliate o
altrimenti trovare la maniera di sbarazzarsene, ragionò. Perché ormai aveva
troppo da perdere e non riusciva a determinare il loro metodo di lavoro. Per
quanto accurati potessero essere, non esistevano modelli perfetti e la
conoscenza dell'atmosfera era ancora assai più approssimativa di quanto la
gente immaginasse. Perfino le più sofisticate simulazioni al computer non
potevano fare a meno dell'intervento umano. In proposito alcuni colleghi
vantavano capacità predittive sulla lunghissima distanza, ma lui sapeva che era
solo millantato credito. Fino a quarantotto ore le previsioni potevano essere
considerate sostanzialmente – ma neanche troppo – esatte, poi la percentuale
d'errore aumentava fino a giungere, a cinque o sei giorni di distanza, al 50%.
Come lanciare una monetina, dunque, sopratutto dovendo definire microclimi
locali complessi come quello ligure, benché ancora si potessero individuare
almeno le tendenze generali.
Per intanto dopo pranzo
consultò le previsioni rivali sul web. Le osservò trasecolato, dopodiché gli
scappò un risolino. Effettuò quindi alcune telefonate.
“Massimiliano, sei ancora a
Milano? Hai letto la atmos.com?” Chiese infine al collega televisivo.
“Sì, ma quei pagliacci si
stanno decisamente allargando. Va bene annunciare piogge, ma anche il minuto
esatto in cui iniziano significa prendere il pubblico per il culo.”
“Già, stavolta hanno fatto il
passo più lungo della gamba. Tanto meglio, ci hanno fornito l'occasione per
metterli in ridicolo. Contatta subito la redazione centrale de <<Il
Notiziario>>. Io ho già fatto altrettanto con quella locale. In cambio di
quattro spiccioli un cronista ha promesso di sbeffeggiarli in un articolo. Mi
raggiungerà da un momento all'altro per verificare insieme a me e incassare
l'anticipo. Secondo loro ad Albissola inizierà a piovere alle 16 e 08.
Quell'ora ci rimarrà scolpita nella memoria, perché segnerà l'alba della nostra
rivalsa. Quando dovrebbe cominciare lì da te?”
“Alle 15 e 33.”
“Bene, non manca molto.
Telefona subito al giornale, tra venti minuti ti richiamo.”
15,33.
“Cazzo, piove.”
“Non ci credo.”
“Ti giuro che si è messo a
piovere proprio ora. Goccioloni grossi così. Corro a mettermi al riparo.”
Fortuna sfacciata, la loro,
poco male però – si consolò Battitempesta – basta che sbaglino qui e siamo a
posto. E devono sbagliare per forza, non può essere altrimenti. Ma pur
ripetendoselo di continuo non si sentiva più tanto tranquillo. Si accorse di
sudare, eppure l'aria era frizzante. Non vedeva l'ora che fossero le 16,08 per
togliersi il pensiero. Si trovava sul molo in compagnia del reporter locale, un
perfetto ma utile imbecille, a suo parere. Sollevò lo sguardo. Andavano
concentrandosi scuri cumulonembi temporaleschi. Ma stavano forse anche
assumendo una forma definita? Allarmato, si sentiva di nuovo preda
dell'allucinazione, quando alle sue spalle udì la voce del giornalista.
“Ehi, guardi quelle
nuvolaglie. Ricordano una faccia umana, non trova?
Se la vedeva anche lui non
poteva essere un'allucinazione, comprese. E stavolta la massa nuvolosa appariva
assai più massiccia. La testa, sempre meglio delineata di secondo in secondo,
proseguiva in un paio di spalle, da cui iniziavano a emergere il tronco e
un'altra escrescenza, che presto assunse l'aspetto di un braccio con la mano
stretta a pugno e il dito indice puntato su di loro. Il meteorologo non
riusciva a distogliere lo sguardo dalla spaventosa figura.
“Oh madre mia santissima, ma
quello è Satana in persona.”
Udendo l'esclamazione
isterica, spezzò finalmente il legame visivo e scoccò un'occhiata al
giornalista. Era pallidissimo e aveva lo sguardo vitreo. Pareva prossimo a
cadere in preda al panico.
“Ma a me non ci riuscite a
spaventarmi, avete capito maledetti? Se credete che uno stupido trucco alla
David Copperfield mi faccia paura vi sbagliate di grosso.” Gridò allora Aiace,
minacciando il cielo col pugno.
Poi un fulmine cadde poco
lontano illuminando i dintorni e nello stesso istante una goccia gli inzuppò il
naso. Guardò l'ora. Erano le 16,08. Il gigantesco corpo umanoide si stava
sciogliendo in un temporale.
Dipinto di Luigi Pretin
Più tardi ricevette una
telefonata concitata dal dottor Ardizzone, direttore del palinsesto. Poco dopo
le quattro, gli annunciò questi, il suo collega meteo Massimiliano Cutrone era
rimasto vittima di un incidente stradale mentre tornava a Monza, dove
risiedeva. Battitempesta lo ascoltò costernato: l'amico era morto sul colpo.
Dalle prime ricostruzioni sembrava che avesse perso il controllo dell'auto a
causa della strada resa viscida dalla pioggia. Spento il cellulare fu scosso da
un brivido. Era solo una coincidenza, l'ora della morte? Intorno a sé sentiva,
tangibile, la presenza del male.
Occorreva intanto tornare a
Milano, non potendo l'emittente sospendere il servizio. Avvisò moglie e figlia
che sarebbero dovute rientrare in treno e si mise in viaggio. Intuiva d'aver
chissà come attirato pericolose attenzioni, che presto avrebbe dovuto
affrontare di persona. Nel frattempo non poteva evitare di rivedere con gli
occhi della mente la demoniaca entità formata da nuvole mentre gli puntava
contro il dito, minacciosa. Effettuò l'intero percorso a velocità ridottissima.
Tempo dopo gli studi
televisivi annunciarono il consiglio d'amministrazione. All'ordine del giorno
c'era anche lo spazio meteo, per stabilire se rinnovare il contratto alla
<<Qualità Tempo>> di Battitempesta o scegliere nuovi partner.
Nel frattempo Aiace si era
dato da fare e aveva individuato l'indirizzo della concorrenza. Stava a una
mezz'ora d'auto dalla sua abitazione. Intuiva la presenza di una sola persona
dietro al misterioso marchio. Non sapeva decidersi ad agire, però.
Infine fu una chiamata di
Costantino Parodi a scuoterlo. La ricordava praticamente a memoria:
“Senta Battitempesta, lei mi
ha riferito d'aver ritoccato in meglio le previsioni per il 25 aprile, ma la
Atmos ha promesso un tempo ancora migliore e ci ha azzeccato in pieno. Sono
infallibili, come me lo spiega? Comincio a chiedermi se ho fatto bene a
stringere il nostro accordo.”
Quello stesso pomeriggio
montò sulla sua Golf e andò a trovare colui che considerava ormai il suo
nemico. La preoccupazione per l'incontro lo rendeva però assai nervoso, così
per stare più tranquillo portò con sé un affilato pugnale. Con quello in tasca
si sentiva pronto a ogni evenienza e mille propositi si agitavano nella sua
mente. Il navigatore satellitare lo condusse in una frazione dell'hinterland
milanese. All'indirizzo c'era un ampio ma dimesso casolare di campagna
circondato da una palizzata. Posteggiò all'ombra di un enorme castagno. Era una
splendida giornata.
Al citofono si preparava a
fornire spiegazioni dettagliate, invece il cancello si aprì senza che nessuno
gli chiedesse chi fosse. Poco dopo si trovò all'ingresso. Vedeva un vasto
stanzone avvolto nella penombra. Le serrande erano quasi completamente abbassate.
Entrò titubante e intravide qualcuno seduto in poltrona in fondo alla stanza.
Poi scorse un gesto vago e l'interpretò come un invito a farsi avanti. Ma
perché così poca luce?
Quando infine il padrone di
casa si alzò in piedi, lo distinse meglio e comprese. Al di sopra, forse, della
statura media ma magrissimo, doveva pesare appena sui sessanta chili. Sulle
prime gli parve biondo, poi s'accorse che i suoi capelli, lisci e
incredibilmente lunghi, fin oltre i fianchi, erano più bianchi che gialli. La
pelle era pallidissima, addirittura nivea, lo smunto e lungo volto glabro quasi
efebico. D'età indefinita, poteva avere meno di trent'anni come più di
cinquanta, mentre gli occhi erano rosse braci. Quell'uomo era un albino.
Il viso gli parve
immediatamente familiare, tuttavia gli occorse qualche istante per
riconoscerlo. Allora ebbe un tuffo al cuore e s'immobilizzò. Era suo il volto
tra le nubi. Suo!
“Ti aspettavo, Aiace. Sei
stato puntualissimo.” Lo salutò, beffardo, l'enigmatico personaggio, rivelando
un'insolita e possente voce di gola, che gli ricordò quella di Roger Chapman,
il cantante dei Family, la sua rock band preferita di sempre.
“Chi...chi sei? Co... come
fai a conoscermi? Cioè, sapere... che sarei... Come puoi fare previsioni
perfette? È... è impossibile. Hai ucciso tu Ma...Massimiliano? E il trucco ad
Albissola?”
Lo sconosciuto sorrise,
quindi rispose scandendo le parole, serafico:
“Quante domande tutte
assieme, sei proprio curioso. A quale devo rispondere per prima?”
Aiace respirò a fondo. Non
voleva rimettersi a balbettare. Era terrorizzato ma giurò a se stesso che non
l'avrebbe più dato a vedere.
“Come ti chiami? Non risulta
da nessuna parte.” Stavolta la voce gli era uscita soddisfacentemente ferma e
se ne sentì rassicurato.
“E conoscerlo è come
possedere, vero? Chiamami pure Ulisse, allora. È questo il mio nome, Ulisse
Fobo.” Affermò lo scheletrico albino, con un ghigno beffardo stampato sul viso.
“Ulisse Fobo? E va bene, lo
prenderò per buono. Ma le tue previsioni come possono essere così precise?”
“Ecco dunque cosa ti preme
sul serio di sapere. È semplice, io vedo il futuro.”
“Non prendermi in giro, per
favore. Io voglio la verità. È impossibile calcolare il minuto esatto in cui
inizierà a piovere in una determinata località. Non è nemmeno possibile sapere
per certo se pioverà, in quella fottuta località. Allora spiegami come fai.”
“Talvolta leggo le teorie di
voi scienziati, che l'atmosfera è un sistema deterministico ma anche caotico,
che uno sbatter d'ali di farfalla in Brasile può scatenare un tornado in
Texas... ma siete solo pateticamente ignoranti. Forse da qui a trent'anni
avrete capito abbastanza, ma oggi le vostre conoscenze sono ridicole. È molto
più arduo prevedere il comportamento degli esseri umani. Lì sì che esplorando
il futuro mi trovo davanti a uno schema complesso, costituito da tutte le
possibilità in divenire, cioè dalle probabilità quantomeccaniche che per ogni
evento si verifichino esiti diversi determinati dai nostri atti di coscienza.
Mi appaiono infinite ramificazioni, innumerevoli mondi alternati non ancora
esistenti tra cui stabilire quale abbia le maggiori probabilità di diventare
l'unico effettivo, a seconda delle decisioni prese da ciascuno. Non ci sono mai
certezze assolute. È il famoso libero arbitrio. Ma sapere che tempo farà, per
me è un gioco da ragazzi.”
“Basta chiacchiere.” – gridò
Battitempesta per farsi coraggio, facendo un ulteriore passo avanti e portando
la mano destra alla tasca. – “non son venuto fino a qui a farmi infinocchiare
con storie di presunte capacità paranormali. O mi riveli il tuo segreto o io...
io ti...”
“Un coltello, eh? Calma,
prima di compiere mosse avventate dai un'occhiata a questo.” Lo interruppe
imperturbabile il sedicente Ulisse, allungandogli il fascicolo rilegato che
teneva in mano.
L'ospite lo prese, esitante,
indietreggiò e, senza perdere di vista l'avversario, iniziò a sfogliarlo. Era
assai voluminoso, almeno settecento pagine elaborate a matita.
“Aggredirmi o uccidermi non
ti servirebbe a estorcermi il segreto perché, che tu ci creda o no, te l'ho già
rivelato, né tanto meno a conservarti il posto di lavoro o le tangenti che
intaschi. Riusciresti soltanto a garantirti la galera. Quello è il primo
volume, ma ce ne sono altri quattro. Sono cinque anni di previsioni del tempo,
precise di ora in ora e valide per l'intera Europa. Ho impiegato quindici mesi
a stilarle. Leggi, leggi, ci sono anche quelle dei giorni scorsi.”
“...Ma questo è assurdo.”
“Eppure è vero. E ho messe
delle copie e altro al sicuro, da aprire in caso di mia morte improvvisa.”
“Non posso crederci.”
“Malgrado l'evidenza?
Liberissimo, Aiace, ma ci crederanno i destinatari dei fascicoli, quando
verificheranno l'esattezza di ogni previsione. Vieni a vedere in giardino. Tra
un minuto e mezzo ci sarà un breve piovasco e io l'ho previsto ben sedici mesi
fa.”
Ciò detto l'albino inforcò un
paio di occhiali scuri e uscì all'aperto, seguito da Battitempesta.
“Ma se sono appena arrivato
ed è bel...” cominciò quest'ultimo. Poi s'interruppe e barcollò, scioccato.
Iniziava a piovere.
“L'ennesima coincidenza,
Aiace?”
“Devi essere stato tu stesso
a causarlo. Controlli l'atmosfera?”
“Chissà? In fondo basta anche
soltanto una farfalla, no?” Rispose ironico.
“Chi, anzi, cosa sei? Perché
nessun essere umano potrebbe...”
“Vuoi forse sentirti dire che
sono un alieno o magari il diavolo in persona?”
“Io... no, hai ragione, non
ci crederei. Ma non riesco neppure ad accettare poteri paranormali. Sono tutte
fesserie, non esistono. Se tu avessi visto il futuro avresti saputo in anticipo
che sarei venuto armato e avrei trovato ad attendermi i carabinieri.”
“Non è così semplice, te l'ho
detto. Le decisioni mutano di continuo, causando un intrico di possibilità. Non
esistono certezze assolute. Esplorando i possibili futuri alternati ho visto
che l'intervento dei carabinieri produceva troppe variabili, sessantasette
probabilità su cento di conseguenze negative. Così invece ti ho già smontato,
lo so, ormai non mi aggredirai più.”
Battitempesta lo guardò,
impotente. Aveva ragione. Non aveva la volontà di passare all'azione, si
sentiva svuotato. Perciò poco dopo se ne andò, abbacchiato.
Due ore dopo era chiuso in
casa, solo. Appena rientrato se l'era presa senza motivo con la figlia,
giungendo a schiaffeggiarla per la prima volta in vita sua, e quando la moglie
era intervenuta aveva dato in smanie. Ora erano uscite entrambe e
l'appartamento era avvolto nel silenzio. Ma per quanto si sforzasse non
riusciva a pensare a nulla di costruttivo. Avrebbe preso volentieri le pareti a
testate.
Una sera di qualche settimana
dopo Costantino Parodi rispose al telefono fisso dell'hotel. Un vecchio cliente
prenotò per metà luglio. Ne fu sollevato. Per quel periodo aveva troppe camere
ancora libere. Terminata la telefonata notò che la sala più piccola era avvolta
nella penombra dell'imbrunire e che gli era sfuggita la presenza di un'anziana
seduta in poltrona. Uscì dall'ufficio per osservarla meglio e si avvide che non
era una donna ma un uomo, un albino dai lunghissimi capelli bianchi, senza una
ruga nonostante la magrezza. Lo fissò perplesso. Non era di sicuro un cliente.
Allora da dove era entrato? Prima non c'era. E la luce elettrica come si era
spenta? Gli interruttori stavano dietro alle sue spalle!
L'albino si voltò a fissarlo
e sorrise.
“La luce intensa mi disturba
la vista.” Disse poi, come se ciò bastasse a spiegare l'accaduto.
A Parodi quel sorriso non
piacque e tanto meno la risposta.
“Desidera qualcosa?” Chiese
brusco, ignorando l'apprensione che provava.
“Io niente. Sei tu,
Costantino, a desiderare bel tempo costante nei fine settimana e tanti
clienti.”
“Beh, sì, ma lei chi è? E
come fa a sapere il mio nome, ci siamo già conosciuti?”
“Se così fosse ti
ricorderesti di me. Io rappresento lo Studio Atmos. Come ci avevi definito?
Fammi ricordare... infallibili? Sono sicuro che andremo d'accordo.”
I due trascorsero i dieci
minuti successivi a parlare, ma fu più un monologo che un dialogo.
“Allora grazie. Domani stesso
scaricherò la Qualità Tempo.” Concluse la chiacchierata Parodi.
Battitempesta si svegliò di
soprassalto. Aveva sognato Ulisse e Costantino a colloquio. D'altronde da
quando il consiglio d'amministrazione aveva stabilito di non rinnovargli il
contratto il suo sonno era costellato da incubi. Ma erano appena passate le
otto quando l'albergatore lo chiamò per annullare l'accordo. Battitempesta si
portò le mani al volto, sconvolto. Non sapeva più se era stato un incubo o una
visione. Poco dopo uscì di casa per l'ultimo giorno di lavoro. Aveva i nervi a
fior di pelle. Odio e rabbia prevalevano ormai sulla paura. Quel giorno stesso,
decise, sarebbe tornato a cercare l'albino e, uomo o demone che fosse, si
sarebbe vendicato.
A causa di lavori in corso
buona parte del rione milanese in cui abitava era chiuso al traffico, perciò
aveva parcheggiato piuttosto lontano, in un ampio spiazzo lungo i navigli. Il
cielo era plumbeo. Sulle prime non vi prestò attenzione, ma camminando alla
volta dell'auto vide un lampo, seguito da un tuono così possente da far tremare
i vetri del palazzo di fronte. Sopra la sua testa le nubi stavano assumendo la
forma ormai ben nota. Accelerò il passo, il cuore che gli batteva
all'impazzata.
“Ma non può farmi del male.
Sono solo nuvole, non possono farmi nulla.”
Prese a ripetere la frase
come un mantra. Tuttavia, memore della tragica fine del collega, giurò a se
stesso di percorrere l'intero tragitto a non più di trenta all'ora. Un altro
tuono rombò mentre entrava, completamente allo scoperto, nel parcheggio. Gli
sembrava una risata. La Golf era un centinaio di metri più avanti. Aiace si
mise quasi a correre, trafelato. Non può farmi del male, continuava a
ripetersi, sono solo nuvole, che non possono farmi nulla. Ma ora il cielo era
così nero da oscurare il piazzale. Sembrava notte. Vide quindi il pugno
composto da nubi indicarlo minaccioso e dietro ad esso l'immenso volto
aggrottarsi, corrucciato.
Ora Aiace correva a
perdifiato. Sentì due urti violenti consecutivi sulla schiena e gemette. Poi
urlò di dolore. Stavolta qualcosa gli aveva battuto sulla testa, provocandogli
un dolore lancinante e un lieve stordimento. Quindi fu colpito anche su una
spalla. Sopra di sé vide il corpo colossale sgretolarsi in chicchi bianchi e sferici,
grandi come mandarini, che lo ferivano a ripetizione. Il meteorologo perse
l'equilibro e cadde a terra, quando distava appena dieci metri dall'auto.
“Noooo.”
Quella sera il telegiornale
di <<Tele Svago Libero>> si aprì con una luttuosa notizia:
«Una nuova tragedia ha
colpito la nostra emittente» –
annunciò la giornalista – «il
popolare meteorologo televisivo Aiace Battitempesta è rimasto ucciso durante
una violenta grandinata».
Non possiamo prevedere le nostre sventure o insuccessi, ma sicuramente evitare di commettere gli stessi errori. Ed è per questo, ho pensato, che qui arriva quella gragnola mortale. “Avvediti e senza inganno alcuno!”, quindi, potrebbe anche essere la morale, ma il protagonista preferisce o è stupidamente convinto di poter eliminare il problema comprandone una soluzione.
RispondiEliminaBuono, in ogni caso (e, come vedi, c’è pure la mia interpretazione dal punto di vista grafico, in cui ho cercato di aderire maggiormente alla tua descrizione del “demone”).
Caro Fabio, il nostro comune amico Mauro altrove aveva parlato di Hybris punita per spiegare ciò che in questo racconto accade allo sfortunato protagonista Aiace e ci sta, è un'interpretazione che mi vede concorde, tuttavia il misterioso e demoniaco albino, che io trovo personaggio assai efficace, resta diffile da intepretare, direi imperscrutabile: impossibile sapere chi sia veramente e il perché delle sue azioni.
EliminaMa lasciami qui soprattutto dire che è ogni volta per me un vero piacere trovare su Altre dimensioni i miei racconti interpretati graficamente da te. Il modo in cui hai proposto visivamente il titolo con lui, l'albino, è davvero splendido. Varrebbe davvero la pena di proporre ogni mio racconto sul tuo sito, se in cambio ottenessi sempre disegni del genere, ah, ah.
Lieto che il racconto ti sia piaciuto, ti ringrazio, ciao, Massimo.
Ringrazio te per avermelo proposto. Ultimamente sono un po' preso da un altro progetto, ma conto certamente di aggiungere altre storie e articoli (...riguardo ai disegni e per comunicarlo un po' a tutti oltre che rispondere alla tua mail, ogni autore ospitato qui e a cui ne ho dedicato uno può farne poi quello che preferisce.)
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