Fantascienza comica


IL PROGETTO VAGGHIANUX

"…Un reclamo." disse Moccio.
la spia che indicava quel tipo di problema stava lampeggiando.
Yohv finì di scaccolarsi il naso con uno dei suoi tentacoli e attivò il monitor di quella consolle.
C’era una porcheria di essere multicolore con una specie di membrana che gli divideva in due parti mobili la fronte. Ventose sulle dita, carapace da tartaruga; continuava a sventagliare le sue esili braccia legnose e giallastre, gracchiando un impeccabile universese.


"Hmmm… Solo una richiesta di soccorso…" disse Yohv. "…Dobbiamo aggiustare il quadrante dei segnalatori; non è la prima volta che accade."
"Faccio parte del progetto Vagghianux315, amici…" cominciò a spiegare la creatura. "…Non so se conoscete."
"Lo ignoriamo e preferiamo rimanerne inconsapevoli, specie se la cosa può implicare minacce." rispose subito Moccio.  
"Mavalà! Niente paura, amici. Chiedo soltanto un piccolo aiutino a riparare l’impianto di raffreddamento della mia carretta."
"Molto probabilmente non abbiamo alcuna competenza per farlo, signore." insistette Moccio, diffidente come al solito.
Yohv prese ad analizzare dimensioni, struttura e composizione interna del velivolo.
"Tutto ok…" bisbigliò al collega. "…Sembra innocuo."
"Dobbiamo per forza aiutarlo?!!" sbuffò Moccio.
"Ve ne sarei davvero grato…" proseguì la creatura. "…Comunque mi chiamo kilbocrit, se questo può servire a creare maggiore empatia."
"Piacere kilbocrit! Io sono Yohv. Sicuramente possiedi un udito finissimo."
Moccio sbuffò di nuovo e si scusò.
"Già!… È che abbiamo avuto tante volte modo di conoscere individui molto pericolosi, signor Kilbocrit, anche con un monosillabo per nome o del tutto anonimi." disse.
"Pensate di entrare, quindi?"
La sua “carretta” era il triplo della loro.
"Sì, ma non le garantiamo nulla; anche perché andiamo di fretta. Abbiamo delle consegne da fare…" rispose Yohv.
Uno sportello dentato si aprì a mo di bocca nello stadio centrale dell’astronave di kilbocrit.
"Nessun problema, amici. Pure nell’eventualità di un vostro insuccesso, continuerò ad attendere speranzoso l’arrivo delle sonde riparatrici inviate dalla Compagnia."

Dentro sembrava tutto in regola: tubature, pannelli rivestiti da banali e apparentemente inutili lucine, computer e suoni di rassicuranti congegni meccanici; soltanto un caldo mostruoso rendeva l’ambiente davvero inospitale.
Moccio, prima di allontanarsi dalla sua navetta, guardò bene bene tutto ciò che avevano attorno.
"Eddai!!… Vieni!" lo esortò Yohv.
Kilbocrit stava in fondo, mingherlino e traballante, ad attenderli vicino al portellone di accesso alla sala comandi.
"Hai paura di quello, magari?" chiese Yohv, dandogli le spalle e indicandolo con un paio dei suoi tentacoli al compagno.
Moccio si prese coraggio, anche perché risultava davvero un colosso rispetto a kilbocrit.
"C’è lo stesso qualcosa che non mi convince." disse. Poi, rassegnato e confuso dalla rapidità con cui erano giunti lì, s’infilò le mani in tasca e lo seguì.
Nella sala comandi altre lucine, pannelli, computers e un voluminoso scafandro bianco a forma di silos.
"Benvenuti, amici!" disse Kilbocrit.
Continuava a gesticolare, forse incapace di controllare del tutto consapevolmente le braccia, e, a dirla tutta, di presenza fece loro ancora più ribrezzo. Aveva giunture articolari esili come quelle di un insetto e alcune parti del suo corpo erano viscide, ricoperte da un puzzolente e disgustoso icore giallastro.

"Si suda qua dentro, eh?!" disse Moccio.
"Bhà! Ci sono abituato…" commentò Yohv. "…Dalle mie parti fa sempre così caldo."
Kilbocrit indicò un macchinario collegato a delle tubature.
"Quello fa parte del sistema autonomo…" disse. "…Credo che si sia grippata la leva del traibratore climaltomatic."
Yohv si avvicinò con fare da esperto.
"Hmmm… Sistema autonomo hai detto?"
"Sì, quasi tutto il resto è controllato dalla mia mente; compresa la navigazione." rispose Kilbocrit.
"Hai un impianto nella testa?" chiese ancora Yohv.
"Mavalà! Quelli della Compagnia hanno programmato l’intelligenza artificiale di bordo a eseguire una scansione sincrona delle mie onde vupper." 
"Ah!... Le onde vupper... Fantastico!" disse Yohv, anche se non aveva alcuna idea di cosa fossero.
"Questa è la leva?"
"Sì." rispose Kilbocrit.
"Okay! Adesso tutto mi è chiaro…" disse Yohv. "…Moccio puoi darmi una mano per favore?"
Moccio pareva contrariato. Si levò un po’ del sudore che gli colava ai lati del naso.
"Cosa devo fare?" chiese.
"Aiutami a tirare giù questa cosa."  
TRRRAAACK!

"Di cosa vi occupate, amici?"
"Ouuff!… Siamo nel ramo del commercio. Cubetti Zerspek, per la precisione; ne vendiamo a quisnnellate…" rispose Yohv. "… Adesso abbiamo un carico da fare; poi sette consegne, una delle quali a tre anni luce da qui."
"cubetti zerspek?"
"Proprio." concluse Moccio.
Yohv ne aveva un campione in tasca.
"Eccolo!…" disse. "… Può avere un’infinità di applicazioni."
Kilbocrit lo prese, davvero incuriosito, rigirandoselo più volte sotto il naso.
"…Può essere usato come carburante, alimento, analgesico o allucinogeno; è pure fosforescente e gradevolmente profumato come sale da bagno; elegante oggetto di design per creare strabilianti e complesse composizioni…"
Kilbocrit lo avvicinò ad uno scanner luminoso per studiarne l’affascinante colorazione azzurrina in trasparenza; dentro c’erano delle bollicine, come una sorta di gel indurito. 
"Interessante." disse.
"Vuoi un catalogo? Ne abbiamo di altre colorazioni." ne approfittò Yohv.
"Quanti me ne potete far avere per la leva che avete rotto?" chiese Kilbocrit, sventagliando il braccio sinistro.
"Dovremmo chiedere…"
"Mavalà! Sto scherzando…" lo interruppe Kilbocrit. "…Ce la posso fare benissimo anche così. Questa secrezione refrigerante, tipica delle lumache di Lualisto, ora si rende utile come meccanismo di difesa."
Mostrò i suoi avambracci, ricoperti da un velo di schiumettina e da quella bava.
"Forte! Ti protegge dal caldo." commentò Yohv.
"Ah!… Mica è una cosa congenita, sai?…" proseguì Kilbocrit. "… È frutto degli esperimenti che sto conducendo per il progetto."
Moccio voleva farla corta e levarsi in fretta da quella fornace, ma neanche sembrare troppo sgarbato con il suo silenzio e disinteresse per la faccenda.
"Sarebbe a dire?" chiese.
Kilbocrit aprì e richiuse con orgoglio la fronte.
"Il progetto Vagghianux prevede, in gran parte attraverso le continue alterazioni del nostro genoma, la ricerca di una combinazione vincente…" rispose. "…In sostanza, si studiano su di me gli effetti dei mutamenti indotti da occasionali pasticci genetici. Pensano che potrebbe venirne fuori qualcosa d’interessante, magari utile a produrre dei salti evolutivi."
"… Ecco perché la mia anatomia vi pare un collage di varie specie; certamente discutibile sotto il profilo estetico e, dal punto di vista funzionale, una grande contraddizione biologica…"
Mostrò le mani e i piedi, simili a dei polpi.
"… vedete, neanche riesco a tenere ferme queste cazzo di braccia."
"Sì, ce ne siamo accorti." rispose Moccio.
Kilbocrit si avvicinò all’oggetto a forma di silos.
"E quello cos’è, se mi è consentito?" chiese Yohv.
Kilbocrit, che non aveva ancora restituito il cubetto zerspek, schiacciò un pulsante sulla superficie di quella cosa e ne uscì un cassettino.
"Posso utilizzare il vostro campione per farne un esperimento?" chiese.
Yohv annuì.
"Ne abbiamo ancora un paio di quisme sulla nostra navetta. Fai pure!…" disse. "…Te lo diamo in omaggio."
Kilbocrit ringraziò con un cenno del capo, lo mise dentro e chiuse il cassettino.
"Ora lo analizza…" spiegò.
Uno schermo circolare apparve sul silos, all’altezza dei suoi occhi.
"… Qualche elemento sconosciuto e frammenti di un dna altrettanto misterioso nel vostro prodotto." disse.
"Probabilissimo. Ci sono un’infinità di cose nei nostri cubetti; anche se, in realtà, non siamo tenuti e del tutto preparati a rivelarne la composizione…" rispose Yohv. "…Segreto professionale, capisce?"
"Soprattutto ignoranza." precisò Moccio.
"Capisco, capisco. Mica era un’accusa. Anzi!…" rispose kilbocrit. "…È quello che cercavo. Quasi quasi la provo."
Poi dall’oggetto sbucò un tubicino che, dopo un paio di secondi, sparò fuori una supposta.
"L’ho ricompattato…" proseguì Kilbocrit. "…Ora è un po’ più piccolo e morbido; si può sciogliere…"
"Ma che ha intenzione di fare?!!" chiese Moccio.
Anche Yohv era perplesso nel vedere kilbocrit infilarsi la nuova “supposta zerspek” nell’ano.
"Questo è il mio compito." disse loro.
"Fantastico! Mai avevo pensato a una applicazione del genere…" commentò Yohv. "…Non sono ancora stati riscontrati veri casi di tossicità del nostro prodotto, comunque; per questo, forse con un buon margine d’incertezza dovuto all’impossibilità di raccogliere precisi dati statistici, le assicuro che può stare tranquillo."
"Mavalà! Mica mi preoccupo. Ora le arcinanoxnanissimoxmacchine presenti all’interno del mio corpo ricombineranno i frammenti di quel dna col mio." disse kilbocrit.
"Avverranno subito dei cambiamenti?" chiese Moccio, preoccupato.
"Mavalà! Ci vogliono almeno sei o sette schep prima di notare eventuali mutazioni. Poi sembra che questi frammenti siano anche alquanto deteriorati."
"Ci spiace, magari la prossima volta ti facciamo avere qualcosa di meglio…" disse Yohv. "… ne sappiamo davvero poco a riguardo, e quel poco che sappiamo, ripeto, neanche possiamo rivelarlo."
"Volete vedere com’ero all’inizio dell’esperimento?" disse Kilbocrit.
Un ologramma s’illuminò in mezzo a loro. Era l’immagine di un tizio parecchio somigliante ad Alain Delon da giovane, ma con la pelle ocra e rade macchioline blu sulle spalle.
"Tu eri quello?" chiese Moccio.
"Certo. Un umanoide come voi."
"Cazzolina!…" commentò Yohv. "…Ti ha giovato questa cosa dell’ esperimento Vanghilauz."
"Vagghianux." gli ricordò Moccio.
Kilbocrit aprì e chiuse un paio di volte la fronte.
"Voi discendete da mutazioni indotte dai rettiliani sulla specie sapiens?" chiese.
"No. Noi veniamo da un altro universo parallelo alle terre alternate, con tutta probabilità, anche se non conosciamo i nostri progenitori." rispose Yohv. "…Tutto quello che sappiamo e che nel nostro sistema planetario ci sono due mondi abitati: il mio e il suo." indicò il compagno.
"Sembrate degli ottimi soggetti..." proseguì Kilbocrit.
"In che senso?" chiese Moccio.
"… Come esseri, intendo; nella vostra struttura fisica…" Kilbocrit fece mulinare le braccia.
"… Parete parecchio sani e robusti."
Si rivolse in particolare a Moccio.
"Ecco i guai." pensò quest’ultimo.
"Facendo appello, quindi, alla stessa cortesia che vi ha portati ad accogliere la mia richiesta di soccorso, chiedo di poter magari ottenere un campioncino del vostro dna."
"No, no. Questo è da escludere…" rispose subito Moccio. "…Poi non sopporto i prelievi, mi fanno girare la testa."
"Non il vostro sangue, amico. Ho bisogno di un frammento solido per poter fare un buon lavoro col ricompattatore."
"Tipo?" chiese Yohv.
"Anche un ditino è sufficiente." rispose Kilbocrit.
"Guarda, io ne ho solo quattro per mano…" rise Yohv.
"…Magari il mio amico."
Entrambe le mani di Moccio, infatti, ne avevano otto.
Kilbocrit le osservò con piena approvazione; non poteva ritenersi più che soddisfatto.
"Sì, anche una di quelle mi va benissimo…" disse. "…Anzi, visto che sono pure lunghe, taglio via solo una falange."
Moccio si piegò fino a raggiungergli da vicino il muso.
"Senti, senti!…" disse. "…perché non t’infili il dito medio di tua sorella in quel posto?!"
"Già fatto!…" rispose kilbocrit. "…Prima di partire per la missione; avendo padri con dna molto differenti mi sembrava utile provarci."
Yohv si avvicinò a Moccio per calmarlo.
"Quello che mi…" provò a spiegarsi Kilbocrit.
E all’improvviso le sue braccia rimasero immobili.
Bloccate come la poco avveniristica  e funzionale leva del traibratore.
"Tutto bene?!" chiese Yohv.
Le labbra di kilbocrit si mossero senza emettere alcun suono.
"Non muove più le braccia…" disse Moccio "… Forse sta guarendo."
"Magari la supposta gli ha fatto male." commentò Yohv.
"In effetti ora mi sembra un po’ troppo statico." commentò Moccio.
Yohv si avvicinò a kilbocrit.
"HEEEEEIIiiiiii!!! Qualcosa che non va?" gridò.
Nessuna risposta udibile.
"Guarda i suoi occhi…" disse Moccio.
Kilbocrit era strabico anche prima, ma adesso uno dei suoi bulbi tremolava frenetico, spostandosi velocemente a destra e sinistra.
"… Magari l’aumento di temperatura gli sta cocendo il cervello, aldilà di quello che riesce a sopportare con quella sua schiumetta refrigerante."
"E se fosse un altro dei suoi meccanismi di difesa? Forse lo hai spaventato…" disse Yohv. "…Si è sentito in pericolo e ha reagito così."
"Possibilissimo. So di certi animali delle terre alternate che si fingono morti per sfuggire ai predatori."
" E come fanno a sfuggire?"
"Non lo so. L’hai detto tu che probabilmente si tratta di un meccanismo di difesa."
"Proviamo a infilargli qualcos’altro…" proseguì Yohv. "… tipo quella specie di crostaceo che abbiamo nella raccolta dei campioni biologici. Quello raccolto su Weraffrot."
"…Vuoi metterlo nel ricompattatore? Sai che al laboratorio ci pagano per quella roba."
"Soltanto una chela." rispose Yohv, allontanandosi.
"Fai quello che ti pare…" disse Moccio. "…Basta che ti muovi. Qui comincia a fare veramente caldo."
E attese che il suo compagno fece ritorno dall’ hangar.

"La supposta è pronta!…" disse Yohv, soddisfatto di aver saputo utilizzare la misteriosa, pur tuttavia banalissima tecnologia del silos. "…Ora la mettiamo."
"la mettiamo?!! Non credo che sortirà alcun effetto e l’ultima cosa che voglio toccare sono le chiappe di quel tizio." commentò Moccio.
"Ho pensato anche a questo, sai?!"
Yohv estrasse dal taschino della camicia un tubo gj704, con lunghezza e diametro comparabili a quella delle sue dita.
"Uso questo per cacciargliela il profondità…" disse.
Poi approfittò della comunque mobile rigidità muscolare di Kilbocrit per riposizionarlo a carponi.
"Ma guarda che schifo di robaccia appiccicosa ha addosso!"
Si ripulì le mani dall’icore che ungeva quasi tutto il corpo della creatura.
"Ora devi puntarla…" disse Moccio. "… Ci hai pensato che dovevi puntarla, prima di spingerla con quell’affare?"
"La punto, la punto! Non ti preoccupare."
"Io me ne strafrego, in verità." rispose Moccio.
Yohv intanto afferro con delicatezza la supposta, badando bene bene ad ottenere fra la punta e i suoi polpastrelli la distanza maggiore.
"Ecco!" disse, infilandola circa per un terzo della sua lunghezza.
"Vai col gj704, allora!"
Yohv lo usò.
"Non riesco più a estrarlo" disse poco dopo.
E si dava un gran daffare per ottenere questo.
Mezzo gj704 stava infatti nell’ano di kilbocrit, serrato dal suo fortissimo, triplo sfintere spiraliforme.
"Senti Yohv,…" s’innervosì Moccio. "…il quadrante, qui, segnala l’impatto con tre asteroidi. Tempo imprecisato, ma suppongo imminente vista la nostra fortuna."
Yohv agitò un paio di tentacoli.
"Non vorrei che le sue arcinanonanissimoxmacchine ricombinassero anche quello assieme alla supposta; il gj704 non contiene nulla di organico." disse.
"Hai sentito quello che ho detto a proposito degli asteroidi?" insistette Moccio.
"Sono grossini, magari?" chiese Yohv.
"Sì. Piuttosto grissini. E il guaio sai qual‘è?"
"Dimmi!" rispose Yohv, continuando a strattonare il tubetto.
"E’ che buona parte dell’astronave era pilotatata dalla mente di quello lì."
Kilbocrit fece roteare l’occhio destro in segno di risposta.
"Forse, pur senza muoversi, riesce ancora a farlo." commentò Yohv.
"Ti pare?! Allora l’impatto non sarebbe imminente."
"Lo sostieni tu che è imminente. Hai comunque qualche idea sul da farsi?" chiese Yohv. Stava per demordere.
"Piazziamo una carica sullo portello dell’hangar e ce ne andiamo. Ecco la mia idea!…" rispose Moccio.
"…Semplicissima e assai ragionevolmente estranea a tutto quello che riguarda le sorti di questo crudele progetto Vagghianux."
"Se sfasciamo il portello, questo crepa…" disse Yohv, indicando kilbocrit. "… Allora noi diventiamo crudeli."
"Tanto accade comunque; se non gli fa esplodere i visceri la depressurizzazione, ci pensano i tre asteroidi in arrivo a sistemarlo per benino."
"Potremmo portarlo con noi…" rispose Yohv. "…Magari, da qualche parte, esiste una soluzione al suo problema."
"Questo voleva tranciarci le dita! Lo capisci?… Al massimo gli tagliamo la testa e la vendiamo al laboratorio!" alzò la voce Moccio, fissando un quadrante video.
Era spaventosamente sudato e preoccupato dai tre puntini di luce in rapido avvicinamento.
"Soltanto una falange, e comunque non l’ha fatto…" disse Yohv "…E’ anche vero che mi sembra troppo stupido e malconcio per sopravvivere alla mia speranza di trovare qualcuno in grado di aiutarlo."
"E allora andiamocene!!" gridò Moccio.
"Okay! Neanche è da escludere che quelli della sua Compagnia arrivino in tempo utile…" proseguì Yohv.
Kilbocrit fece roteare ancora per una volta l’occhio destro, e il sinistro quasi gli cascò fuori dall’orbita subito dopo.
Qualcosa era andato davvero storto nel suo esperimento, ma neanche lui, con quel poco di consapevolezza che gli era rimasta, riusciva a comprenderlo. Forse era stato quell’azzardo anale con il cubetto di zerspek, forse le troppe ricombinazioni del suo dna; un vero mistero.
Ora, in quello stato di esaurimento,  neanche riusciva a generare delle onde vupper di una certa potenza.
Con l’unico occhio rimasto attivo si vide parzialmente riflesso dalla superficie biancastra e metallica del silos; in quella posizione assurda, con quel coso gj704 ficcato nel retto.
"Ma cosa cazzo è un gj704?" si chiese in primo luogo.
Poi alla curiosità scientifica prese il sopravvento l’odio.
"Ma guarda che due…"
"…che due…"
"…che due deficienti!…" pensò.
"…Mi hanno mandato tutto a puttane…"
"…una sfortuna…"
"… ‘Sti due stronzi!…"
"…Spero che gli accada il peggio del peggio del peggio del peggio che a due stupidi, deficienti, stronzi, merdosi come loro può accadere…"
Gli cascò fuori anche l’atro occhio.
"…Davvero il peggio…"
"… A ‘sti due…"
"‘Sti due merdosi…"

Tornati al più salutare clima della loro astronave, Moccio e Yohv presero a sghignazzare. Anche con le rudimentali armi esplosive a loro disposizione, infatti, era stato quasi un giochetto liberarsi dall’impiccio.
"Allora, prima che me ne dimentichi, scrivi: soltanto per via orale, e dopo aver attentamente analizzato e verificato la compatibilità col proprio organismo…" disse Yohv.
Dovevano arricchire le istruzioni sulla modalità d’uso del loro prodotto.
"La metto dopo: tenere lontano dalla portata dei cretini?"
"Ah! Ah! Sì, mi sembra ovvio." rispose Yohv.
Illuminati dalla luce di una grande stella, scorsero in lontananza i tre meteoriti.
"Quanto distano ancora, secondo te?" chiese Yohv.
Moccio si grattò la pancia e il triplo mento, meditabondo.
"Credo, almeno tanto da permetterci di allontanarci ancora senza brutte conseguenze per il nostro trabicolo."
"Volevo dire…" proseguì Yohv. "… secondo te, ce la faranno ad arrivare quelli della sua Compagnia prima che…"
"Assolutamente no!…" lo interruppe Moccio. "…Guarda come, QUELLE MOSTRUOSE BOMBE DI ROCCIA, si stanno avvicinando rapidamente alla sua astronave."
"Perché devi essere sempre così pessimista?"
"Non lo so; forse a causa di circostanze piuttosto sfavorevoli e ricorrenti."
Yohv reagì soltanto con un laconico serpeggiamento del suo tentacolo frontale.
"Legati bene, adesso; devo accelerare un pochetto…" disse Moccio. " … Altrimenti l’onda d’urto elettromagnetica in arrivo ci frigge tutti i comandi."
Poco dopo, i muscoli super resistenti ed elastici delle loro facce cominciarono un po’ a traballare, scossi dalle turbolenze adiacenti all’iperspazio.
"Guarda che quell’aggeggio va usato con parsimonia…" si alterò Yohv, prendendo il comando. "…Altrimenti finisce che rimaniamo con poche possibilità di aprire un tunnel."
Potevano ancora osservare con sufficiente precisione i fenomeni fisici fuori dal parameteoriti, là, nel buio striato di di stelle del cosmo. E li osservarono.
Tre grossi lampi di luce, uno dietro l’altro, confinati nella stessa regione.
"Bom! Boom!! Booom!!!… " fece da accompagnamento sonoro Moccio. "… Colpita!"
"Naaaa! Dici che l’hanno distrutta?"
"Proprio."
"Magari aveva uno scudo." disse Yohv.
Moccio sbuffò, era stanco di sentire cazzate e cominciava ad aver fame.
"Sì, forse. Però, Se ce lo aveva, deve averlo attivato dopo che abbiamo fatto esplodere il portellone e ce ne siamo andati. Se lo aveva e lo ha fatto, quindi, è stato molto, improbabilmente buono nei nostri confronti." disse.
"Vero! Poteva trattenerci…" commentò Yohv. "…usarlo come campo di forza per impedirci di scappare."
"Certo, certo…" rise Moccio. "…Ma non l’ha fatto. Allora, grazie Kilbocrit! Ti auguriamo tanta fortuna! Il tuo scudo è stato fantastico e presto arriveranno i soccorsi."
Guardò dritto negli occhi il suo compare, usando pure quelli ausiliari posti sopra le antenne.
"Questo ti fa sentire meglio?" chiese.
Yohv ci pensò sopra un attimo, con quel barlume di umanità che neanche sapeva di possedere.
(fffuuuuuuuuuuu!!! E quella debole fiammella si spense)
"Comunque sia andata,…" disse. "… mica gliel’ho detto io d’infilarsi tutta quella roba nel deretano."
"Ottimo!…" commentò Moccio. " Vedo che ce la puoi fare benissimo a non maturare alcun senso di colpa."







Racconto e animazioni di Fabio Cavagliano (2010)
 Episodio pilota: "A spasso con Vozzak"

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