sabato 14 ottobre 2023

Meglio darsi una calmata

 

Racconto di Fabio e Rubrus

Il giorno prima, al reparto dei bambini malati di leucemia e quello degli anziani, dove aveva selezionato i più sofferenti e soli, aveva fatto un bel pieno. L’energia accumulata lo avrebbe reso immune alla luce solare per almeno tre mesi.
Non era proprio necessario, quindi, ma questi erano irresistibili.
Li aveva osservati attentamente. Non erano come le altre coppie di giovani viste prima lungo la passeggiata.
Questi avranno avuto una ventina d’anni al massimo. Si tenevano per mano e si sorridevano spesso. Erano felici.
Li vide entrare in un bar a pochi passi dal Castello Sforzesco.
Decise allora di prendere posto in un tavolino all’aperto da cui, attraverso la vetrata, poteva continuare a tenerli d’occhio.
Si sedettero proprio vicino a quella, la stessa che dava sull’esterno.
Dei romantici, pensò.
Amano le luci della sera.
Spostò i lunghi capelli fulvi e cominciò a fissare lei.
Bello, vestito con un elegante completo grigio e una cravatta arancione quasi quanto la sua chioma, non gli era difficile attirare subito l’attenzione.
La ragazza, infatti, con uno sguardo veloce lo notò.
Non era telepatico come altri suoi simili, ma ovviamente capì di averla attratta.
Al secondo sguardo veloce le accennò uno dei suoi sorrisi sensuali.
Non poteva leggerle nel pensiero ma ne avvertì comunque le emozioni, comprese quelle del suo compagno.
Nel frattempo arrivò una donna a prendere le loro ordinazioni. Mentre la guardavano e ci parlavano, vide che le loro mani continuavano a tenersi unendoli da un capo all’altro del tavolo.
Devono desiderarsi proprio tanto, pensò.
Appena quella smise e si allontanò, quindi, tossì abbastanza forte da attirare di nuovo l’attenzione della ragazza.
Lei lo guardò e riguardò di nuovo, in effetti, più volte.
Sentì il disappunto del ragazzo, una punta della sua gelosia. 
Aveva interrotto qualcosa fra loro e cominciò a goderne, ma con eleganza distolse comunque e subito l’attenzione per fingere di guardare altrove, in direzione del castello.
Lì per lì, poi, pensò a quanto erano ridicole le storie, quelle sui vampiri.  Magari rinchiusi o provenienti da antiche dimore come quella che stava osservando. Lui non aveva certo bisogno di succhiare il sangue per tenersi in forma.
Guardò di nuovo verso l’interno del locale.
Alzò e mosse un po’ il capo come a voler cercare la ragazza delle ordinazioni.
Poi, ancora, puntò verso la coppia.
Questa volta si accorse di avere addosso anche lo sguardo del ragazzo.
Lo evitò subito e con calcolata, sempre elegantissima noncuranza, osservò ancora e per quei due o tre secondi in più lei.
Gli sorrise, irresistibile, rapido, come a farsi beffe di tutto quello che la circondava.
Lei si portò una mano ai capelli e poi si accarezzò la fronte, imbarazzata, in modo da coprirsi pure gli occhi.
Il ragazzo separò le mani dalle sue e le allontanò dal tavolo, allora. Non voleva mostrare gelosia ma neppure riuscì istintivamente a tollerare quella piccola complicità della sua compagna con lo sconosciuto.
Una bella dose d'insicurezza e risentimento in fieri, pensò.
Strinse meglio e sistemò compiaciuto il nodo della cravatta.
Se riusciva a farli proprio litigare, pensò, generare abbastanza rabbia o un qualche altro tipo di dolore più intenso, il pasto era completo.
Poi, però, si tastò il ventre e controllò il girovita. 
Inutile. Inequivocabile. Meglio non prendersi in giro. Stava ingrassando.
Era ancora umano, in questo, e lo sarebbe stato sempre.
Il suo organismo era concepito per vivere in una perenne condizione di penuria e, se per caso gli toccava la fortuna di avere nutrimento in eccesso, lo metteva... lì. 
Ma se l'abbondanza era la regola e la scarsità l'eccezione...
Infilò un pollice sotto la cintura, allentandola.  
C'era troppa sofferenza in giro, ultimamente: rischiava di farsi prendere dalla gola.
Meglio darsi una calmata. 

















Racconto di Fabio Cavagliano e Rubrus (2023)

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