domenica 22 dicembre 2013

L' immagine dalla geometria impossibile


Estratto dal diario del signor J. Monge
13 Febbraio 1922

 È noto che scene particolarmente orribili possono impressionare a tal punto un uomo da condurlo alla pazzia; nondimeno quanto ho realizzato in un momento di satanica ispirazione.
L’opera, tuttavia, non ha niente a che fare con tutto ciò che suscita forti sentimenti di paura e ribrezzo; infatti, si tratta soltanto di un disegno, o meglio, di un dipinto che rappresenta una composizione di figure geometriche sospese nel cielo di uno scenario surreale.
Soggetto certamente molto strano, ma non quanto la sua inspiegabile proprietà di lasciare gravemente interdetto qualsiasi spettatore.
Prima di proseguire con la sua descrizione, permettete ora ch’io mi presenti, onde evitare che il rapido degradarsi dell’ intelletto mi porti a dimenticare il mio stesso nome.
Io sono John Monge, il famoso artista che ha geometrizzato i colori in più di duecento opere di stampo surrealista ora disgraziatamente oggetto del più ottuso e spietato biasimo.
La mia ultima creazione, in particolare, ha fatto letteralmente impazzire la critica; ragion per cui non vi descriverò completamente ciò che inghiotte l’animo umano in terrificanti abissi di follia, ma per dichiarare la nefasta casualità del modo in cui ho servito il Male, vi giuro, per quanto possiate credermi, che io stesso trovo assolutamente incomprensibile il potere aberrante e mostruoso della mia opera; capace di offendere la ragione debilitandola per sempre.
Tal bestemmia artistica è estranea al mio mondo interiore, è forse il frutto di un automatismo diabolico, di qualcosa che ancora mi sforzo di comprendere.
Senza dubbio un demone m’ha governato mentre dipingevo.


[…cancellature e scarabocchi nel testo originale]


Il quadro, come spiegavo, rappresenta una gruppo di figure geometriche formate intersecando alcuni solidi.
Lo rende spaventoso l’effetto d’illusione ottica prodotto dalla complicata disposizione delle figure; illusione di cui io stesso continuo a sorprendermi, poiché raggiunta con la casuale astrazione che, in accessi di bizzarria, manifesto per rendere originali le mie composizioni.
E’ colorato vistosamente e le ombreggiature hanno un ruolo determinante nel simulare con sorprendente realismo la profondità delle figure geometriche e dello spazio in cui volano.
L’effetto è così strabiliante da indurre qualsiasi osservatore a disporsi in molte posizioni rispetto alla tela per sincerarsi dell’illusione prospettica. Ora nessuno mai dovrà più commettere questo errore, se vuole conservare la ragione!
Durante l’esposizione che ho curato al Veirdmas Museum di arte moderna, ho notato che in genere bastano pochi movimenti affinché chiunque possa rendersi conto che i giochi di luce e ombra del disegno producono uno strano, quanto devastante effetto sulla psiche.
Io stesso ho provato sgomento e la sensazione di non doverlo esporre, la prima volta che mi sono accorto di questa sua strana caratteristica; la mia mente rifiutava l’irrazionale illusione di quelle volumetrie astruse.
Consideravo che la visione di tale “magia” potesse avere uno strano potere sulle mie capacità di pensiero. Soltanto in seguito a una lunga e titubante riflessione quasi mi convinsi che stavo temendo delle sensazioni assurde, che non potevo provare davanti ad una semplice tela.
Dipinta da me stesso, per giunta!
Pensai, quindi, che mostrarla fosse il metodo più efficace per allontanare dalla mia mente l’insorgere di angosciose fissazioni isteriche; quella mera follia a cui stavo andando in contro, forse dovuta alla stressante attività che aveva preceduto i preparativi dell’esposizione.


[questa parte del testo risulta illeggibile]


molti hanno visto il quadro; nessuno mi crederà. La notizia, per ordine di chissà quale autorità, non è mai stata divulgata. Eppure, proprio a causa del mio dipinto sono morte decine di persone e si sono verificati dei fenomeni terrificanti in quella giornata.
Ho visto un uomo strapparsi tutti i capelli, dopo aver fissato a lungo la mia opera, urlando come un ossesso per poi mangiarsi le ciocche insanguinate. Mentre altri, in preda a un furioso delirio, distruggevano tutto ciò che capitava loro fra le mani.
La stessa esplosione di follia ha colpito chi, cercando di fermare questi sventurati, ha visto di sfuggita il quadro e non è più stato in grado di sottrarsi al suo potere ipnotico. Mi rendo conto del carattere assolutamente irrazionale ed incredibile di questa vicenda, e fate bene voi, ancora in possesso delle vostre facoltà, a dubitare; tuttavia, ciò non toglie ch’io adesso mi trovi realmente imprigionato nel reparto psichiatrico di un ospedale.
Il terribile senso di colpa, ogni tanto, mi spinge a punirmi con delle pericolose crisi autolesionistiche.
Qualche volta mi hanno legato. Probabilmente diverrò completamente pazzo nel giro di poche ore; così dicono.
Degli esperti hanno anche tentato di spiegarmi l’effetto del quadro.
Sostengono che abbia pescato dall’inconscio collettivo, ipotizzato dal dottor Jung come patrimonio psichico ereditabile attraverso i geni, una realtà logica molto complessa; tanto da confondere le risposte di alcuni centri nervosi del cervello. Il disegno, perciò, è divenuto oggetto di studio presso un’autorevole equipe di scienziati che hanno trovato il modo di neutralizzare il suo potere obnubilante indossando degli occhiali distorcenti.
Dicono che la straordinaria prospettiva del mio disegno crea una nuova percezione dimensionale, qualcosa che l’uomo non può sopportare coi suoi limiti sensoriali; questo perché la mente non è in grado di associare l’immagine agli schemi logico interpretativi con cui il cervello legge la realtà. L’impressione visiva, così, risulta tanto assurda da sconvolgere anche l’uomo più equilibrato.
Pare, inoltre, che l’aberrazione ottica sia talmente anormale da distruggere i centri dell’encefalo che presiedono al coordinamento della percezione visiva. Pertanto, chi ha visto il quadro, anche per pochi secondi, ed è riuscito a non lasciarsi dominare dall’impulso suicida che spesso suscita, accusa delle fortissime emicranie e può avere delle allucinazioni. Queste generalmente tendono ha riprodurre le figure del mio dipinto.
Io stesso continuo ad avere delle visioni orribilmente distorte della realtà. Cose che non oserei descrivere anche ai lettori meno impressionabili.
Ogni tanto, questo posso dirvelo, mi compare sulla testa un prisma gigantesco.
Ovviamente nessuno riesce a vederlo nella stanza ove sono ricoverato, tuttavia lo temo come la morte; scatena in me un terrore incontrollabile. Quando appare, mi gira attorno o rimane librato sulla mia testa per qualche minuto; poi cambia colori emettendo una strana vibrazione, fino a diventare gradualmente invisibile.
 Sembra vivo e mi opprime.
Spesso devo fingere tranquillità, altrimenti un robusto infermiere mi inietta del sedativo; fatto che accade per un non nulla. A volte basta che i guardiani mi vedano impallidire.
Questa allucinazione sprigiona anche dei gas iridescenti che a contatto con la pelle mi procurano fastidiose scosse elettriche. Se chiudo gli occhi per togliermelo dalla testa, sento il suo ronzio divenire in breve assordante ed un tanfo irrespirabile quasi mi soffoca.
Per diabolica coincidenza, oppure autosuggestione, se a ragion loro sono soltanto un folle, la cosa che sto descrivendo è riapparsa proprio in questo momento sulla mia testa.
E si abbassa.
 Molto lentamente.
Ho paura, non l’ha mai fatto prima.
Ma devo stare calmo. Del resto, una visione prodotta dalla mia mente non può nuocermi.
Ora sprofonda con la sua immensa mole nella mia testa, compenetrandola fino al collo. E’ inutile ogni movimento o tentare di rimuoverla; è immateriale. Adesso vedo attraverso la semi trasparenza della sua geometria impossibile.
Potrei ancora descrivere quanto accade, ma preferisco metter giù la penna. Sento un dolore terribile alle tempie.
Hanno preso a pulsare e son calde come in stato febbrile.






RAPPORTO COMPILATO DAL DOTTOR DAN DAYFELL
Responsabile del reparto di psichiatria del G.W. Hospital di Arkham

Il mio paziente era affetto da una grave forma di paranoia, complicata da esperienze allucinatorie che coinvolgevano tutti i suoi sensi. Accessi di follia che lo portavano ad inventarsi storie incredibili, indubbiamente molto suggestive e complesse.
A riguardo, devo precisare che l’assistito non ha mai realizzato dipinti come quello descritto nel suo diario; almeno secondo quanto mi hanno riferito i curatori della sua esposizione. Molte volte, altresì, ho notato che questi somatizzava con sorprendente rapidità le sue angosce ed era in grado d’influire negativamente su alcune sue funzioni vitali; come in una sorta di auto ipnosi. Patologia comune a tutti gli isterici gravi. In ogni caso, credo che questo non abbia niente a che fare con le cause del suo incredibile decesso. Il paziente, infatti, alle ore 5.30 di stamane è morto in seguito a una violenta emorragia cerebrale che, sfidando ogni legge fisica, biologica e della anatomia umana fino ad ora conosciute, ha creato all’interno del cranio una compressione tale da scindere le ossa che lo compongono.
Non è da escludere che ciò sia avvenuto anche a causa di una rara malformazione congenita che ha impedito alle ossa di suturarsi completamente nei primi mesi di vita.
Lascio in ogni caso alle autorità mediche competenti lo studio di questo straordinario fenomeno, con grande curiosità e la speranza che riescano a chiarirne le dinamiche.










Racconto di Fabio Cavagliano (1989)
con autoritratto

7 commenti:

  1. Un perfetto e micidiale weird tale: visionario, allucinante e anche dotato di un pizzico di humour che non guasta. Una micidiale espressione del potere daimonico dell'arte, del suo saperci condurre oltre, verso il Fato e altre dimensioni del subconscio.
    Ottima le tecnica alla Stoker del diario e della relazione finale; un racconto ad alto tasso d'immaginazione che sarebbe perfetto per una sceneggiatura per un fumetto o un film.
    Sempre grande il Cavaglian.
    Abbi gioia

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  2. Inoltre questo racconto ci introduce alla Quinta Dimensione: per quello che si conosce secondo la relatività generale ci sono 4 dimensioni = 3 spaziali ( altezza -lunghezza- profondità ) + 1 dimensione temporale.
    Da tempo si dibatte sulla quinta dimensione. Recentemente Interstellar ci ha mostrato la potenza dell'Amore, va bè, non sono molto sentimentale, ma va bè.
    Fabio ci mostra allora la Sesta Dimensione: quella dell'Immaginazione, delle Memoria, della Psiche. Ma attenzione, non la psiche che pensiamo di creare noi, ma la Grande Psiche che crea noi e non per niente cita Jung.
    Meditate gente, meditate e godetevi la Sesta Dimensione dell'immaginifico Fabio.
    Parola di Mauro il Moscone, 'sto tizio è un concentrato di Lovecraft e Andrea Pazienza, ve lo posso sottoscrivere: un genio assoluto!
    (Ciao Fabio, le cinquanta euro mandamele al solito indirizzo! Aahhahhah! Sei un grande)

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    1. Troppo buono, entusiasta, “forse” (mi regalo con grande ottimismo il beneficio del dubbio). In realtà, di questa mia sesta o comunque ignota fonte dimensionale, proprio come sostieni spesso tu, non sono sempre padrone. Anzi, a volte fatico pure a scrivere due righe. Credo che molto dipenda da quanto siamo ricettivi e pronti ad accogliere con entusiasmo i segnali provenienti da questo misterioso Altrove; messaggi che poi possono venir filtrati anche dall’inconscio e produrre nuove, meravigliose o terrificanti visioni. L’entusiasmo è tutto, insomma; quel riuscire a comunicare con efficacia le proprie fantasie e i sentimenti che le hanno prodotte, trovare qualcuno ben disposto ad ascoltarle.
      Per questo ti ringrazio.

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  3. Prendi il Necronomicon e trasformalo in dipinto. Naturalmente si potrebbe riempire il post con storie di dipinti maledetti partendo (e se si ci limita agli ultimi due secoli) due da "La mezzatinta" di MRJames passando per "Il ritratto di Dorian Gray" e fermandosi un pochino su "Duma Key". Ma non è il caso di fare excursus perchè sarebbero parziali. Noto che le qualità intrinseche del quadro, quelle cioè che ne determinano i poteri arcani o malefici, si astrattizzano, coerentemente col progressivo distacco, nell'arte, dal figurativo. Non è tanto il soggetto raffigurato ad essere maledetto (anche se questo tipo di quadri iellati continua ad essere presente in queste storie: pensa al quadro delle mani), quanto il modo in cui il quadro è dipinto; in questo racconto, come in altri, il soggetto in pratica non c'è - nè, coerentemente con la poetica lovecraftiana dell'indicibile, può esserci.
    Ciò che apprezzo di più, tuttavia, è la struttura del racconto che dà adito a più letture laddove si dice che il quadro, in realtà, non è stato dipinto - ma ne vengono dipinti gli effetti.
    Un modo di scrivere lontano dal pulp, più sussurrato, più sobrio, più sottile e che personalmente, specie nei racconti, dove non si ha il tempo di creare il climax, preferisco.

    PS: non vorrei sbagliarmi, ma il tempo NON è una dimensione, bensì una grandezza variabile dipendente dalla velocità.

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    1. Dalla mia prima lettura adolescenziale delle opere di Lovecraft, viene l’ispirazione che ha portato alla stesura e al desiderio di razionalizzare ancora di più l’idea (quella espressa, in particolare, nel racconto lungo “la casa delle streghe”), che certe forme angoli e strutture architettoniche possano in qualche modo canalizzare energie negative o comunque distorcere la percezione al punto da condurre l’osservatore sulla stessa “frequenza” o livello di esistenza dei Grandi Antichi. E credo ancora oggi, fra l’altro, senza essere proprio un fanatico del feng shui o cose simili, che ci sia un fondo di verità in questo (lo avverto soprattutto quando mia moglie cerca di “riordinare” gli spazi in cui viviamo. E’ in questi casi, infatti, che spesso Cthulhu mi appare e suggerisce/sussurra delle soluzioni... che per fortuna riesco sempre a evitare, scacciandolo.
      Per il resto, come e quanto hai apprezzato, confermo il mio obiettivo di offrire una doppia interpretazione; quella che prevede la pazzia comunque raziocinante del protagonista e quella che, invece, e con maggiore inquietudine dovrebbe indurre a ritener mendaci le conclusioni del dottore.
      Curiosità: Gaspard Monge, da cui ho preso il cognome, è anche il matematico francese e padre della geometria descrittiva, che tanto mi ossessionò ai tempi delle scuole medie con lo studio e applicazione grafica delle sue proiezioni ortogonali.

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  4. Per completezza, copincollando da wikipedia "In fisica moderna, il tempo è definito come distanza tra gli eventi calcolata nelle coordinate spaziotemporali quadridimensionali. La relatività speciale mostrò che il tempo non può essere compreso se non come una parte del cronotopo (altra parola per definire lo spaziotempo, una combinazione di spazio e tempo). La distanza tra gli eventi dipende dalla velocità relativa dell'osservatore rispetto a essi. La Relatività Generale modificò ulteriormente la nozione di tempo introducendo l'idea di uno spazio-tempo capace di curvarsi in presenza di campi gravitazionali. Un'importante unità di misura del tempo in fisica teorica è il tempo di Planck".
    Insomma, non esisterebbe il "tempo" come entità a sè stante, ma solo lo spaziotempo, o cronotopo.

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  5. Ho piacevolmente riletto questo capolavoro in cui sembra veder rivivere HPL, aggiornato in chiave grifabiesca, perché l'autore fa sì un tributo ma rimane riconoscibile.
    Reso benissimo il deragliamento mentale del protagonista, contrappuntato dalle parole finali del medico, in cui si riscontra il colpo di scena narrativo: personalmente mai mi sarei aspettato che il dipinto non fosse mai esistito.
    Racconto che, per quanto mi riguarda, è tra i tuoi che preferisco. Illustrazione fantastica.

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