sabato 15 febbraio 2014

Hai le mostruazioni?



( Paolina e Giacomo Lupardi, conti di Recanati )

“…coloro i quali vengono colti dal morbo, chiamato lupino o canino, escono di notte nel mese di febbraio, imitano in tutto i lupi o i cani, e fino al sorgere del giorno di preferenza scoprono le tombe. Tuttavia si possono riconoscere le persone affette da tale malattia da questi sintomi. Sono pallidi e malaticci d'aspetto, e hanno gli occhi secchi e non lacrimano. Si può notare che hanno anche gli occhi incavati e la lingua arida, e non emettono saliva per nulla. Sono anche assetati e hanno le tibie piagate in modo inguaribile a causa delle continue cadute e dei morsi dei cani; e tali sono i sintomi. E' opportuno invero sapere che questo morbo è della specie della melanconia;”

Galeno, Ars Medica, 160 A.C.









Ora che il mistero è stato svelato, ripercorro gli ultimi concitati avvenimenti della mia vita. La rivelazione è arrivata di notte, mentre camminavo da sola verso la cima del colle Tabor che sovrasta Recanati, alla ricerca di mio fratello Giacomo; quel luogo è il suo preferito per scrivere versi e contemplare la Luna. Temevo di assistere alla sua trasformazione in lupo mannaro, molti indizi mi rendevano sicura della tragica scoperta. Poi sentii un calpestio alle mie spalle, il suono forse di passi non umani, come quelli di un’orrida bestia che mi stava seguendo.
Lo avvertivo distintamente dietro di me e a quel punto mi prese un sentimento dominante d’angoscia.
Percepivo la presenza di un fiato freddo che mi arrivava all’orecchio, mi gelava il sangue.
Giacomo uscì da un cespuglio e si avvicinò porgendomi una boccetta di vetro:
— Presto Paolina, devi bere quest’infuso d’aconito e malva prima che il plenilunio raggiunga il massimo della sua potenza.


"O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva

Siccome or fai, che tutta la rischiari."






Diario segreto della contessa Paolina Lupardi, li 28 Febbraio 1816.


“Aconitum napellus”. Tutto cominciò quando trovai in un libro della grande libreria di nostro padre Monaldo, lasciato aperto perché consultato per studio da Giacomo, il nome scientifico di questa pianta medicinale, che i contadini di Recanati chiamano
 “Luparia” o “Strozzalupo”.
Sul libro era appoggiato uno stelo di Aconito ricolmo dei suoi bei fiori azzurro scuro dalla caratteristica forma d’elmo e un foglietto, dove era stata vergata da mio fratello una strana poesia, che non mi sembrava di suo pugno:
- Aconitum Napellus o Erba Luparia -

“ Anche una donna timorata di Dio che reciti ogni sera le sue preghiere/ può trasformarsi in Lupa Mannara/ quando l’Aconito fiorisce o la Luna Nuova risplende.”
Quei versi suscitarono in me profondi echi di presentimento, che la mia prepotente curiosità naturale rifuggì esaminando gli altri testi che Giacomo stava compulsando in quel segreto angolo della nutrita libreria di famiglia:


“ De Lycantropia” di Nynphanius.
“Metamorphoseon Libri”, Ovidio.
“Dialogo sulla trasformazione degli uomini in lupi” di Claude Prieur.
“Metamorphoseon Libri sive Asinus Aureus”, Apuleio.
“ De trasformatione hominum in bruta” di Thomasius.
“Naturalis Histoira”, Plinio.
“ Sulla natura venefica e medicinale dell’Aconitum Napellus”, Ulloa.


Ho sempre adorato i misteri e le ricerche insolite di mio fratello e come sono solita fare fin da bambina, ho cominciato a seguirlo ovunque.
Intanto a ogni plenilunio, Recanati era colpita da terribili omicidi, attuati da una Bestia sanguinaria che sgozzava e smembrava le sue vittime, senza cibarsene.

Diario segreto della contessa Paolina Lupardi, li 29 Febbraio 1816, ultimo giorno del Febbraio bisestile.

Giacomo ha istallato in uno scantinato occulto delle scuderie un laboratorio alchemico ed erboristico! Sono entrata di nascosto, dopo averlo pedinato (da bambina ero la più brava nel meraviglioso gioco del nascondino) e ho trovato questa sua cucina occulta. Ovunque, storte e alambicchi e fiori di aconito in grande quantità. Li sta distillando per ricavarne delle essenze, ma a cosa serviranno? Questa sera lo spierò, dopo cena. So che è vietato, perché ci sarà la Luna Piena, ma mi calerò dalla mia finestra, come il solito. Giacomo invece passerà dal passaggio segreto della biblioteca, lo so.
Ecco l’ho visto, nel suo laboratorio negromantico! Giacomo si è trasformato in Lupo Mannaro! Il suo volto ha cominciato ad allungarsi in un muso canino, mentre dai pori della pelle fuoriusciva un selvaggio vello lupesco, lacerando i suoi vestiti! Le gambe si torsero oblunghe e divennero possenti cosce di lupo, e le braccia zampe con gli unghioni e le orecchie pelose ed enormi e i denti si mutarono in lunghi canini a sciabola orribili, digrignanti, sbavanti e poi mi guardò e…ululò…uuuuuuhhhuuuuu… 

— Destati Paolina, svegliati!
Giacomo mi reggeva dolcemente la nuca e mi bagnava la fronte con una pezzuola inumidita. Il suo aspetto era quello del mio adorato fratello poeta. Il mio corpo destandosi sussultò:
— Giacomo, sei tu la Bestia!
— No, Paolina, quello che hai visto era solo illusione. E’ tempo che ti prepari ad ascoltare l’arido vero. Ti ricordi quello che ti ho sempre detto? E’ meglio sapere che non sapere, e il momento è venuto. Tieni, finisci di bere l’antidoto.
Eravamo nel laboratorio occulto e Giacomo mi porse una boccetta di vetro, contenente uno strano liquido blu, che sorseggiai lentamente.
— Lo vedi quello specchio, Paolina?
Uno specchio! Posto nello stesso punto dove avevo assistito alla terribile mutazione di Giacomo in Lupo Mannaro!
Ma allora, io, io, io…ero la Bestia! La Donna Lupo! La Lupa Mannara!
Lentamente mi rendevo conto di essere sulla sommità del colle Tabor. La Luna era piena e una lieve brezza mi causò brividi o forse l’angoscia era calata nel mio cuore e l'aveva murato vivo?
Per fortuna Giacomo mi parlava con la sua usuale gentilezza.
— Ecco, Paolina, ora aspetteremo insieme l’effetto dell’antidoto. Se funzionerà, sarai libera, altrimenti…meglio non narrarlo.
Strinsi forte la sua mano:
— Non potrei farti del male, Giacomo, piuttosto mi ucciderei!
— Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Lascia che ti racconti come tutto è cominciato, Paolina. Il Vero lenirà la tua angoscia e aprirà la tua mente, rendendo più efficace l’azione dell’antidoto.
— Come sono potuta diventare una Bestia orrenda, Giacomo, nel nome di Dio!

- Adelaide Antici Lupardi -

— Tutto cominciò con lo sguardo severo di nostra madre Adelaide: se ti guardi dentro e fino in fondo, ritrovi quell’occhiata minacciosa, l’unica carezza che ha accompagnato la nostra infanzia.
— Sì Giacomo, ancora adesso, dopo tanti anni, gira sempre per tutta la casa e a tutte le ore per terrorizzarci con le sue regole d’austerità morale assurde e assolutamente impraticabili.
— La sua fede rigida e tirannica, da un lato le ha dato forza nei momenti più dolorosi e difficili della sua vita, ma dall’altro l’ha condotta a soffocare la nostra vita.
In nome del suo fanatismo insensato ha sempre considerato la bellezza e la vitalità naturale come una vera disgrazia, e vedendo per esempio la mia spina dorsale bifida, a causa della tisi deformante, ha sempre ringraziato Dio, e non per cristiano senso di sopportazione, ma con grande gioia! Non ci ha mai aiutato a nascondere o a correggere i nostri difetti fisici, anzi ha sempre preteso che fossero per noi motivo di riflessione per rinunciare alla nostra gioventù! Per lei la felicità è sempre consistita nell’altro mondo della morte, e con la sua mano scheletrica ha sempre cercato di strappare anche noi dalla calda, colorata e luminosa vita al di qua.
Ecco come inizia questa storia terribile, Paolina, ricordi il tuo primo menarca? Rammenti lo spavento, nel vederti insanguinata nelle parti intime? Nessuno ti aveva preparata all’evento, nessuno ti aveva spiegato niente. Corresti da me in lacrime e ti aiutai a pulirti, cercai nei libri medici la spiegazione di quello strano evento e riuscii a calmare i tuoi sensi sconvolti dall’angoscia.
Ma la tremenda madre venne a conoscenza dell’accaduto, e ti rinchiuse in camera per punirti. Le sue urla di rimprovero echeggiavano nel vetusto palazzo, mentre nostro padre Monaldo se ne stava impietrito e imbelle a leggere i suoi patetici libelli politici; mentre la follia irrompeva nelle nostre giovani menti:
“ Hai le mostruazioni, Paolina, hai le mostruazioni! Ora sei più distante da Dio e più lontana dagli angeli e se non ti ripari nel sicuro porto di tua madre, sarai maledetta per sempre! Gli uomini non devono sapere, non devono vedere i segni della nostra oltraggiosa corruzione!
Da oggi userai questo potente profumo disinfettante per occultare l'odore nauseabondo delle mostruazioni e indosserai vestiti neri e pesanti e nei giorni del disturbo mensili non frequenterai maschi! Solo così non sarai un mostro, solo così non sarai preda delle mostruazioni! ”
Mentre Giacomo ripercorreva l’orrore di quegli eventi, presi a singhiozzare e il mio caro fratello mi passò il suo fazzolettone verde per asciugarmi gli occhi. La Luna era ora alta e mi sentivo strana ma risollevata, vigorosa, quasi insolitamente eccitata…
Mi versò ancora dell’antidoto, - un preparato di aconito e malva, mi spiegò – e riprese quel drammatico racconto:
— Nostra madre era arrivata al punto di mistificare anche la parola. Io ti spiegai che il termine corretto era “Mestruazioni” e non “Mostruazioni”, e derivava da “Mens”, mese in latino e non da Mostro. Ogni mese quel disturbo sarebbe ritornato, in modo naturale, come torna ogni mese la Luna piena.
L’austera Adelaide però vigilava e per mesi ci tenne separati.
Poi, una notte di plenilunio ti ho visto scendere dalla finestra, aggrappata con grande agilità alla robusta edera del palazzo Lupardi, e vagare per il giardino.
La luce della Luna rivela il vero volto delle cose, rendendo smorto ciò che sembra importante di giorno, e rendendo vivo e vero quello che alla luce del Sole viene dimenticato, ostacolato e represso.
Discesi anch’io in giardino e ti seguii, mentre ascendevi verso la cima del colle Tabor. Il tuo sguardo era rivolto alla Luna ed era vitreo, fisso, in preda a quella stana malattia chiamata sonnambulismo. Erano i primi di luglio e l’aconito napello era in fiore.
Cominciasti a toglierti tutti i vestiti e ti addormentasti nuda in quella stupenda notte di luna piena.
Io non volevo destarti, poteva essere pericoloso per la tua salute e fu allora che vidi cominciare la tua trasformazione, che tu hai creduto la mia nello specchio.
Una volta mutata in Lupa Mannara cominciasti a ululare alla Luna e a spiccare dei balzi portentosi verso la notte stellata.
I tuoi occhi erano diventati arancioni come quelli dei gufi e trasmettevano energia, ferocia, potenza.
Per fortuna ero sottovento e non avvertisti la mia presenza.
Cominciasti a correre a quattro zampe, in direzione di un piccolo laghetto posto alla base del Tabor.
Ti seguii con cautela, tenendomi sempre sottovento e vidi che ti tuffavi, nuotavi e poi t'immergevi con straordinario vigore nello specchio d’acqua.
Riemergesti dopo aver ghermito uno splendido cigno reale, che invano si dibatteva nelle tue fauci.
Giunta a riva lo divorasti.

- Paolina Lupardi -

Povera la mia Paolina, quella pazza di nostra madre ti aveva spinto a diventare la Bestia!
Da allora mi sono immerso in uno studio matto e disperatissimo, per cercare di liberarti da questa maledizione, e ho creato il laboratorio e quest’antidoto composto di aconito e malva.
E ora siamo al momento fatale, Paolina: la Bestia lotta dentro di te per uscire contro l’antidoto creato dal mio amore fraterno per farti rimanere essere umano.
Lo vedo dai tuoi occhi, sorella; uno è arancione come quello dei rapaci notturni e un altro è nocciola, quello della mia adorata Paolina.
Lascia che ti abbracci: forse saranno le tue zanne e i tuoi unghioni o forse le tue calde lacrime di gioia a ghermirmi; comunque sia, Paolina, questa storia finirà per te con quelle carezze che nostra madre non è mai stata capace di darci.



"Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?"



Io ti prego Mamma Luna, ti prego, salvaci.
La nostra vita autentica è quella notturna, lunare, sotterranea; quando la nostra mente superba e  prepotente s’addormenta e siamo tutti accolti dall’ospitale abbraccio di Madre Natura.
Io ti prego non per me, ma per Paolina.
Non essere matrigna con lei, lei che non ha mai avuto una vera mamma.





NOTE DELL'AUTORE
·             Consiglio al gentile lettore di stamparsi questa storia, se l'avvince. Il testo è infatti concepito come inserto per essere stampato e letto con calma e partecipazione.
·             L'episodio della madre che reprime il fatto naturale delle mestruazioni, terrorizzando psicologicamente la figlia, è vero e ne sono stato testimone. Ovviamente il fatto non ha niente a che vedere con la reale Adelaide Antici Leopardi, anche se il suo atteggiamento religioso fanatico, riportato nel racconto, è stato testimoniato da Giacomo, Carlo e Paolina Leopardi, nello Zibaldone dal primo, e nelle loro memorie dagli altri fratelli.
·             Le ultime quattro righe dell'Avviso del Conte Monaldo Lupardi, sono versi poetici di Giorgio Caproni, tratti dalla sua raccolta "Il Conte di Kevenhuller".
·             La poesia trovata da Paolina nella biblioteca è un rifacimento al femminile della celebre lirica contenuta nel film del 1941, "L'uomo lupo" , diretto dal regista George Waggner e vera pietra miliare del genere horror: 
·             Even a man who is pure of heart and says his prayers by night may become a wolf when the wolfbane blooms and the autumn moon is bright.
·             (Anche l'uomo che ha puro il suo cuore, ed ogni giorno si raccoglie in preghiera, può diventar lupo se fiorisce l'aconito, e la luna piena splende la sera.)
·             Importante debito da saldare è anche quello con Michele Mari, a mio parere il migliore scrittore italiano di narrativa, e al suo romanzo culto " Io venìa pien d'angoscia a rimirarti". Una meraviglia che non si può non leggere, scritto in un godibilissimo italiano settecento/ottocentesco, ci narra di un indimenticabile Giacomo Leopardi Mannaro. Formidabile.
·             Il racconto è dedicato a tutte le donne, per tutta la repressione e la ferocia che devono ogni giorno subire da un mondo sempre più maschilista e violento.
·             A Giacomo Leopardi e alla commovente tenerezza che si respira nelle lettere alla sorella Paolina. Quello è l'antidoto.


Racconto di
  Mauro Banfi



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