(Una mia opera del 2009, intitolata "L'angelo" )
Fabio: A proposito di visioni, miracoli, statuette che piangono, ecc…Tu come la vedi?
Intendo,… Hai una tua spiritualità, convinzione religiosa? Credi in un ordine superiore? Personaggi come Padre Pio, Maria Teresa Neumann, Natuzza Evolo o le veggenti di Fatima ti dicono qualcosa? Mi piacerebbe conoscere la tua opinione. Io ho sempre provato, seppure misto a dubbio, una sorta di timore e rispetto reverenziale per queste cose; anche se non sono molto religioso, nel senso cattolico del termine.
Rubrus: Ci provo iniziando dal fondo.
Sui personaggi che hai citato non riesco a non essere scettico, proprio non ce la faccio. Penso che siano fenomeni naturali, non spiegati. Del resto roba simile non è copyright di questa o quella religione organizzata. Siccome sono fenomeni che in parte si contraddicono - nel senso che una spiegazione soprannaturale che faccia riferimento ad una religione organizzata è incompatibile con altre spiegazioni soprannaturali che fanno riferimento ad altre religioni organizzate - logica vuole che le spiegazioni religiose siano o tutti false tranne una, oppure tutte false tout court. Propendo per la seconda ipotesi, con la precisazione che per "falso" non intendo che Padre Pio, etc. siano degli impostori. Penso che siano in buona fede. Ma mi riesce difficile credere che le cose stiano come dicono. Ovviamente non lo escludo, ma non riesco a crederlo.
Penso peraltro che il cuore del problema che poni sia la confusione tra spiritualità e soprannaturale.
Sono convinto che non siano la stessa cosa.
Tanto per cominciare penso che, prima di parlare di soprannaturale, in un universo di cui sappiamo così poco - e che, con buona pace del principio antropico forte, secondo me non è fatto per essere capito della sua interezza (principio di indeterminazione, teoremi di incompletezza, meccanica quantistica, universi paralleli, pluralità di dimensioni, big bang, materia ed energia oscura, origine della vita, della coscienza... se ci si avvicina a questi temi si arriva ad un punto in cui gli scienziati dicono "non solo non sappiamo nulla di queste realtà, ma probabilmente non lo sapremo né potremo saperlo mai, va oltre la nostra capacità di comprensione") - prima di parlare di soprannaturale, dicevo, dovremmo pensarci due volte e probabilmente faremmo meglio a non parlarne affatto (non quando affermiamo verità sul soprannaturale, ma se vogliamo inventarci sopra delle storie possiamo benissimo farlo sempre se non dimentichiamo che sono finte).
Quanto alla spiritualità - termine che non so quanto sia adeguato anche perché richiama una distinzione tra spirito e materia che è, direi, erronea e superata - con essa mi riferisco a qualcosa che sta al di là della natura, dell'universo - o degli universi - come sopra sommariamente descritti. Su questo punto sono lontanissimo da posizioni (come per esempio quella del nostro amico Mauro) panteistiche in senso lato, nelle sue varie declinazioni, da quella classica, a quella animista a quella spinoziana (deus sive natura), a quella di Gould (la teoria di Gaia). Non credo cioè in una personalità o in una volontà (o, perché no, in una "forza" alla Star Wars) nell'universo e che sono l'universo stesso e/o la sua anima (anche se parlare di "anima" in questa concezione mi sembra sbagliato perché corpo e anima, come materia ed energia, sono la stessa cosa in quanto intercambiabili). Per me l'universo, lovecraftianamente, è retto da leggi impersonali e meccaniche che non sono che il coperchio di un caos sottostante e che rappresenta il fondamento ultimo del reale (altro che elefante che sta sulla tartaruga: ci può stare, ma sotto la tartaruga c'è il caos). Inoltre è destinato alla morte per entropia (come ci dicono i principi della termodinamica) e non reca in sè alcun "senso" (e quindi non ce lo può dare).
Quando parlo di spiritualità mi riferisco ad una realtà "oltre" (e se proprio dovessi darle un nome narrativo, direi che sta nel "macroverso" o nel "mistero") non conoscibile, se conoscibile non esprimibile, se esprimibile non comunicabile, se comunicabile non praticabile.
Ne consegue che nel momento in cui si "dice" qualcosa sulla dimensione spirituale o la proposizione è falsa oppure è vera, ma se è vera - e proprio perché lo spirituale è inconoscibile - allora non attiene alla dimensione della spiritualità.
Il rapporto tra spiritualità e soprannaturale, secondo me, è tale per cui il soprannaturale implica una qualche confusa (spesso dannosa e deteriore, pensa allo spiritismo ecc) forma di spiritualità, mentre la spiritualità non necessita del soprannaturale.
Ritengo possibile, peraltro, che la dimensione dello spirituale si riveli all'universo, scenda al suo livello (mentre non è possibile il contrario). Usando termini religiosi, e cristiani in particolare, è il fenomeno noto come "incarnazione" o "rivelazione", ma, proprio perché c'è questa sostanziale e ineliminabile separazione, il fenomeno non si può compiere se non - ancora una volta - con le modalità del mistero, dell'incomprensibile, che non può essere accolto (cioè accettato, comunicato e praticato) se non per "grazia" e per "fede".
Ecco perché ritengo possibile il fenomeno "mistico" - che infatti non è comunicabile né praticabile - e, benché io non riesca a crederci (specie a quelli di religiosità popolare) e in fondo non ne abbia bisogno (credo in una spiritualità, in un ordine superiore e tanto mi basta) non escludo che possa essere vero anche se, magari, non con le modalità che gli attribuiamo e che gli stessi mistici, in buona fede, gli attribuiscono.
Per converso, dato che parliamo di realtà incomprensibili, anche negarne la verità è un atto di fede. Dire "non ci credo" è affermazione uguale e contraria a "ci credo". L'unica posizione logicamente sostenibile è "non so", ma la fede va al di là della logica.
Dire "credo/non credo" - anche nei termini di adesione a una qualche forma di religione rivelata e non - è sostanzialmente una scommessa (la stessa di cui parlava Pascal) il cui esito sapremo se e quando potremo andare oltre l'universo in cui si svolge la nostra esistenza.
Fabio: Un universo retto da leggi impersonali e meccaniche che, però, in qualche modo hanno raggiunto il dono dell’introspezione; almeno qui, attraverso la mente e l’intelligenza umana. Cosa bolle in pentola, allora, se quando alzi il “coperchio” una parte di questo Caos, a un certo punto della cottura, si chiede: “Ehi!... Ma io sono davvero il caos?”
Forse non saremo mai in grado di spiegare tante cose, per limiti dovuti alla nostra stessa fisicità (principio d’indeterminazione, ecc) ma almeno c’è la volontà di farlo e così l’universo o gli universi attraverso di noi “vogliono”.
Questa, fra l’altro, è anche la mia idea di “ordine superiore”; immaginando, ovviamente, che esistano anche altri livelli d’intelligenza più o meno vicini al cosiddetto punto Omega.
Su tutto il resto non posso che concordare o quantomeno preferire l’agnostico “non lo so”, Roberto. Quello che mi turba, invece, riguardo alla faccenda dei mistici, specie quelli citati (e di cui mi sono sempre molto interessato), è il problema del quanto sia possibile immaginarne la “buona fede” escludendo il miracolo.
Allora, se il sangue sgorga da occhi, mani e piedi e poi le ferite spariscono una spiegazione ci deve essere. Cioè, non è possibile autoingannarsi su questo. A meno che non s’immagini qualcuno talmente convinto di sperimentare su sé stesso la crocefissione da prodursi col solo pensiero delle ulcerazioni sulla pelle. Sarebbe un modo ben straordinario, direi quasi “soprannaturale” di somatizzare un’idea. Non credi? Ma, forse, come mi pare tu abbia implicitamente ipotizzato, la nostra mente può fare anche questo e noi ancora non lo sappiamo.
Penso peraltro che il cuore del problema che poni sia la confusione tra spiritualità e soprannaturale.
Sono convinto che non siano la stessa cosa.
Tanto per cominciare penso che, prima di parlare di soprannaturale, in un universo di cui sappiamo così poco - e che, con buona pace del principio antropico forte, secondo me non è fatto per essere capito della sua interezza (principio di indeterminazione, teoremi di incompletezza, meccanica quantistica, universi paralleli, pluralità di dimensioni, big bang, materia ed energia oscura, origine della vita, della coscienza... se ci si avvicina a questi temi si arriva ad un punto in cui gli scienziati dicono "non solo non sappiamo nulla di queste realtà, ma probabilmente non lo sapremo né potremo saperlo mai, va oltre la nostra capacità di comprensione") - prima di parlare di soprannaturale, dicevo, dovremmo pensarci due volte e probabilmente faremmo meglio a non parlarne affatto (non quando affermiamo verità sul soprannaturale, ma se vogliamo inventarci sopra delle storie possiamo benissimo farlo sempre se non dimentichiamo che sono finte).
Quanto alla spiritualità - termine che non so quanto sia adeguato anche perché richiama una distinzione tra spirito e materia che è, direi, erronea e superata - con essa mi riferisco a qualcosa che sta al di là della natura, dell'universo - o degli universi - come sopra sommariamente descritti. Su questo punto sono lontanissimo da posizioni (come per esempio quella del nostro amico Mauro) panteistiche in senso lato, nelle sue varie declinazioni, da quella classica, a quella animista a quella spinoziana (deus sive natura), a quella di Gould (la teoria di Gaia). Non credo cioè in una personalità o in una volontà (o, perché no, in una "forza" alla Star Wars) nell'universo e che sono l'universo stesso e/o la sua anima (anche se parlare di "anima" in questa concezione mi sembra sbagliato perché corpo e anima, come materia ed energia, sono la stessa cosa in quanto intercambiabili). Per me l'universo, lovecraftianamente, è retto da leggi impersonali e meccaniche che non sono che il coperchio di un caos sottostante e che rappresenta il fondamento ultimo del reale (altro che elefante che sta sulla tartaruga: ci può stare, ma sotto la tartaruga c'è il caos). Inoltre è destinato alla morte per entropia (come ci dicono i principi della termodinamica) e non reca in sè alcun "senso" (e quindi non ce lo può dare).
Quando parlo di spiritualità mi riferisco ad una realtà "oltre" (e se proprio dovessi darle un nome narrativo, direi che sta nel "macroverso" o nel "mistero") non conoscibile, se conoscibile non esprimibile, se esprimibile non comunicabile, se comunicabile non praticabile.
Ne consegue che nel momento in cui si "dice" qualcosa sulla dimensione spirituale o la proposizione è falsa oppure è vera, ma se è vera - e proprio perché lo spirituale è inconoscibile - allora non attiene alla dimensione della spiritualità.
Il rapporto tra spiritualità e soprannaturale, secondo me, è tale per cui il soprannaturale implica una qualche confusa (spesso dannosa e deteriore, pensa allo spiritismo ecc) forma di spiritualità, mentre la spiritualità non necessita del soprannaturale.
Ritengo possibile, peraltro, che la dimensione dello spirituale si riveli all'universo, scenda al suo livello (mentre non è possibile il contrario). Usando termini religiosi, e cristiani in particolare, è il fenomeno noto come "incarnazione" o "rivelazione", ma, proprio perché c'è questa sostanziale e ineliminabile separazione, il fenomeno non si può compiere se non - ancora una volta - con le modalità del mistero, dell'incomprensibile, che non può essere accolto (cioè accettato, comunicato e praticato) se non per "grazia" e per "fede".
Ecco perché ritengo possibile il fenomeno "mistico" - che infatti non è comunicabile né praticabile - e, benché io non riesca a crederci (specie a quelli di religiosità popolare) e in fondo non ne abbia bisogno (credo in una spiritualità, in un ordine superiore e tanto mi basta) non escludo che possa essere vero anche se, magari, non con le modalità che gli attribuiamo e che gli stessi mistici, in buona fede, gli attribuiscono.
Per converso, dato che parliamo di realtà incomprensibili, anche negarne la verità è un atto di fede. Dire "non ci credo" è affermazione uguale e contraria a "ci credo". L'unica posizione logicamente sostenibile è "non so", ma la fede va al di là della logica.
Dire "credo/non credo" - anche nei termini di adesione a una qualche forma di religione rivelata e non - è sostanzialmente una scommessa (la stessa di cui parlava Pascal) il cui esito sapremo se e quando potremo andare oltre l'universo in cui si svolge la nostra esistenza.
Fabio: Un universo retto da leggi impersonali e meccaniche che, però, in qualche modo hanno raggiunto il dono dell’introspezione; almeno qui, attraverso la mente e l’intelligenza umana. Cosa bolle in pentola, allora, se quando alzi il “coperchio” una parte di questo Caos, a un certo punto della cottura, si chiede: “Ehi!... Ma io sono davvero il caos?”
Forse non saremo mai in grado di spiegare tante cose, per limiti dovuti alla nostra stessa fisicità (principio d’indeterminazione, ecc) ma almeno c’è la volontà di farlo e così l’universo o gli universi attraverso di noi “vogliono”.
Questa, fra l’altro, è anche la mia idea di “ordine superiore”; immaginando, ovviamente, che esistano anche altri livelli d’intelligenza più o meno vicini al cosiddetto punto Omega.
Su tutto il resto non posso che concordare o quantomeno preferire l’agnostico “non lo so”, Roberto. Quello che mi turba, invece, riguardo alla faccenda dei mistici, specie quelli citati (e di cui mi sono sempre molto interessato), è il problema del quanto sia possibile immaginarne la “buona fede” escludendo il miracolo.
Allora, se il sangue sgorga da occhi, mani e piedi e poi le ferite spariscono una spiegazione ci deve essere. Cioè, non è possibile autoingannarsi su questo. A meno che non s’immagini qualcuno talmente convinto di sperimentare su sé stesso la crocefissione da prodursi col solo pensiero delle ulcerazioni sulla pelle. Sarebbe un modo ben straordinario, direi quasi “soprannaturale” di somatizzare un’idea. Non credi? Ma, forse, come mi pare tu abbia implicitamente ipotizzato, la nostra mente può fare anche questo e noi ancora non lo sappiamo.
Rubrus: Penso in effetti che la nostra mente possa fare cose che ancora non comprendiamo.
Un tempo davamo spiegazioni teistiche al pensiero.
Prendi Atena che piglia Achille per i capelli e gli dice di non sgozzare Agamennone.
Non è un'immagine poetica. Noi la vediamo così, come una metafora, ma non la vedevano così gli antichi. Letteralmente, non sapevano di pensare e attribuivano agli dei i pensieri concependoli "concretamente" come voci nella testa. Oggi chi fosse convinto di questo verrebbe considerato schizofrenico. Già Ulisse è, sotto questo profilo, il primo uomo a cavallo tra mito e storia perché, anche se gli dei gli parlano, lui è innanzi tutto l'uomo dal multiforme ingegno. Sa di pensare e si pone in conflitto con gli dei o almeno con alcuni di essi - il conflitto con Poseidone (non a caso una divinità che presiede a fenomeni naturali, mentre Atena è la dea "della mente") ne è una dimostrazione evidente (ma potei citare la disfida tra titani e dei olimpici, anche). Dal momento che questo non è un processo che si compie dall'oggi al domani i due aspetti coesistono nei poemi omerici.
Se sposti l'asticella è la stessa cosa rispetto ai fenomeni che tu dici.
Il mistico ha le stimmate e dicono che vengono da fuori mentre invece potrebbero avere un'origine cerebrale. Si può dire lo stesso per le possessioni: ho parlato con un esorcista, tempo fa, e mi disse di avere incontrato, durante la sua ultratrentennale carriera, pochissimi casi di reale presenza diabolica - da contarsi sulla punta delle dita, diceva. Negli altri casi sarebbe bastato un neurologo, uno psichiatra, o anche solo uno psicologo.
Possibile che un domani se ne trovi una spiegazione e si consideri "primitivo" chi non c'era arrivato.
La risposta alla domanda sul caos è sì.
Ogni sforzo per mettere ordine si traduce sempre e comunque, dopo lunghissimi processi e trasformazioni, in aumento dell'entropia - vale a dire caos indifferenziato che annulla le differenze di temperatura fino ad arrivare alla morte dell'Universo per massima entropia.
L'evoluzione dello spaziotempo - fisica, chimica, biologica, culturale - non tende all'ordine e alla vita, ma al caos e alla morte. Per inciso, anche volendo tener conto della materia oscura, non ce n'è abbastanza per un "big crunch" cioè per un universo ciclico - anzi le ultime scoperte inducono a ritenere che l'energia oscura (che rappresenterebbe il 70% circa dell'esistente) accelera esponenzialmente l'espansione dello spazio tempo (che si allarga molto più in fretta del previsto e di quanto sembrerebbe derivare dal "semplice" big bang) verso, appunto, la dispersione della materia e la massima entropia.
L'universo che tende naturalmente verso la coscienza mi pare una petizione di principio camuffata.
A parte il fatto che non sappiamo che cosa succederà alla coscienza, questa visione sottende l'esigenza di un "disegno" (la famosa teoria del "disegno intelligente").
Dal momento che incoscienza e coscienza non possono coesistere
- o si ammette un qualche disegnatore che però non è il disegno - che è nato incosciente (la vecchia idea del demiurgo)
- o si ammette che casualmente - e in fondo visti i "numeri" con cui abbiamo a che fare (miliardi di galassie, con miliardi di stelle) è possibile - sia uscita dalla lotteria cosmica una combinazione che, tra chissà quante altre, ha permesso una forma di coscienza. Ma questa forma di coscienza che dice "wow, gente, io sono lo scopo di tutto e l'universo è nato perché io potessi nascere" mi pare un tantino presuntuosa.
Un tempo davamo spiegazioni teistiche al pensiero.
Prendi Atena che piglia Achille per i capelli e gli dice di non sgozzare Agamennone.
Non è un'immagine poetica. Noi la vediamo così, come una metafora, ma non la vedevano così gli antichi. Letteralmente, non sapevano di pensare e attribuivano agli dei i pensieri concependoli "concretamente" come voci nella testa. Oggi chi fosse convinto di questo verrebbe considerato schizofrenico. Già Ulisse è, sotto questo profilo, il primo uomo a cavallo tra mito e storia perché, anche se gli dei gli parlano, lui è innanzi tutto l'uomo dal multiforme ingegno. Sa di pensare e si pone in conflitto con gli dei o almeno con alcuni di essi - il conflitto con Poseidone (non a caso una divinità che presiede a fenomeni naturali, mentre Atena è la dea "della mente") ne è una dimostrazione evidente (ma potei citare la disfida tra titani e dei olimpici, anche). Dal momento che questo non è un processo che si compie dall'oggi al domani i due aspetti coesistono nei poemi omerici.
Se sposti l'asticella è la stessa cosa rispetto ai fenomeni che tu dici.
Il mistico ha le stimmate e dicono che vengono da fuori mentre invece potrebbero avere un'origine cerebrale. Si può dire lo stesso per le possessioni: ho parlato con un esorcista, tempo fa, e mi disse di avere incontrato, durante la sua ultratrentennale carriera, pochissimi casi di reale presenza diabolica - da contarsi sulla punta delle dita, diceva. Negli altri casi sarebbe bastato un neurologo, uno psichiatra, o anche solo uno psicologo.
Possibile che un domani se ne trovi una spiegazione e si consideri "primitivo" chi non c'era arrivato.
La risposta alla domanda sul caos è sì.
Ogni sforzo per mettere ordine si traduce sempre e comunque, dopo lunghissimi processi e trasformazioni, in aumento dell'entropia - vale a dire caos indifferenziato che annulla le differenze di temperatura fino ad arrivare alla morte dell'Universo per massima entropia.
L'evoluzione dello spaziotempo - fisica, chimica, biologica, culturale - non tende all'ordine e alla vita, ma al caos e alla morte. Per inciso, anche volendo tener conto della materia oscura, non ce n'è abbastanza per un "big crunch" cioè per un universo ciclico - anzi le ultime scoperte inducono a ritenere che l'energia oscura (che rappresenterebbe il 70% circa dell'esistente) accelera esponenzialmente l'espansione dello spazio tempo (che si allarga molto più in fretta del previsto e di quanto sembrerebbe derivare dal "semplice" big bang) verso, appunto, la dispersione della materia e la massima entropia.
L'universo che tende naturalmente verso la coscienza mi pare una petizione di principio camuffata.
A parte il fatto che non sappiamo che cosa succederà alla coscienza, questa visione sottende l'esigenza di un "disegno" (la famosa teoria del "disegno intelligente").
Dal momento che incoscienza e coscienza non possono coesistere
- o si ammette un qualche disegnatore che però non è il disegno - che è nato incosciente (la vecchia idea del demiurgo)
- o si ammette che casualmente - e in fondo visti i "numeri" con cui abbiamo a che fare (miliardi di galassie, con miliardi di stelle) è possibile - sia uscita dalla lotteria cosmica una combinazione che, tra chissà quante altre, ha permesso una forma di coscienza. Ma questa forma di coscienza che dice "wow, gente, io sono lo scopo di tutto e l'universo è nato perché io potessi nascere" mi pare un tantino presuntuosa.
Fabio: Beh!... Ecco, in effetti e con molto ottimismo immagino un’evoluzione dell’intelligenza; sia pure umana, nel caso di una sua reale unicità nell’universo. Almeno a uno stadio che non renda così appropriatamente comica la tua ultima affermazione. Vedendo la cosa nel suo insieme, tuttavia, non già come un demiurgo che da inconsapevole diventa consapevole, ma come Dio che sperimenta sé stesso nello spazio-tempo (essendone totalmente avulso).
Cioè, più la coscienza si espande e comprende, più si avvicina e rispecchia la sua matrice divina. Il concetto appare ed è sicuramente anche un po’ arzigogolato -peraltro presente anche in qualche filosofia, credo- però ho sempre pensato che se un dio onnipotente esiste, in effetti, nulla può aver fatto di meglio che “ricreare” sé stesso.
Sul discorso dell’entropia, questo disperdersi della materia e della sua energia nei gelidi abissi del vuoto cosmico, invece, mantengo da buon sognatore le mie belle e forti riserve; proprio perché non si sa nulla della possibile struttura multidimensionale dell’universo. Dalla fisica teorica, dopotutto, sono spuntate pure idee che prevedono la continua collisione di universi (immaginati come membrane che fluttuano nel vuoto!) con conseguente creazione di Big bang multipli.
Insomma, chi più ne ha più ne metta di queste ipotesi!...
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La teoria del Big bang, in ogni caso, unita a quella del Big crunch che -ottimisticamente scrivendo e quantità di materia oscura permettendo- vedono esplosione e implosione come l’eterno pulsare del cosmo, è quella che preferisco nella sua logica e circolarità. Anche se, come tutte le altre così lontane dalla nostra diretta osservazione, rimane soltanto un modello matematico.
Illustrazione di Joaquín S. Lavado (Quino)
Rubrus: Quando sento parlare di "unicità dell'intelligenza umana nell'universo" mi viene da rispondere come in "Contatc": se fossimo soli sarebbe un bello spreco di spazio.
E ovviamente c'è la risposta al paradosso di Fermi: "se ci sono altre specie intelligenti nell'universo perché non sono già qui? Perché sono intelligenti".
Fuor di battuta.
Quando creiamo una "scala" di intelligenza, giochiamo con le carte truccate, cioè usiamo parametri che tendono a porre noi al vertice di questa scala.
Lo abbiamo sempre fatto, a partire dal "facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" anche perché non possiamo concepire una forma di intelligenza che non sia in qualche modo "umana".
L'evoluzione però non ha un "fine".
Se proprio dobbiamo arrivare a concepirne uno, o almeno qualcosa che gli assomigli, è la sopravvivenza.
Sotto questo profilo, l'uomo non si pone affatto al vertice della scala.
Non siamo per nulla le creature più diffuse sul pianeta. La maggior parte delle specie di invertebrati ci batte - e non parliamo dei batteri.
Non siamo nemmeno la specie "più vecchia" (anzi, siamo tra le più giovani) o più longeva, in termini evolutivi e non, del pianeta. Basti pensare a tartarughe o squali.
Men che meno siamo la specie più resistente del pianeta. Il banale scarafaggio ci sopravanza di parecchio.
Quanto ad altri pianeti... boh.
Naturalmente l'idea di un'entità perfetta cui assomigliamo, verso cui ci dirigiamo e / o che magari ci viene incontro e molto, molto, molto consolatoria e gratificante. Le "rubiamo", a questa divinità, un po' di perfezione.
Ma è contraddetta dal fatto che il mondo è tutt'altro che perfetto - che è poi l'aporia sulla quale cadono tutte le religioni: solitamente viene posta nei termini del "problema del male".
Un ente perfetto che crea un mondo imperfetto (ed esseri imperfetti) o è egli stesso imperfetto o lo fa apposta. E, se così è, si arriva inevitabilmente alla conclusione di John Milton / Satana ne "L'avvocato del diavolo": "Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a proposito di Dio: a Dio piace guardare! È un guardone giocherellone! Riflettici un po': lui dà all'uomo gli istinti... ti concede questo straordinario dono e poi che cosa fa? Te lo giuro che lo fa per il suo puro divertimento, per farsi il suo bravo, cosmico, spot pubblicitario del film! Fissa le regole in contraddizione! Una stronzata universale! Guarda, ma non toccare... tocca, ma non gustare... gusta, ma non inghiottire! E mentre tu saltelli da un piede all'altro lui che cosa fa? Se ne sta lì a sbellicarsi dalle matte risate! Perché è un moralista, un gran sadico! È un padrone assenteista! Ecco che cos'è! E uno dovrebbe adorarlo? No, Mai!"
Insomma, non c'è nessuna spiegazione "ordinata" e "razionale" che superi il caos del mondo. Come dicevo, è possibile una risposta di fede, ma non è una risposta conoscibile, esprimibile, comunicabile, praticabile se non per via di "grazia".
Perché sia "possibile" è però necessario prendere atto di quella dimensione di "mistero", nel senso che dicevo prima, in cui sola questa fede potrebbe trovare una sua "realtà".
Fabio: Si Deus est, unde malum? (S. Agostino)
L’illuminazione o il sofisma con il quale si rispose il filosofo fu che i cosiddetti “mali di natura”, cioè tutti quelli non imputabili alla nostra facoltà di scelta e libero arbitrio, fanno parte della struttura gerarchica dell’universo. Poiché ogni cosa in sé è un bene, soltanto la cui corruzione o privazione costituisce ciò che noi definiamo il male. S. Agostino, fra l’altro, non credeva nell’esistenza di un male assoluto o nel diavolo; perché avrebbe negato l’incorruttibilità di Dio.
“Io non potevo pensare a cose migliori, dacché ho cominciato a pensarle nel loro assieme; si possono giudicare migliori le cose superiori che non le inferiori, ma con giudizio ben più sano c’è da affermare migliore l’universo…”
Tutto, insomma, è utile a completarlo ed esiste per contrasto.
Possiamo poi pensare con afflizione, certo, anche a vari generi di catastrofi naturali, imperfezioni e malattie, ma forse un giorno avremo anche i mezzi e la conoscenza per prevedere, correggere e curare questi “mali”. Dipende molto da come e quanto siamo disposti ad applicare le nostre facoltà; l’intelligenza o quel qualcosa che, forse, ci è stato donato e che già ci ha permesso di comprendere molte cose sulla nostra natura.
Una questione di fede, in ogni caso, come giustamente continui a ricordarmi.
Rubrus: In realtà anche nella tradizione cristiana ci sono diverse visioni del male, quella cui tu fai riferimento è quella secondo la quale il diavolo è quella forza che vuole il male ma che finisce per operare il bene (e quindi in definitiva è solo questione di prospettiva, un po' come una amara medicina di cui non comprendiamo il funzionamento, ma ci fa bene). Credo che fosse anche l'idea che ne aveva Ratzinger.
Ovviamente si pone sempre in un'ottica di fede perché comunque adesso devi credere che in futuro quello che ora ti sembra male acquisterà un senso in un disegno votato al bene. Se ce l'hai arrivi a pensarla come Manzoni che diceva "Dio non turba la gioia dei suoi figli se non per prepararne una più certa e più grande". Se non ce l'hai giungi alla conclusione del Reverendo Jacobs di "Revival" di King ossia (vado a memoria) che la religione è un po' come una barzelletta di cui ci verrà raccontata la fine dopo la morte (per inciso, potrebbe conseguirne che, se ti reincarni in continuazione o perdi la tua individualità nel tutto hai voglia ad aspettare...).
Fabio: ...Riguardo alla faccenda del Male, qualche "annetto" fa, ho scritto pure un raccontino che racchiude diverse delle cose trattate.
"Quattro chiacchiere col diavolo"
Rubrus: Be' su di lui io ho scritto tre racconti
1. "Il modo migliore" (Balefar il Logico è il nome di un demone) 2. "Vendistica" 3. "Inferni" (che avevi già letto).
Non c'è bisogno che ti dica che la figura dell'Avversario ha subito mutamenti radicali nella visione ebraica (e per l'effetto in quella cristiana) dopo la cattività babilonese e l'incontro col dualismo manicheo. Poco a poco, anche a causa della situazione politica, si è pensato che ci volesse un'entità con gli attributi per giustificare il male nel mondo e, agli ebrei deportati che si chiedevano dove fosse il loro dio, si rispose che c'era, ma c'era anche un principio contrario autonomo e individuale fonte di ogni tormento che era subordinato a Dio (nessuno dualismo) che era destinato a esser sconfitto, ma che era anche in grado di fare un bel po' di danni.
Il Serpente biblico non è il diavolo, l'identificazione con esso è più tarda. Il Serpente è il tentatore, ma non uno spirito ribelle e contrario, bensì "la più astuta tra le bestie della terra".
Nel libro di Giobbe l'Avversario è subordinato a Dio - gli chiede il permesso di tormentare Giobbe - ma assolutamente distinto e autonomo da esso (e può arrivare davanti al Suo trono senza problemi).
Nel Vangelo è "il principe di questo mondo" cui sono stati dati "tutti i regni di questa terra". Dio di qua e lui di là, insomma. E più o meno è l'idea che sta nell'Apocalisse dove si prefigura la sua sconfitta finale. S.Paolo - il fondatore del cristianesimo, si può dire, o almeno il suo sistematizzatore - con tutti i suoi discorsi sulla "carne" e sul "mondo" è vicino a questa visione.
Nel Medioevo è soprattutto il Grande Secondino celeste. Serve a punire i cattivi e a tormentare i buoni che possono trovare rifugio solo nella religione (e soprattutto nella chiesa). Sono convinto che, senza saperlo, molti uomini del medioevo avevano una visione più "manichea" che cristiana in senso proprio - a fare la differenza con la religione persiana era lo "arrivano i nostri" nascosto nell'Apocalisse.
Insomma, puoi dare a questa figura un po' la sfumatura che vuoi a seconda della tua particolare visione del mondo.
Del resto una visione dualistica e manichea ha questo vantaggio: spiega il mondo molto facilmente. Un'entità fa il bene, un'altra il male e i due se le danno di santa ragione per tutto il tempo per interposta persona. L'unica cosa da fare è stare nella squadra giusta e sperare che vinca.
Anche una visione animista - che (secondo me) nei secoli si è "raffinata" fino ad arrivare alle varie forme di panteismo, immanentismo ecc. - non se la cava male. Dice che il male non esiste (è solo una questione di interpretazione) e fa tutto viene da Dio (o dal mondo se dio e mondo sono la stessa cosa) come la funzione "segreteria telefonica" sul cellulare che costa, che ti ritrovi sempre installata senza averla chiesta e che nessuno ti disabilita mai. Quindi prendi tutto il pacco regalo e zitto - e cerca di non fare inc** il gestore (che è poi lo spirito "contrattualistico" delle religioni più antiche).
Cioè, più la coscienza si espande e comprende, più si avvicina e rispecchia la sua matrice divina. Il concetto appare ed è sicuramente anche un po’ arzigogolato -peraltro presente anche in qualche filosofia, credo- però ho sempre pensato che se un dio onnipotente esiste, in effetti, nulla può aver fatto di meglio che “ricreare” sé stesso.
Sul discorso dell’entropia, questo disperdersi della materia e della sua energia nei gelidi abissi del vuoto cosmico, invece, mantengo da buon sognatore le mie belle e forti riserve; proprio perché non si sa nulla della possibile struttura multidimensionale dell’universo. Dalla fisica teorica, dopotutto, sono spuntate pure idee che prevedono la continua collisione di universi (immaginati come membrane che fluttuano nel vuoto!) con conseguente creazione di Big bang multipli.
Insomma, chi più ne ha più ne metta di queste ipotesi!...
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La teoria del Big bang, in ogni caso, unita a quella del Big crunch che -ottimisticamente scrivendo e quantità di materia oscura permettendo- vedono esplosione e implosione come l’eterno pulsare del cosmo, è quella che preferisco nella sua logica e circolarità. Anche se, come tutte le altre così lontane dalla nostra diretta osservazione, rimane soltanto un modello matematico.
Illustrazione di Joaquín S. Lavado (Quino)
Rubrus: Quando sento parlare di "unicità dell'intelligenza umana nell'universo" mi viene da rispondere come in "Contatc": se fossimo soli sarebbe un bello spreco di spazio.
E ovviamente c'è la risposta al paradosso di Fermi: "se ci sono altre specie intelligenti nell'universo perché non sono già qui? Perché sono intelligenti".
Fuor di battuta.
Quando creiamo una "scala" di intelligenza, giochiamo con le carte truccate, cioè usiamo parametri che tendono a porre noi al vertice di questa scala.
Lo abbiamo sempre fatto, a partire dal "facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" anche perché non possiamo concepire una forma di intelligenza che non sia in qualche modo "umana".
L'evoluzione però non ha un "fine".
Se proprio dobbiamo arrivare a concepirne uno, o almeno qualcosa che gli assomigli, è la sopravvivenza.
Sotto questo profilo, l'uomo non si pone affatto al vertice della scala.
Non siamo per nulla le creature più diffuse sul pianeta. La maggior parte delle specie di invertebrati ci batte - e non parliamo dei batteri.
Non siamo nemmeno la specie "più vecchia" (anzi, siamo tra le più giovani) o più longeva, in termini evolutivi e non, del pianeta. Basti pensare a tartarughe o squali.
Men che meno siamo la specie più resistente del pianeta. Il banale scarafaggio ci sopravanza di parecchio.
Quanto ad altri pianeti... boh.
Naturalmente l'idea di un'entità perfetta cui assomigliamo, verso cui ci dirigiamo e / o che magari ci viene incontro e molto, molto, molto consolatoria e gratificante. Le "rubiamo", a questa divinità, un po' di perfezione.
Ma è contraddetta dal fatto che il mondo è tutt'altro che perfetto - che è poi l'aporia sulla quale cadono tutte le religioni: solitamente viene posta nei termini del "problema del male".
Un ente perfetto che crea un mondo imperfetto (ed esseri imperfetti) o è egli stesso imperfetto o lo fa apposta. E, se così è, si arriva inevitabilmente alla conclusione di John Milton / Satana ne "L'avvocato del diavolo": "Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a proposito di Dio: a Dio piace guardare! È un guardone giocherellone! Riflettici un po': lui dà all'uomo gli istinti... ti concede questo straordinario dono e poi che cosa fa? Te lo giuro che lo fa per il suo puro divertimento, per farsi il suo bravo, cosmico, spot pubblicitario del film! Fissa le regole in contraddizione! Una stronzata universale! Guarda, ma non toccare... tocca, ma non gustare... gusta, ma non inghiottire! E mentre tu saltelli da un piede all'altro lui che cosa fa? Se ne sta lì a sbellicarsi dalle matte risate! Perché è un moralista, un gran sadico! È un padrone assenteista! Ecco che cos'è! E uno dovrebbe adorarlo? No, Mai!"
Insomma, non c'è nessuna spiegazione "ordinata" e "razionale" che superi il caos del mondo. Come dicevo, è possibile una risposta di fede, ma non è una risposta conoscibile, esprimibile, comunicabile, praticabile se non per via di "grazia".
Perché sia "possibile" è però necessario prendere atto di quella dimensione di "mistero", nel senso che dicevo prima, in cui sola questa fede potrebbe trovare una sua "realtà".
Fabio: Si Deus est, unde malum? (S. Agostino)
L’illuminazione o il sofisma con il quale si rispose il filosofo fu che i cosiddetti “mali di natura”, cioè tutti quelli non imputabili alla nostra facoltà di scelta e libero arbitrio, fanno parte della struttura gerarchica dell’universo. Poiché ogni cosa in sé è un bene, soltanto la cui corruzione o privazione costituisce ciò che noi definiamo il male. S. Agostino, fra l’altro, non credeva nell’esistenza di un male assoluto o nel diavolo; perché avrebbe negato l’incorruttibilità di Dio.
“Io non potevo pensare a cose migliori, dacché ho cominciato a pensarle nel loro assieme; si possono giudicare migliori le cose superiori che non le inferiori, ma con giudizio ben più sano c’è da affermare migliore l’universo…”
Tutto, insomma, è utile a completarlo ed esiste per contrasto.
Possiamo poi pensare con afflizione, certo, anche a vari generi di catastrofi naturali, imperfezioni e malattie, ma forse un giorno avremo anche i mezzi e la conoscenza per prevedere, correggere e curare questi “mali”. Dipende molto da come e quanto siamo disposti ad applicare le nostre facoltà; l’intelligenza o quel qualcosa che, forse, ci è stato donato e che già ci ha permesso di comprendere molte cose sulla nostra natura.
Una questione di fede, in ogni caso, come giustamente continui a ricordarmi.
Rubrus: In realtà anche nella tradizione cristiana ci sono diverse visioni del male, quella cui tu fai riferimento è quella secondo la quale il diavolo è quella forza che vuole il male ma che finisce per operare il bene (e quindi in definitiva è solo questione di prospettiva, un po' come una amara medicina di cui non comprendiamo il funzionamento, ma ci fa bene). Credo che fosse anche l'idea che ne aveva Ratzinger.
Ovviamente si pone sempre in un'ottica di fede perché comunque adesso devi credere che in futuro quello che ora ti sembra male acquisterà un senso in un disegno votato al bene. Se ce l'hai arrivi a pensarla come Manzoni che diceva "Dio non turba la gioia dei suoi figli se non per prepararne una più certa e più grande". Se non ce l'hai giungi alla conclusione del Reverendo Jacobs di "Revival" di King ossia (vado a memoria) che la religione è un po' come una barzelletta di cui ci verrà raccontata la fine dopo la morte (per inciso, potrebbe conseguirne che, se ti reincarni in continuazione o perdi la tua individualità nel tutto hai voglia ad aspettare...).
Fabio: ...Riguardo alla faccenda del Male, qualche "annetto" fa, ho scritto pure un raccontino che racchiude diverse delle cose trattate.
"Quattro chiacchiere col diavolo"
Rubrus: Be' su di lui io ho scritto tre racconti
1. "Il modo migliore" (Balefar il Logico è il nome di un demone) 2. "Vendistica" 3. "Inferni" (che avevi già letto).
Non c'è bisogno che ti dica che la figura dell'Avversario ha subito mutamenti radicali nella visione ebraica (e per l'effetto in quella cristiana) dopo la cattività babilonese e l'incontro col dualismo manicheo. Poco a poco, anche a causa della situazione politica, si è pensato che ci volesse un'entità con gli attributi per giustificare il male nel mondo e, agli ebrei deportati che si chiedevano dove fosse il loro dio, si rispose che c'era, ma c'era anche un principio contrario autonomo e individuale fonte di ogni tormento che era subordinato a Dio (nessuno dualismo) che era destinato a esser sconfitto, ma che era anche in grado di fare un bel po' di danni.
Il Serpente biblico non è il diavolo, l'identificazione con esso è più tarda. Il Serpente è il tentatore, ma non uno spirito ribelle e contrario, bensì "la più astuta tra le bestie della terra".
Nel libro di Giobbe l'Avversario è subordinato a Dio - gli chiede il permesso di tormentare Giobbe - ma assolutamente distinto e autonomo da esso (e può arrivare davanti al Suo trono senza problemi).
Nel Vangelo è "il principe di questo mondo" cui sono stati dati "tutti i regni di questa terra". Dio di qua e lui di là, insomma. E più o meno è l'idea che sta nell'Apocalisse dove si prefigura la sua sconfitta finale. S.Paolo - il fondatore del cristianesimo, si può dire, o almeno il suo sistematizzatore - con tutti i suoi discorsi sulla "carne" e sul "mondo" è vicino a questa visione.
Nel Medioevo è soprattutto il Grande Secondino celeste. Serve a punire i cattivi e a tormentare i buoni che possono trovare rifugio solo nella religione (e soprattutto nella chiesa). Sono convinto che, senza saperlo, molti uomini del medioevo avevano una visione più "manichea" che cristiana in senso proprio - a fare la differenza con la religione persiana era lo "arrivano i nostri" nascosto nell'Apocalisse.
Insomma, puoi dare a questa figura un po' la sfumatura che vuoi a seconda della tua particolare visione del mondo.
Del resto una visione dualistica e manichea ha questo vantaggio: spiega il mondo molto facilmente. Un'entità fa il bene, un'altra il male e i due se le danno di santa ragione per tutto il tempo per interposta persona. L'unica cosa da fare è stare nella squadra giusta e sperare che vinca.
Anche una visione animista - che (secondo me) nei secoli si è "raffinata" fino ad arrivare alle varie forme di panteismo, immanentismo ecc. - non se la cava male. Dice che il male non esiste (è solo una questione di interpretazione) e fa tutto viene da Dio (o dal mondo se dio e mondo sono la stessa cosa) come la funzione "segreteria telefonica" sul cellulare che costa, che ti ritrovi sempre installata senza averla chiesta e che nessuno ti disabilita mai. Quindi prendi tutto il pacco regalo e zitto - e cerca di non fare inc** il gestore (che è poi lo spirito "contrattualistico" delle religioni più antiche).
La visione che preferisco io è quella "hai voluto la bicicletta, pedala" che spiega il male con la libertà (e non è incompatibile un principio personalistico subordinato volto al male). Sperando che, se ti fai male sul serio, qualcuno ti aiuti a tirarti su.
Ma non c'è nessuna ragione per preferire l'una o l'altra.
Una teoria weird del Tutto (video)
Ma non c'è nessuna ragione per preferire l'una o l'altra.
Una teoria weird del Tutto (video)
N.d.r. A parte quella iniziale, tutte le immagini sono state prese dal web.
Sul tema ci sono anche due libri intitolati come questo articolo. Uno è di Pierre Chaunu e l'altro di Bruna Tadolini.
Sul tema ci sono anche due libri intitolati come questo articolo. Uno è di Pierre Chaunu e l'altro di Bruna Tadolini.
Ciao ragazzi e complimenti per questa bella forma di dialogo intertestuale che permette di approfondire con vari testi e materiali succulenti.
RispondiEliminaForte la disanima della dinamica sovrannaturale/spiritualità, il motore di questa grande conversazione.
Giustamente e con la sua usuale correttezza Rubrus ricorda il fatto che credo nel Dio di Spinoza.
Dovessi sintetizzare il mio pensiero direi che nel cosmo è presente sia il Deus sive natura di Spinoza che il Chaos sive natura.
In un, per me, memorabile racconto a quattro mani con Robi, "Passagio per Orione" (mi piacerebbe metterlo qua su AD, se siete d'accordo fratelli) abbiamo cercato proprio di narrare mettendo in dialogo le due dimensioni.
Un altro che credeva nel Dio di Spinoza era Einstein (Nietzsche proprio non lo sopportava e neanche la sua idea di chaos, è c'è storicamente da capirlo).
Allora, come sappiamo tutti i test e gli esperimenti condotti sulla sua teoria generale della relatività hanno confermato in pieno le sue intuizioni stese in proposizioni, ma, è poco noto, è bello per me sapere che il grande Albert dedicò il resto della sua vita alla vana ricerca di una "teoria unificante", una teoria in grado di spiegare tutte le forze fisiche principali che regolano il funzionamento del Cosmo.
Questa "teoria del Tutto" che il noto fisico britannico Stephen Hawking ha descritto suggestivamente con l'espressione "vedere nella mente di Dio", rimane il Santo Graal della scienza.
E' curioso, come io e Rubrus, partendo da visioni diverse arriviamo alla stessa conclusione che questa ybris umana di voler "vedere nella mente di Dio" (non importa se il suo è il Dio di Agostino e il mio è quello di Spinoza) è sbagliata, prometeica, catastrofica.
Io credo che nessun uomo arriverà mai a comprendere "La teoria del Tutto".
Credo che solo gli artisti (Dante, Goethe, Joyce, l'etica di Spinoza, alcune parti della Gaya Scienza di Nietzsche e Einstein inteso come artista spinoziano) possano intuire (senza dimostrare) quella teoria. Perchè gli artisti immaginano solo quello che c'è dietro al velo, restando davanti al sipario di Maya.
E' un sacrilegio voler scostare quella abissale tendina.
Non facciamolo mai, cari fratelli e amici
Bravissimi, un abbraccio
Errata Corridge: come si sarà capito, il Chaos sive Natura è una teoria di Nietzsche.
RispondiEliminaCome dimenticare il disappunto quasi esistenziale di Einstein (mi pare che fosse in contrapposizione a Bohr) nell'affermare che "Dio non gioca a dadi" - a cui risponde il John Milton di cui sopra "Dio ha tirato i dadi una volta di troppo e ci ha fregati tutti". A me piace pensare che dica così perché il caos insito nei lancio dei dadi implichi la libertà che per John si è mutata in dannazione. Ecco perché si lamenta che Dio è un "padrone assenteista". Perché, se Dio avesse fatto il Padrone, Satana non si sarebbe ribellato. Invece si è ribellato e si è dannato - senza rimedio, a differenza dell'Uomo cui Dio ha concesso nella libertà la possibilità di salvezza. Per questo il diavolo odia l'uomo.
RispondiEliminaPS...a buon sodale di Telly da Stagira, penso che il mio dio sia affine a come lo concepivano Tommaso d'Aquino con forti influenze, per certi versi, Pascal, che dopotutto era un matematico.
RispondiEliminaBene Roberto, siamo arrivato a un punto dirimente della questione: Dio e Chaos si fronteggiano nella conversazione decisiva tra Amor Fati/ Necessità e Libero arbitrio.
RispondiEliminaSpinoza dice che il libero arbitrio non esiste e le cose vanno come devono andare e Agostino e Pascal gli rispondono che è meglio non dargli una mano in senso contrario!
Ahahhaha! Hanno ragione entrambi, abbiamo bisogno della ragione di tutt'e due in momenti diversi dell'esistenza, nel tempo giusto.
Atei e credenti si sono sempre sviscerati su questa faccenda (e non sempre dialetticamente) e invece a me pare assurdo che non si riesca a trovare un accordo in queste faccende tra laici e credenti.
Racconto una storia esemplare, quella della lettera di Einstein.
Come sappiamo, grazie alla formula E uguale mc al quadrato è possibile ottenereun'enorme quantità d'energia da una piccolissima variazione della massa.
E' il principio della fissione nucleare che nel 1938 gli scienziati tedeschi Frisch e Meitner realizzarono.
Einstein era fuggito dalla Germania già nel 1933, in quanto ebreo e pacifista e venne sapere dei maneggi dei due scienziati.
Terrorizzato da quello che Hitler avrebbe potuto ottenere da loro inviò una lettera personale al presidente americano Roosvelt in cui accennava alla possibilità di un ordigno nucleare e invitava il governo U.S.A a finanziare la ricerca sperimentale sull'energia atomica, per battere sul tempo i nazisti.
Pertanto: Dio non gioca a dadi, quello che ha fatto sembra non aver bisogno d'interventi umani ma per fortuna Albert non sposò in quel frangente la certo rilassante teoria dell'Amor Fati.
Dalla sua missiva nacue il comitato Briggs, incaricato di studiare le reazioni a catena dell'uranio e poi il Manhattan Project.
La conseguenza diretta fu il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki del 1945, un evento che fece inorridire Einstein, anche se ben conosceva le vittime americane di Iwo Jima e la strategia kamikaze dei giapponesi.
E incredibilmente, poco prima di morire, definì l'invio di quella lettera a Roosevelt il più grande errore della sua vita.
Appena prima dell'inizio della guerra fredda Albert dubitava del suo libero arbitrio che aveva sgraffignato dalle mani del Fuhrer la bomba atomica.
Se si riflette con attenzione su questa storia emblematica, si capisce che certe visioni dell'essere umano non devono contrapporsi fanaticamente annientandosi una con l'altra, ma cooperare e dialogare per capire qual'è l'applicazione idonea per quel frangente temporale.
Prendo in prestito una delle mie amata figure dal mondo animale.
Pensiamo a uno scarabeo: è un mostro che spinge palle di merda, secondo una casalinga infuriata di trovarsi uno scarafaggio in bagno, o un Dio che guida il sole lungo l'arco della giornata, come per gli antichi sacerdoti egizi?
Il punto è che Amor Fati e Libero arbitrio non sono reciprocamente esclusivi.
Le idee e le emozioni umane hanno sia un valore intrinseco, legato al momento temporale che vivono, e un altro simbolico, che ognuno di noi immette in esse
Una persona può percepire il coleottero come un dio, un altro individuo semplicemente come un scarabeo; nessuno dei due modi di vedere è sbagliato
Solo ognuno di noi può tradurre in pratica le due formulette generali dell'Amor Fati e del Libero arbitrio.
Ci saranno momenti in cui è giusto bearsi del presente senza implicazioni aggiuntivi e altri momenti in cui bisognerà dar aria alle maniche per darsi da fare e scongiurare lo scoppio di una bomba atomica nel nostro giardino.
Da che parte vogliamo stare? Siamo noi che dobbiamo decidere e scegliere.
E spesso alla svelta.
A questa affermazione è possibile rispondere ricorrendo alla distinzione tra logica formale e logica sostanziale.
RispondiEliminaLa logica formale, o minor, è quella che si occupa della verità o falsità delle proposizioni a prescindere dal contenuto ma solo in base alle relazioni tra le stesse.
La logica sostanziale, o maior, è quella che si occupa della verità o falsità intrinseca delle proposizioni in base al loro contenuto e a prescindere dalle relazioni.
In base alla logica formale, se un universo (lo dico in senso anche matematico) è soggetto al libero arbitrio, allora non può essere soggetto al destino - e viceversa. Dal punto di vista della logica formale amor fati e libero arbitrio sono reciprocamente esclusivi. Non possono coesistere all'interno dello stesso universo. O l'uno o l'altro. (il problema non si pone se relativizzo la proposizione: alcuni eventi sono predeterminati, altri soggetti al libero arbitrio - questo però comporta che l'universo sia soggetto al libero arbitrio).
In base alla logica sostanziale, invece, non possiamo dire se un universo sia soggetto al libero arbitrio o al destino.
Il problema è che il sentimento (alias il bisogno, la paura, il desiderio, la speranza ecc.) ci induce a trattare le ipotesi di logica formale come se fossero affermazioni di logica sostanziale.
Ritengo che la proposizione che mi piace di più, e che mi piace di più in quel momento - sia essa pro destino o libero arbitrio -, sia intrinsecamente vera quando invece, dal punto di vista della logica sostanziale, non posso affermarlo, mentre, da quello della logica formale, posso avanzare solo ipotesi.
Quindi, dal punto di vista della logica formale è impossibile che un dio sia anche uno scarafaggio (per esempio).
Dal punto di vista della logica sostanziale, non lo so.
Per affermare se, dal punto di vista della logica sostanziale, una proposizione sia vera o falsa ho a disposizione l'esperienza.
Essa mi consente di affermare con più che ragionevole grado di probabilità, per esempio, che non è vero che uno scarafaggio trasporta un globo di gas in cui avvengano miliardi di reazioni termonucleari al secondo.
Non mi consente di affermare, per esempio, che gli scarafaggioidi del pianeta X si siano evoluti in una razza intelligente. Ecco perchè Starship Troopers è un film e non un documentario.
Ovvio che se dico "sono io che decido se lo scarafaggio è un dio o un insetto" cioè se sono io che decido che cosa è uno scarafaggio, allora sposo la tesi del libero arbitrio.
Resta sempre da capire che cosa ne pensi lo scarafaggio...
Posso andare oltre la scienza, coscienza (soprattutto questa) e libero arbitrio e dire che l’universo esiste solo perché sono io a percepirlo? Tanto non c’è modo di provarmi che sbaglio, neanche con Kantiana logica. Ahah!!... Ragazzi, siete formidabili e apprezzo molto la vostra preziosa presenza qui.
RispondiElimina“Prendo in prestito una delle mie amate figure dal mondo animale.
Pensiamo a uno scarabeo: è un mostro che spinge palle di…”
Ci ho pensato, in effetti, e dopo tutte le riflessioni indotte precedentemente sono anche esploso in una risata.
Anche “lo scarafaggio che trasporta un globo di gas in cui avvengano miliardi di reazioni termonucleari al secondo” non è male come immagine, comunque.
Oh... qui dobbiamo scomodare PKDick e Cartesio. Il primo diceva è che la realtà è quella cosa che, anche se smetti di crederci non sparisce. La citazione più famosa del secondo non sto a farla. In realtà un modo di provare che sbagli c'è. Pensa a te stesso in forma di cellula uovo. Non essendoci un sistema nervoso, non c'è pensiero. Se fosse vero quanto dici non esistevi, all'epoca. Ma adesso affermi di esistere. E quindi? Da dove viene il pensiero? E per l'effetto, da dove vieni tu - e l'universo che dici esistere solo perchè lo percepisci?. Non confondiamo "essere" e "esistere". E.T. è una creatura immaginaria - ma c'è. Però non esiste. E chi afferma il contrario deve ovviamente provarlo.
RispondiEliminaPotrei aver dato a tutti l’illusione del tempo (anche del mio passato di cellula uovo), un po’ come in Matrix. Più comodo che aspettare quasi quattordici miliardi di anni per avere un po’ di compagnia. Stranamente, però, questo e proprio il genere di speculazioni con cui non riesco a mantenerla. ;)
EliminaDunque avresti ingannato te stesso creandoti un passato illusorio. Il problema è che il pensiero non può concepire il non pensiero. E' come con l'elefante rosa. Se io ti dico "non pensare all'elefante rosa" tu, nel momento stesso in cui te lo dico, ci pensi. Se vuoi un altro esempio pensa alla scena di “Ghostbusters” dove i protagonisti non devono pensare a niente e a che cosa succede. E' come il nulla. Noi lo immaginiamo come uno spazio nero e vuoto, immenso. Ma non è il nulla. E' uno spazio nero, vuoto e immenso. Un affermazione universale negativa (io sono tutto) esclude necessariamente la negativa corrispondente (io sono nulla). Il problema è che, da un punto di vista logico, la universale negativa non è concepibile. Questo non vuol dire che la universale affermativa sia vera, solo che potrebbe esserlo - è quello che pensano gli psicopatici che credono di essere dio. L'esperienza però ci dice che l'universale affermativa è falsa. Se io ti scrivo in un momento in cui non pensi a me - e dunque, secondo la tua tesi, io non dovrei esistere - la tua tesi è falsa.
EliminaDifficile concepire qualcosa che non suoni folle o paradossale a provare un'idea del genere, ma anche una bella sfida che spero ti possa in qualche modo ispirare per un nuovo racconto (come l'ottimo "Digitus Dei"). Mi vengono però in mente i sogni e il modo in cui la mente “assembla” ricordi ed esperienze nel generarli. In quella “dimensione”, chiamiamola così, non abbiamo l’ombra di una chance per dimostrare a noi stessi che è tutto falso; le persone ci parlano, visitiamo luoghi, ecc… E tutto sembra ci sembra davvero “altro”, separato da noi. Anche se a volte, nei cosiddetti “sogni lucidi” che pure credo di aver sperimentato qualche volta, è possibile accorgersi dell’illusione.
Elimina(C’è anche una tua storia del mistero, fra l’altro e se ben ricordo -devo ripassare!- che si avvicina all’idea; in cui il protagonista vede progressivamente sgretolarsi la realtà dietro di sé. Poi penso anche alla domanda con cui si conclude la celebre poesia di Poe:
“Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo
non è che un sogno dentro un sogno?”)
Oh no... hai parlato del sogno lucido (capitano anche a me, ma più spesso ancora mi accorgo che sto sognando perchè ciò che accede è illogico, o assurdo). Ebbene. Se è vero che tutto è sogno allora non puoi accorgerti che stai sognando. Basta un solo sogno lucido o basta accorgersi che si sta sognando - e che quindi il sogno non è reale - perchè la proposizione "tutto è sogno" venga smentita. Mi ricordo di quel racconto, ma per ora non posso dartelo per ragioni di copyright. Il titolo è "La parola giusta" e - qui lo posso dire perchè tanto siamo tra noi - la mia interpretazione (l'interpretazione autentica, per così dire) è quella che ha dato @Blue commentando. Se vuoi, però, ti posso passare "Trekkers" (tecnicamente, credo che possa definirsi una "fanficiotn").
EliminaAttraverso i cunicoli spazio-temporali (i cosiddetti wormhole) che collegano due buchi neri si potrebbe teoricamente raggiungere un altro universo, o un'altra regione dello spazio tempo. Si potrebbero così raggiungere in un istante luoghi lontanissimi, o addirittura (forse) viaggiare nel tempo. Sfortunatamente per i viaggiatori spazio temporali, però, un wormhole si distruggerebbe appena anche una particella cercasse di attraversarlo, e ciò ne renderebbe l'uso praticamente impossibile.
RispondiEliminaPer la precisione,non può entrare nulla di fisico (allo stato attuale delle conoscenze) all'interno di una superficie sferica detta “orizzonte degli eventi”, nemmeno la luce. Tutto ciò che si trova all'interno di questo orizzonte, quindi, non ha rapporto di causa ed effetto con il nostro universo: non possiamo più vederlo, né sapere che cosa gli accada.
Questa è la barriera che "La mente di Dio" ha interposto tra noi e Lei/Lui.
Eppure non c'è bisogno di valicare quel limite, perchè, come dice Hermann Minkowski
«D'ora in avanti, lo spazio e il tempo in quanto tali sono destinati a svanire come semplici ombre e soltanto una sorta di unione dei due continuerà ad avere una realtà indipendente».
Mi capite? Il tempo non esiste senza lo spazio e allora non c'è niente che finisce che non abbia un un nuovo inizio.
Tutto è da sempre, simultaneamente.
Il nostro fine non può essere il fine della mente di Dio che non conosceremo mai.
Guai a chi voglia penetrare l'orizzonte degli eventi.
La fisica moderna ha sancito la fine della contrapposizione tra conoscenza e vita.
Nessuna conoscenza può essere assoluta, ma solo una rappresentazione del mondo come divenire nel tempo, soggetto alla curvatura del tempo.
E' dura da digerire ma non possiamo antropomorfizzare l'universo, non possiamo umanizzarlo. E non possiamo neanche dire che è dominato dal caso perchè la parola caso ha senso in contrapposizione ad un mondo di scopi.
Che esiste un limite invalicabile dalla mente umana è fuor di dubbio, Mauro; così come il fatto che ancora sono molto limitati i nostri strumenti d’indagine. Anche la mia idea di questo “Oltre”, poi (e come si evince dal testo, credo) devo dirti in tutta sincerità che si lega a una sensazione molto forte di qualcosa che non ha niente a che fare col caso.
EliminaCondizionamento culturale o mia voce interiore della coscienza? Chi lo sa. Continuerò a interrogarmi un bel pezzo sulla cosa, spero. Ecco, se proprio dovessi offrire un'immagine (e lo faccio, valà!...) io questo Dio, per ora, più o meno antropomorfizzato, me lo immagino proprio come quello dell’illustrazione di Quino (vedi sopra).
L'immagine di Quino è strepitosa e divertentissima ma preferisco quelle del grande Tullio Regge, che sarebbero bene rappresentate dalla tua arte grafica.
EliminaParlando del determinismo di Einstein e del probabilismo di Bohr, chiesero a Regge se esisteva una verità assoluta, un livello ultimo della realtà, per esempio quello relativo all’esistenza di teorie di grande unificazione tra relatività e meccanica quantistica, che Einstein invano cercò fino all'ultimo.
“Secondo me - rispose - non esiste un livello fondamentale della realtà”. Secondo lui certamente la fisica progredirà nelle sue conoscenze dell’ultrapiccolo, a energie sempre più elevate, ma ogni teoria valida a certe scale di lunghezza sempre più piccole, a energie sempre più alte, sarà superata da una nuova teoria.
Riteneva che, rispetto all’esistenza di un livello fondamentale, fosse più probabile e logicamente consistente l’esistenza di un’infinita successione di livelli sempre più fini. “Un po' come la buccia di una cipolla nella quale non esista l’ultimo strato, o come una matrioska russa composta da infinite matrioske una più piccola dell’altra”.
Una cipolla senza l'ultimo strato, una matrioska che scopre dentro di sè infinite piccole matrioske.
Questo è il mio Dio, quello di Regge.
Sì, l'infinito.
RispondiEliminaOh be'... se intorno a qualcosa non è possibile "dire" nulla - e direi che questo è proprio uno di quei casi - allora o non si dice nulla o si azzarda un'ipotesi. Ma è appunto questione di fede. Nulla di razionale. Al massimo di possibile.
RispondiElimina“Le meraviglie del possibile”… Mi hai fatto venire in mente e ritrovare nella mia libreria una bella antologia di racconti edita dalla Einaudi, Roberto, intitolata proprio così; raccolta che vale la pena consigliare e che, fra l’altro, contiene il racconto di Arthur C.Clarke “i nove miliardi di nomi di Dio” (che ora rileggo, entusiasmato dalla coincidenza, a quasi un ventennio di distanza dalla totale rimozione dalla mia memoria, e scopro non avere alcuna attinenza con gli argomenti trattati. Bhe!... C’è, però, il bellissimo “Fiori per Algernon” di Daniel Keyes e altri classici della fantascienza.
EliminaChe diamine, ascoltando il nostro ispiratissimo Fabio, ritorna l'auspicio che sia finalmente possibile farla finita con i dualismi, nella cultura Occidentale.
RispondiEliminaBasta con queste visioni da liceali di una supremazia dello spirito sulla materia o della materia sullo spirito: noi siamo spirito che intuisce e materia che si concretizza talvolta in azioni finalizzati a scopi momentanei, non solo l'uno o l'altra cosa.
E basta.
La biosfera è anche noosfera.
Noi siamo costituiti dalla Physis, quanto la natura di Eraclito è costituita dalla nostra attività di Percezione creativa.
L'evoluzione creatrice di Bergson e di Pierre de Chardin riconcilia Darwin e il Dio della Genesi, Gesù e Nietzsche, come aveva intuito anche Dietrich Bonhoeffer.
Dobbiamo assimilare finalmente Einstein e mettere negli scaffali le mummie come Tolomeo e Newton e puntare verso le stelle e quell'Intelligenza cosmica capace di convertire energia in materia e viceversa, di trasformare la materia in vita e per l'appunto la biosfera in noosfera.
Siamo tutti una gigantesca Creatura Creatrice pensante unita dall'infinito potere dello scorrere del tempo infinito e dalla conservazione continua di una limitata quantità d'energia che muta però eternamente i suoi livelli di manifestazione.
Il Cosmo si sta evolvendo fino a riunirsi con Dio, e le nostre coscienze non si espandono, non assimilano, non ci stanno dietro... ah, madre Paura (Necessità, Thanatos).
Ecco, Fabio, apre una porta su queste altre dimensioni dove i dualismi sono finiti...non è la vita eterna che muore, la Zoè, mutano il loro stato energetico/materico solo gli organismi, le singole, effimere Bios.
Questo s'insegnava ad Eleusi, agli albori della nostra civiltà, ed è a quella sorgente profonda che dobbiamo ritornare per tornare a sentire in modo cosmico e non più dualistico...
e allora, buona evoluzione creatrice a tutti!