Trasmigrazione

 


Richard vide una donna davanti a sé.
Il volto era un intrico di rughe coperto di tatuaggi.
Indossava grandi orecchini tondi, collane e bracciali colorati. Sulla testa aveva delle erbacce e strani fiori rossastri.
Sembrava una indios, una specie di curandera o stregona.
Era seduta a terra con le gambe incrociate e le mani appoggiate sullo sterno.
Lo fissava, immobile, con uno sguardo penetrante ed enigmatico.
Dietro di lei, la giungla o qualcosa del genere pulsava di vita: enormi funghi arancioni e luminescenti spuntavano dal terreno, mentre creature luminose e azzurrine, simili a grandi farfalle, svolazzavano spettrali fra gli alberi.
 

Richard notò che anche lui si trovava seduto a terra, in una posizione yoga, con le mani appoggiate sulle ginocchia. Indossava dei jeans marroni e una maglietta scura, ma non riusciva  a metterli a fuoco. Il suo corpo era avvolto da una nebbia sottile di scariche elettriche, qualcosa che turbinava sopra di lui, rendendolo grigio e indistinto.
«Sto sognando?» chiese, confuso.
La donna abbozzò un sorriso.
Le sue labbra non si mossero, ma la sua voce risuonò chiara nella mente di Richard.
«E allora chi sogna chi?!...» rispose. «Ricordi chi sei, piuttosto?»
«No. Effettivamente non lo ricordo. Neppure cosa ci faccio qui e come ci sono arrivato.»
«Questo ti spaventa?» riprese la vecchia.
«Stranamente no.»
«Bene. Era proprio questo che volevi: liberarti dai tuoi demoni.»
«Cioè? Come, scusi??!... Ho bevuto qualche intruglio allucinogeno o che mi ha privato della memoria?»
La donna accennò un altro sorriso.


«Erano tanti e ben radicati in tutto il tuo io… Così ho dovuto temporaneamente estirparli assieme alle esperienze da cui traevano linfa.»
Alzò poi il braccio secco e tatuato per indicarsi le erbacce sul capo.
«Questi erano i miei,» mentì. «Ora che sono materia gli uso come orpelli, qualcosa d’inutile e ridicolo da indossare.»
«Allora non sono in un sogno?» insistette Richard, osservando le creature spettrali e tutto l’improbabile scenario intorno a lui.


«Come ti senti?» chiese ancora la donna. «Questo conta davvero.»
«Bene.» rispose Richard. «Molto bene. Interdetto e incuriosito, ma tranquillo.»
«Allora ci sono due vie da percorre, adesso.» riprese la vecchia. «La prima ti permette di recuperare le tue esperienze e di ricordare quanto ti ha portato qui; la seconda di andare oltre, senza di esse. Dovrai liberartene per sempre, in questo caso, permettendomi di renderle cose esterne e inutili.»
Indicò di nuovo le erbacce sul suo capo.
«Come queste,» disse.  «… I tuoi ricordi e i tuoi demoni,  che ora tengo intrappolati nel mio spirito.»


«Magari ho degli impegni, obblighi, qualcosa d’importante da fare; della gente che mi aspetta, che ha bisogno di me.» rispose Richard, calmo, quasi distaccato da tali preoccupazioni; tanto che se ne rese subito conto e rise.
«Già!...» commentò la donna. «Vuoi che ne faccia subito un bello e stupido copricapo?»
Richard tornò a ripensare al suo stato di semi-euforia e benessere, quello che continuava a fargli sospettare di essere intossicato.
«Me li voglio fumare…» scherzò. «Credo che a me non donerebbero in quel modo. Puoi farlo?!...: Rollarmi i demoni-erbacce?»
«Decidi, uomo!» lo rimproverò lei. «Il tuo consenso per me è molto importante. Se vuoi che ti restituisca la memoria, loro torneranno a nutrirsi dei dolori e delle paure associate.  È di questo che hanno sempre bisogno e con cui ti sottraggono la vita.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti starai qui, in un nuovo mondo di visioni ed esperienze, dove non è contemplato tormentarsi con un’identità e dei doveri.»
Richard abbassò il capo e guardò per l’ennesima volta stupefatto il vortice di particelle e foschia che occultava il suo corpo; gli pareva un’entropia o sorta di buco nero in espansione, qualcosa che stava per disgregarlo.


Nel frattempo, nel mondo reale, Linda lo osservava con ansia mentre giaceva immobile nella capanna della sciamana.
Pachita, “la meraviglia e terrore degli spiriti immondi”; aveva quasi trecento anni. Solo questo si sapeva di lei con certezza.
«Che cosa vede?» chiese Linda alla guida, un ecuadoriano  sulla trentina.
La guida scambiò due chiacchiere veloci veloci con la vecchia, usando un idioma che solo loro potevano comprendere.
«Dice che el tuo uomo estas molto malado. Non puer neppure passar la noccies, forsie.»


La strega soffiò sulla candela insetticida che stava accanto alla brandina del ragazzo e, a dispetto delle circostanze, sembrava avere un’aria malevola e soddisfatta.
«Ha deciso de star a chi…» proseguì poi a tradurre la guida. «è una decision de la sua anima… Pachita l’ha vista e ci ha parlado.»
Linda era disperata, quel viaggio e quella scelta di portarlo dalla guaritrice erano state le sue ultime speranze di salvarlo.
«Vi supplico!» aveva chiesto, la prima volta che l’avevano incontrata, attirati dalla sua fama di compiere prodigi.

 
E Pachita li aveva accolti. Accoglieva tutti, in effetti, pure quegli stranieri che non le stavano particolarmente simpatici; prima nella capanna e poi nella sua mente, dove anche i suoi demoni avevano sempre bisogno di cibo.


«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRGH!» 
(è il grido di Richard, ovviamente)


Fabio Cavagliano (2024) Testo e immagini generati con l'aiuto della IA.

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