IL PROGETTO VAGGHIANUX
"…Un reclamo." disse Moccio.
la spia che indicava quel tipo di problema stava
lampeggiando.
Yohv finì di scaccolarsi il naso con uno dei suoi
tentacoli e attivò il monitor di quella consolle.
C’era una porcheria di essere multicolore con una
specie di membrana che gli divideva in due parti mobili la fronte. Ventose
sulle dita, carapace da tartaruga; continuava a sventagliare le sue esili
braccia legnose e giallastre, gracchiando un impeccabile universese.
"Hmmm… Solo una richiesta di soccorso…" disse Yohv. "…Dobbiamo aggiustare il quadrante dei segnalatori; non è la prima volta che accade."
"Hmmm… Solo una richiesta di soccorso…" disse Yohv. "…Dobbiamo aggiustare il quadrante dei segnalatori; non è la prima volta che accade."
"Faccio parte del progetto Vagghianux315, amici…" cominciò a spiegare la creatura. "…Non so se conoscete."
"Lo ignoriamo e preferiamo rimanerne
inconsapevoli, specie se la cosa può implicare minacce." rispose subito Moccio.
"Mavalà! Niente paura, amici. Chiedo soltanto un
piccolo aiutino a riparare l’impianto di raffreddamento della mia carretta."
"Molto probabilmente non abbiamo alcuna
competenza per farlo, signore." insistette Moccio, diffidente come al solito.
Yohv prese ad analizzare dimensioni, struttura e
composizione interna del velivolo.
"Tutto ok…" bisbigliò al collega. "…Sembra
innocuo."
"Dobbiamo per forza aiutarlo?!!" sbuffò Moccio.
"Ve ne sarei davvero grato…" proseguì la
creatura. "…Comunque mi chiamo kilbocrit, se questo può servire a creare
maggiore empatia."
"Piacere kilbocrit! Io sono Yohv. Sicuramente
possiedi un udito finissimo."
Moccio sbuffò di nuovo e si scusò.
"Già!… È che abbiamo avuto tante volte modo di
conoscere individui molto pericolosi, signor Kilbocrit, anche con un
monosillabo per nome o del tutto anonimi." disse.
"Pensate di entrare, quindi?"
La sua “carretta” era il triplo della loro.
"Sì, ma non le garantiamo nulla; anche perché
andiamo di fretta. Abbiamo delle consegne da fare…" rispose Yohv.
Uno sportello dentato si aprì a mo di bocca nello
stadio centrale dell’astronave di kilbocrit.
"Nessun problema, amici. Pure nell’eventualità di
un vostro insuccesso, continuerò ad attendere speranzoso l’arrivo delle sonde
riparatrici inviate dalla Compagnia."
Dentro sembrava tutto in regola: tubature,
pannelli rivestiti da banali e apparentemente inutili lucine, computer e suoni
di rassicuranti congegni meccanici; soltanto un caldo mostruoso rendeva
l’ambiente davvero inospitale.
Moccio, prima di allontanarsi dalla sua navetta,
guardò bene bene tutto ciò che avevano attorno.
"Eddai!!… Vieni!" lo esortò Yohv.
Kilbocrit stava in fondo, mingherlino e
traballante, ad attenderli vicino al portellone di accesso alla sala
comandi.
"Hai paura di quello, magari?" chiese Yohv,
dandogli le spalle e indicandolo con un paio dei suoi tentacoli al compagno.
Moccio si prese coraggio, anche perché risultava
davvero un colosso rispetto a kilbocrit.
"C’è lo stesso qualcosa che non mi convince." disse. Poi, rassegnato e confuso dalla rapidità con cui erano giunti lì,
s’infilò le mani in tasca e lo seguì.
Nella sala comandi altre lucine, pannelli,
computers e un voluminoso scafandro bianco a forma di silos.
"Benvenuti, amici!" disse Kilbocrit.
Continuava a gesticolare, forse incapace di
controllare del tutto consapevolmente le braccia, e, a dirla tutta, di presenza
fece loro ancora più ribrezzo. Aveva giunture articolari esili come quelle
di un insetto e alcune parti del suo corpo erano viscide, ricoperte da un
puzzolente e disgustoso icore giallastro.
"Si suda qua dentro, eh?!" disse Moccio.
"Bhà! Ci sono abituato…" commentò Yohv. "…Dalle
mie parti fa sempre così caldo."
Kilbocrit indicò un macchinario collegato a delle
tubature.
"Quello fa parte del sistema autonomo…" disse. "…Credo che si sia grippata la leva del traibratore climaltomatic."
Yohv si avvicinò con fare da esperto.
"Hmmm… Sistema autonomo hai detto?"
"Sì, quasi tutto il resto è controllato dalla mia
mente; compresa la navigazione." rispose Kilbocrit.
"Hai un impianto nella testa?" chiese ancora
Yohv.
"Mavalà! Quelli della Compagnia hanno programmato
l’intelligenza artificiale di bordo a eseguire una scansione sincrona delle mie
onde vupper."
"Ah!... Le onde vupper... Fantastico!" disse Yohv, anche se non aveva alcuna idea di cosa fossero.
"Ah!... Le onde vupper... Fantastico!" disse Yohv, anche se non aveva alcuna idea di cosa fossero.
"Questa è la leva?"
"Sì." rispose Kilbocrit.
"Okay! Adesso tutto mi è chiaro…" disse Yohv. "…Moccio puoi darmi una mano per favore?"
Moccio pareva contrariato. Si levò un po’ del
sudore che gli colava ai lati del naso.
"Cosa devo fare?" chiese.
"Aiutami a tirare giù questa cosa."
TRRRAAACK!
TRRRAAACK!
"Di cosa vi occupate, amici?"
"Ouuff!… Siamo nel ramo del commercio. Cubetti
Zerspek, per la precisione; ne vendiamo a quisnnellate…" rispose Yohv. "… Adesso abbiamo un carico da fare; poi sette consegne, una delle quali a tre
anni luce da qui."
"cubetti zerspek?"
"Proprio." concluse Moccio.
Yohv ne aveva un campione in tasca.
"Eccolo!…" disse. "… Può avere un’infinità di
applicazioni."
Kilbocrit lo prese, davvero incuriosito,
rigirandoselo più volte sotto il naso.
"…Può essere usato come carburante, alimento,
analgesico o allucinogeno; è pure fosforescente e gradevolmente profumato come
sale da bagno; elegante oggetto di design per creare strabilianti e complesse
composizioni…"
Kilbocrit lo avvicinò ad uno scanner luminoso per studiarne l’affascinante colorazione azzurrina in trasparenza; dentro
c’erano delle bollicine, come una sorta di gel indurito.
"Interessante." disse.
"Vuoi un catalogo? Ne abbiamo di altre
colorazioni." ne approfittò Yohv.
"Quanti me ne potete far avere per la leva che
avete rotto?" chiese Kilbocrit, sventagliando il braccio sinistro.
"Dovremmo chiedere…"
"Mavalà! Sto scherzando…" lo interruppe Kilbocrit. "…Ce la posso fare benissimo anche così. Questa secrezione refrigerante, tipica
delle lumache di Lualisto, ora si rende utile come meccanismo di difesa."
Mostrò i suoi avambracci, ricoperti da un velo di
schiumettina e da quella bava.
"Forte! Ti protegge dal caldo." commentò Yohv.
"Ah!… Mica è una cosa congenita, sai?…" proseguì
Kilbocrit. "… È frutto degli esperimenti che sto conducendo per il progetto."
Moccio voleva farla corta e levarsi in fretta da
quella fornace, ma neanche sembrare troppo sgarbato con il suo silenzio e
disinteresse per la faccenda.
"Sarebbe a dire?" chiese.
Kilbocrit aprì e richiuse con orgoglio la fronte.
"Il progetto Vagghianux prevede, in gran parte
attraverso le continue alterazioni del nostro genoma, la ricerca di una
combinazione vincente…" rispose. "…In sostanza, si studiano su di me gli
effetti dei mutamenti indotti da occasionali pasticci genetici. Pensano
che potrebbe venirne fuori qualcosa d’interessante, magari utile a produrre dei
salti evolutivi."
"… Ecco perché la mia anatomia vi pare un collage
di varie specie; certamente discutibile sotto il profilo estetico e, dal punto
di vista funzionale, una grande contraddizione biologica…"
Mostrò le mani e i piedi, simili a dei polpi.
"… vedete, neanche riesco a tenere ferme queste
cazzo di braccia."
"Sì, ce ne siamo accorti." rispose Moccio.
Kilbocrit si avvicinò all’oggetto a forma di
silos.
"E quello cos’è, se mi è consentito?" chiese
Yohv.
Kilbocrit, che non aveva ancora restituito il
cubetto zerspek, schiacciò un pulsante sulla superficie di quella cosa e ne
uscì un cassettino.
"Posso utilizzare il vostro campione per farne un
esperimento?" chiese.
Yohv annuì.
"Ne abbiamo ancora un paio di quisme sulla nostra
navetta. Fai pure!…" disse. "…Te lo diamo in omaggio."
Kilbocrit ringraziò con un cenno del capo, lo
mise dentro e chiuse il cassettino.
"Ora lo analizza…" spiegò.
Uno schermo circolare apparve sul silos,
all’altezza dei suoi occhi.
"… Qualche elemento sconosciuto e frammenti di
un dna altrettanto misterioso nel vostro prodotto." disse.
"Probabilissimo. Ci sono un’infinità di cose nei
nostri cubetti; anche se, in realtà, non siamo tenuti e del tutto preparati a
rivelarne la composizione…" rispose Yohv. "…Segreto professionale, capisce?"
"Soprattutto ignoranza." precisò Moccio.
"Capisco, capisco. Mica era un’accusa. Anzi!…" rispose kilbocrit. "…È quello che cercavo. Quasi quasi la provo."
Poi dall’oggetto sbucò un tubicino che, dopo un
paio di secondi, sparò fuori una supposta.
"L’ho ricompattato…" proseguì Kilbocrit. "…Ora è
un po’ più piccolo e morbido; si può sciogliere…"
"Ma che ha intenzione di fare?!!" chiese Moccio.
Anche Yohv era perplesso nel vedere kilbocrit
infilarsi la nuova “supposta zerspek” nell’ano.
"Questo è il mio compito." disse loro.
"Fantastico! Mai avevo pensato a una applicazione
del genere…" commentò Yohv. "…Non sono ancora stati riscontrati veri casi di
tossicità del nostro prodotto, comunque; per questo, forse con un buon margine
d’incertezza dovuto all’impossibilità di raccogliere precisi dati statistici,
le assicuro che può stare tranquillo."
"Mavalà! Mica mi preoccupo. Ora le
arcinanoxnanissimoxmacchine presenti all’interno del mio corpo ricombineranno i
frammenti di quel dna col mio." disse kilbocrit.
"Avverranno subito dei cambiamenti?" chiese Moccio,
preoccupato.
"Mavalà! Ci vogliono almeno sei o sette schep
prima di notare eventuali mutazioni. Poi sembra che questi frammenti siano
anche alquanto deteriorati."
"Ci spiace, magari la prossima volta ti facciamo
avere qualcosa di meglio…" disse Yohv. "… ne sappiamo davvero poco a riguardo,
e quel poco che sappiamo, ripeto, neanche possiamo rivelarlo."
"Volete vedere com’ero all’inizio
dell’esperimento?" disse Kilbocrit.
Un ologramma s’illuminò in mezzo a loro. Era
l’immagine di un tizio parecchio somigliante ad Alain Delon da giovane, ma con
la pelle ocra e rade macchioline blu sulle spalle.
"Tu eri quello?" chiese Moccio.
"Certo. Un umanoide come voi."
"Cazzolina!…" commentò Yohv. "…Ti ha giovato
questa cosa dell’ esperimento Vanghilauz."
"Vagghianux." gli ricordò Moccio.
Kilbocrit aprì e chiuse un paio di volte la
fronte.
"Voi discendete da mutazioni indotte dai
rettiliani sulla specie sapiens?" chiese.
"No. Noi veniamo da un altro universo parallelo alle terre alternate, con tutta probabilità, anche se non conosciamo i nostri
progenitori." rispose Yohv. "…Tutto quello che sappiamo e che nel nostro
sistema planetario ci sono due mondi abitati: il mio e il suo." indicò il
compagno.
"Sembrate degli ottimi soggetti..." proseguì
Kilbocrit.
"In che senso?" chiese Moccio.
"… Come esseri, intendo; nella vostra struttura
fisica…" Kilbocrit fece mulinare le braccia.
"… Parete parecchio sani e robusti."
Si rivolse in particolare a Moccio.
"Ecco i guai." pensò quest’ultimo.
"Facendo appello, quindi, alla stessa cortesia
che vi ha portati ad accogliere la mia richiesta di soccorso, chiedo di poter
magari ottenere un campioncino del vostro dna."
"No, no. Questo è da escludere…" rispose subito
Moccio. "…Poi non sopporto i prelievi, mi fanno girare la testa."
"Non il vostro sangue, amico. Ho bisogno di un
frammento solido per poter fare un buon lavoro col ricompattatore."
"Tipo?" chiese Yohv.
"Anche un ditino è sufficiente." rispose
Kilbocrit.
"Guarda, io ne ho solo quattro per mano…" rise Yohv.
"…Magari il mio amico."
Entrambe le mani di Moccio, infatti, ne avevano
otto.
Kilbocrit le osservò con piena approvazione; non
poteva ritenersi più che soddisfatto.
"Sì, anche una di quelle mi va benissimo…" disse. "…Anzi, visto che sono pure lunghe, taglio via solo una falange."
Moccio si piegò fino a raggiungergli da vicino il
muso.
"Senti, senti!…" disse. "…perché non t’infili il
dito medio di tua sorella in quel posto?!"
"Già fatto!…" rispose kilbocrit. "…Prima di
partire per la missione; avendo padri con dna molto differenti mi sembrava utile
provarci."
Yohv si avvicinò a Moccio per calmarlo.
"Quello che mi…" provò a spiegarsi Kilbocrit.
E all’improvviso le sue braccia rimasero
immobili.
Bloccate come la poco avveniristica e funzionale leva del traibratore.
Bloccate come la poco avveniristica e funzionale leva del traibratore.
"Tutto bene?!" chiese Yohv.
Le labbra di kilbocrit si mossero senza emettere
alcun suono.
"Non muove più le braccia…" disse Moccio "… Forse
sta guarendo."
"Magari la supposta gli ha fatto male." commentò
Yohv.
"In effetti ora mi sembra un po’ troppo statico." commentò Moccio.
Yohv si avvicinò a kilbocrit.
"HEEEEEIIiiiiii!!! Qualcosa che non va?" gridò.
Nessuna risposta udibile.
"Guarda i suoi occhi…" disse Moccio.
Kilbocrit era strabico anche prima, ma adesso uno
dei suoi bulbi tremolava frenetico, spostandosi velocemente a destra e sinistra.
"… Magari l’aumento di temperatura gli sta
cocendo il cervello, aldilà di quello che riesce a sopportare con quella sua
schiumetta refrigerante."
"E se fosse un altro dei suoi meccanismi di
difesa? Forse lo hai spaventato…" disse Yohv. "…Si è sentito in pericolo e
ha reagito così."
"Possibilissimo. So di certi animali delle terre
alternate che si fingono morti per sfuggire ai predatori."
" E come fanno a sfuggire?"
"Non lo so. L’hai detto tu che probabilmente si
tratta di un meccanismo di difesa."
"Proviamo a infilargli qualcos’altro…" proseguì
Yohv. "… tipo quella specie di crostaceo che abbiamo nella raccolta
dei campioni biologici. Quello raccolto su Weraffrot."
"…Vuoi metterlo nel ricompattatore? Sai che al
laboratorio ci pagano per quella roba."
"Soltanto una chela." rispose Yohv,
allontanandosi.
"Fai quello che ti pare…" disse Moccio. "…Basta
che ti muovi. Qui comincia a fare veramente caldo."
E attese che il suo compagno fece ritorno dall’
hangar.
"La supposta è pronta!…" disse Yohv, soddisfatto
di aver saputo utilizzare la misteriosa, pur tuttavia banalissima tecnologia
del silos. "…Ora la mettiamo."
"la mettiamo?!!
Non credo che sortirà alcun effetto e l’ultima cosa che voglio toccare sono le
chiappe di quel tizio." commentò Moccio.
"Ho pensato anche a questo, sai?!"
Yohv estrasse dal taschino della camicia un tubo
gj704, con lunghezza e diametro comparabili a quella delle sue dita.
"Uso questo per cacciargliela il profondità…" disse.
Poi approfittò della comunque mobile rigidità
muscolare di Kilbocrit per riposizionarlo a carponi.
"Ma guarda che schifo di robaccia appiccicosa ha
addosso!"
Si ripulì le mani dall’icore che ungeva quasi
tutto il corpo della creatura.
"Ora devi puntarla…" disse Moccio. "… Ci hai
pensato che dovevi puntarla, prima di spingerla con quell’affare?"
"La punto, la punto! Non ti preoccupare."
"Io me ne strafrego, in verità." rispose Moccio.
Yohv intanto afferro con delicatezza la supposta,
badando bene bene ad ottenere fra la punta e i suoi polpastrelli la distanza
maggiore.
"Ecco!" disse, infilandola circa per un terzo
della sua lunghezza.
"Vai col gj704, allora!"
Yohv lo usò.
"Non riesco più a estrarlo" disse poco dopo.
E si dava un gran daffare per ottenere questo.
Mezzo gj704 stava infatti nell’ano di kilbocrit,
serrato dal suo fortissimo, triplo sfintere spiraliforme.
"Senti Yohv,…" s’innervosì Moccio. "…il
quadrante, qui, segnala l’impatto con tre asteroidi. Tempo imprecisato, ma
suppongo imminente vista la nostra fortuna."
Yohv agitò un paio di tentacoli.
"Non vorrei che le sue arcinanonanissimoxmacchine
ricombinassero anche quello assieme alla supposta; il gj704 non contiene nulla
di organico." disse.
"Hai sentito quello che ho detto a proposito
degli asteroidi?" insistette Moccio.
"Sono grossini, magari?" chiese Yohv.
"Sì. Piuttosto grissini. E il guaio sai qual‘è?"
"Dimmi!" rispose Yohv, continuando a strattonare
il tubetto.
"E’ che buona parte dell’astronave era pilotatata
dalla mente di quello lì."
Kilbocrit fece roteare l’occhio destro in segno
di risposta.
"Forse, pur senza muoversi, riesce ancora a
farlo." commentò Yohv.
"Ti pare?! Allora l’impatto non sarebbe
imminente."
"Lo sostieni tu che è imminente. Hai comunque
qualche idea sul da farsi?" chiese Yohv. Stava per demordere.
"Piazziamo una carica sullo portello dell’hangar
e ce ne andiamo. Ecco la mia idea!…" rispose Moccio.
"…Semplicissima e assai ragionevolmente estranea
a tutto quello che riguarda le sorti di questo crudele progetto Vagghianux."
"Se sfasciamo il portello, questo crepa…" disse
Yohv, indicando kilbocrit. "… Allora noi diventiamo crudeli."
"Tanto accade comunque; se non gli fa esplodere i
visceri la depressurizzazione, ci pensano i tre asteroidi in arrivo a
sistemarlo per benino."
"Potremmo portarlo con noi…" rispose Yohv. "…Magari, da qualche parte, esiste una soluzione al suo problema."
"Questo voleva tranciarci le dita! Lo capisci?…
Al massimo gli tagliamo la testa e la vendiamo al laboratorio!" alzò la voce
Moccio, fissando un quadrante video.
Era spaventosamente sudato e preoccupato dai tre
puntini di luce in rapido avvicinamento.
"Soltanto una falange, e comunque non l’ha
fatto…" disse Yohv "…E’ anche vero che mi sembra troppo stupido e malconcio per
sopravvivere alla mia speranza di trovare qualcuno in grado di aiutarlo."
"E allora andiamocene!!" gridò Moccio.
"Okay! Neanche è da escludere che quelli della
sua Compagnia arrivino in tempo utile…" proseguì Yohv.
Kilbocrit fece roteare ancora per una volta
l’occhio destro, e il sinistro quasi gli cascò fuori dall’orbita subito dopo.
Qualcosa era andato davvero storto nel suo
esperimento, ma neanche lui, con quel poco di consapevolezza che gli era
rimasta, riusciva a comprenderlo. Forse era stato quell’azzardo anale con il
cubetto di zerspek, forse le troppe ricombinazioni del suo dna; un vero mistero.
Ora, in quello stato di esaurimento, neanche riusciva a generare delle onde vupper di una certa potenza.
Ora, in quello stato di esaurimento, neanche riusciva a generare delle onde vupper di una certa potenza.
Con l’unico occhio rimasto attivo si vide
parzialmente riflesso dalla superficie biancastra e metallica del silos; in
quella posizione assurda, con quel coso gj704 ficcato nel retto.
"Ma cosa cazzo è un gj704?" si chiese in primo
luogo.
Poi alla curiosità scientifica prese il
sopravvento l’odio.
"Ma guarda che due…"
"…che due…"
"…che due deficienti!…" pensò.
"…Mi hanno mandato tutto a puttane…"
"…una sfortuna…"
"… ‘Sti due stronzi!…"
"…Spero che gli accada il peggio del peggio del
peggio del peggio che a due stupidi, deficienti, stronzi, merdosi come loro può
accadere…"
Gli cascò fuori anche l’atro occhio.
"…Davvero il peggio…"
"… A ‘sti due…"
"‘Sti due merdosi…"
Tornati al più salutare clima della loro
astronave, Moccio e Yohv presero a sghignazzare. Anche con le rudimentali
armi esplosive a loro disposizione, infatti, era stato quasi un giochetto
liberarsi dall’impiccio.
"Allora, prima che me ne dimentichi, scrivi: soltanto per via orale, e dopo aver
attentamente analizzato e verificato la compatibilità col proprio organismo…" disse Yohv.
Dovevano arricchire le istruzioni sulla modalità
d’uso del loro prodotto.
"La metto dopo: tenere
lontano dalla portata dei cretini?"
"Ah! Ah! Sì, mi sembra ovvio." rispose Yohv.
Illuminati dalla luce di una grande stella,
scorsero in lontananza i tre meteoriti.
"Quanto distano ancora, secondo te?" chiese Yohv.
Moccio si grattò la pancia e il triplo mento,
meditabondo.
"Credo, almeno tanto da permetterci di
allontanarci ancora senza brutte conseguenze per il nostro
trabicolo."
"Volevo dire…" proseguì Yohv. "… secondo te, ce
la faranno ad arrivare quelli della sua Compagnia prima che…"
"Assolutamente no!…" lo interruppe Moccio. "…Guarda come, QUELLE MOSTRUOSE BOMBE DI ROCCIA, si stanno avvicinando
rapidamente alla sua astronave."
"Perché devi essere sempre così pessimista?"
"Non lo so; forse a causa di circostanze
piuttosto sfavorevoli e ricorrenti."
Yohv reagì soltanto con un laconico
serpeggiamento del suo tentacolo frontale.
"Legati bene, adesso; devo accelerare un
pochetto…" disse Moccio. " … Altrimenti l’onda d’urto elettromagnetica in
arrivo ci frigge tutti i comandi."
Poco dopo, i muscoli super resistenti ed elastici
delle loro facce cominciarono un po’ a traballare, scossi dalle turbolenze
adiacenti all’iperspazio.
"Guarda che quell’aggeggio va usato con
parsimonia…" si alterò Yohv, prendendo il comando. "…Altrimenti finisce che
rimaniamo con poche possibilità di aprire un tunnel."
Potevano ancora osservare con sufficiente
precisione i fenomeni fisici fuori dal parameteoriti, là, nel buio striato di
di stelle del cosmo. E li osservarono.
Tre grossi lampi di luce, uno dietro l’altro,
confinati nella stessa regione.
"Bom! Boom!! Booom!!!… " fece da accompagnamento
sonoro Moccio. "… Colpita!"
"Naaaa! Dici che l’hanno distrutta?"
"Proprio."
"Magari aveva uno scudo." disse Yohv.
Moccio sbuffò, era stanco di sentire cazzate e
cominciava ad aver fame.
"Sì, forse. Però, Se ce lo aveva, deve averlo
attivato dopo che abbiamo fatto esplodere il
portellone e ce ne siamo andati. Se lo aveva e lo ha fatto, quindi, è stato
molto, improbabilmente buono nei nostri confronti." disse.
"Vero! Poteva trattenerci…" commentò Yohv. "…usarlo
come campo di forza per impedirci di scappare."
"Certo, certo…" rise Moccio. "…Ma non l’ha fatto.
Allora, grazie Kilbocrit! Ti auguriamo tanta fortuna! Il tuo scudo è stato
fantastico e presto arriveranno i soccorsi."
Guardò dritto negli occhi il suo compare, usando
pure quelli ausiliari posti sopra le antenne.
"Questo ti fa sentire meglio?" chiese.
Yohv ci pensò sopra un attimo, con quel barlume
di umanità che neanche sapeva di possedere.
(fffuuuuuuuuuuu!!! E quella debole fiammella si
spense)
"Comunque sia andata,…" disse. "… mica gliel’ho
detto io d’infilarsi tutta quella roba nel deretano."
"Ottimo!…" commentò Moccio. " Vedo che ce la puoi
fare benissimo a non maturare alcun senso di colpa."
Racconto e animazioni di Fabio Cavagliano (2010)
Episodio pilota: "A spasso con Vozzak"
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