lunedì 25 aprile 2022

Due raccontini sulla divinità

 (A parte il tema metafisico, le due storie non sono in alcun modo collegate. Potete leggere prima l'una o l'altra).

CONFINI


Il Grande, Invisibile Mago alla fine gli apparve e, cosa brutta, neanche aveva tanta voglia di scherzare.
X poteva osservarlo dalla sua prigione o bolla mnemonica esperienziale. Un gigantesco, cattivo, vecchiaccio barbuto; proprio come poteva apparire nella più puerile delle fantasie.
«Avanti!» disse, l’ora Grande e Visibile. «Ti concedo una sola domanda.»
X era un uomo di scienza, stimato neoalchimista.
«Come diavolo Le è venuta in mente una cosa così complicata come la teoria M in undici dimensioni?*» chiese. Non aveva più alcuna certezza, ma neppure paura di essere così insolente e curioso.
Il Grande Mago mise la mano nella bolla, dunque, e con una delle sue unghie lunghe e sottili gli sfilò il cervello dall’orecchio.
Tirato fuori dalla prigione, l’organo apparve molto più grande e scintillante di attività elettriche. Divenne così grande che le sue dimensioni superarono quelle del Mago stesso, che ora si limitava a indicarlo.
«… Si tratta di un’idea che è nata qui, in realtà.» rispose. «Guarda!» disse, e indicò di nuovo il cervello. «il tuo bel, fantasioso amichetto!... Con tutte le sue graziose scissure e labirintiche circonvoluzioni…» proseguì. «Ah!…» sospirò, anche. «… Riceveva informazioni, dati dagli organi di senso e dal tuo stesso corpo. Assolveva bene alla sua funzione, devo ammettere!» rise, ma sempre tremendamente spaventoso e con un certo astio.
«… Elaborava, correlava, interpretava e riusciva, addirittura e con una buona approssimazione, a calcolare il tempo e lo spazio in cui avvenivano o erano distribuite le “cose” che i dati gli permettevano di definire.»
Si fermò solo un attimo per grattarsi la barba, accigliarsi ancora di più.
«… Il suo costrutto logico più efficiente per farsi questo quadretto o mappa della realtà gli pareva essere la matematica.» ghignò ancora. Questa volta, tuttavia, alzando solo un sopracciglio.
«… Numeri, numeri! Il suo universo era fatto di numeri, cose ripetibili, leggi che non mutano mai e sono uguali ovunque …»
Ci fu un’interruzione o un blackout nel continuum spazio temporale, forse, proprio in quel confine o regione del multiverso.
Poi il ragazzetto, Stephen, chiese al suo androide racconta storie:
«Il neoalchimista ha menzionato la teoria M?!!... Scusa!... L’ho studiata, certo, ma è roba così vecchia e superata che credo di averla in gran parte rimossa. Puoi rispiegarmela prima di proseguire?»







-Fine-








VACANZE INFINITE 


Palla di plasma alterò di due tachielettromagnetoni il suo stato vibratorio.
Equivaleva a sorridere.
Era appena uscito dalla corteccia di un albero.
Una molecola della pianta, una sua porzione perlomeno, a livello subatomico aveva subito un collasso tale da consentire il passaggio alla nostra, attuale realtà.
Ringraziò con una veloce preghiera i quark che gli avevano concesso di accedere a quelle nuove, straordinarie percezioni.
Neppure c’era più un “qui”, sorrise ancora (oppure tachielettromagnetò, se preferite).
Fra una regione di tempo e l’altra, si compiacque, aveva ancora n stati e cose da sperimentare.
Un altro viaggiatore, sotto al terreno su cui stava svolazzando, si staccò con veloce sublimazione dall’icore schiumoso di una lumaca e tentò di contattarlo. Pochi ma efficaci scambi e poi si unirono per condividere.

 




Fabio Cavagliano 2020
Due raccontini-ini-ini a scatole cinesi, forse, e liberissima interpretazione.


Il primo è ispirato alla lettura del libro “Stephen Hawkins- le mie risposte alle grandi domande” edito dalla Rizzoli.
*Tolto il “diavolo” (che ho voluto aggiungere per enfatizzare la scocciata sorpresa di X), si tratta proprio di una frase di Hawkins. 

Il secondo all'idea che anche nell'infinitamente piccolo si possano celare altre dimensioni e portali d'accesso a questa nostra realtà.


2 commenti:

  1. "Tachielettromagnetò" credo sia il neologismo dell'anno!
    Per il mio personale modo di vivere le storie, ho apprezzato molto la prima, che mi sarebbe piaciuto approfondire ulteriormente. Mi ricorda un "classico" grifabiesco del dialogo con la divinità, o con una qualche entità metafisica in generale, in cui si svela o si scopre un qualcosina, una piccola particella di realtà, sulla condizione umana. Su un cervello (sede della mente? forse no - o non del tutto - dato che il protagonista del racconto-nel-racconto continua comunque a pensare ed esistere anche privato del suddetto organo; ma lì ci sarebbe ampio margine di discussione) che pensa di poter conoscere il mondo e imbrigliare l'universo con i suoi calcoli e le sue formule, con la sua razionalità matematica, finendo poi con l'imbrigliare sé stesso: liberandosi da quel groviglio algebrico-aritmetico - e non perché la matematica sia inutile ma perché, sotto sotto, è la fede cieca nell'Unico e Solo Computo Razionale a risultare soffocante e frustrante per le potenzialità della mente umana -, dopotutto, come si vede nel racconto, esso può espandersi verso prospettive e orizzonti inimmaginabili.

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  2. Hai colto con la solita profondità. Siamo dentro al nostro bel costrutto logico, certamente efficientissimo per descrivere qualcosina di quello che ci appare del mondo, ma spesso ci scordiamo che è solo un frutto della nostra mente, sensi e limitati strumenti d’indagine. La Realtà e incommensurabilmente più vasta e ricca di ogni nostra possibile interpretazione. Mi viene da sorridere, a tal proposito, quando sento quel tipo di matematici e astrofisici convinti dell’uniformità di queste nostre leggi in tutto l’universo (come se ne avessero una mappa precisa, comprensione tale da poter escludere altre possibilità. Tipo quella di altre dimensioni, ad esempio, mondi e vite che, magari, non sono affatto materiali. Che poi, anche sulla struttura della nostra cosiddetta “materia” ci sarebbe tanto da dire; dato che, ridotta ai minimi termini, è soltanto energia che si attrae o respinge.
    …Il neologismo è una specie di tecnobabbola, sono contento tu l’abbia notato ed evidenziato; spesso mi diverto a inventarli.
    Sì, il secondo racconto è solo un frammento, un piccola idea di come potrebbero essere fatte alcune tipologie di esseri ultradimensionali. Quella degli orbs, energie o sfere di luce, è peraltro molto diffusa anche nell’immaginario legato al mondo del paranormale (in riferimento a spiriti o fantasmi).
    Pensiamo spesso agli alieni come omini o robot a bordo di astronavi, impegnati a coprire distanze impossibili per raggiungerci quando, magari, gli basta uscire da un atomo, un muro, uno squarcio nel tessuto dello spaziotempo.
    Stanno già lì, insomma, magari a osservarci dall’alto attraverso gli occhi di un piccione, una nuvola, oppure vivendoci dall’interno e compenetrando lo spettro luminoso del nostro corpo; potrebbero avere risorse mimetiche e fisiche inconcepibili. Anche la cosa più piccola e per noi insignificante (addirittura infinitesimale; come un sasso, il petalo di un fiore o i flagelli di un batterio, tanto per fare qualche esempio), a loro potrebbe apparire un nuovo mondo tutto da scoprire o essere sfruttato come punto di contatto.

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