Oh!… Beh! Non preoccupatevi!… Neppure io sono la persona più adatta a spiegarlo, visto che non possiedo una tale preparazione scientifica, ma pare sia una macchina in grado di volare fuori e dentro l’atmosfera terrestre riproducendo il moto dei pianeti.
Cioè, non un banalissimo razzo mosso da una propulsione che prima lo allontana dall’attrazione gravitazionale di un pianeta per poi avvicinarlo a quella di un altro, ma un’astronave in tutto e per tutto simile a quelle comunemente note con il nome di U.F.O o dischi volanti.
A coniare questo termine è il professor Alberto Basso Ricci, docente statale di elettronica generale e nucleare; autore di numerosi progetti riguardanti la struttura e il funzionamento di queste macchine.
Se pensate che questo articolo sia una burla o contenga delle informazioni inesatte, controllate pure le sue credenziali nel web. L’Air Force System e la N.A.S.A di Washington sono in possesso dei suoi lavori, assieme a numerosi altri enti e università estere.
E cosa dicono i suoi studi? Ci svelano una parte del mistero, innanzitutto, proponendo una tecnologia non più relegata nell’ambito della fantascienza: gli U.F.O, con tutte le caratteristiche che normalmente vengono ad essi attribuite durante gli avvistamenti, sono possibili e si possono replicare in parecchie loro funzioni, compresa la capacità di produrre dei propri campi gravitazionali ed elettromagnetici in grado d’influenzare lo spazio e le superfici sulle quali si librano; fenomeno che, forse, potrebbe spiegare anche il fenomeno dei cerchi nel grano e le anomalie elettriche più volte riscontrate al loro passaggio.
Tuttavia, per non correre il rischio di travisare il contenuto di queste straordinarie ricerche, v’invito a cercare notizie di questo suo non recentissimo libro (io ho trovato di fortuna un’edizione del 1980 in una bancarella di libi usati e pur non essendo in grado di apprezzarne davvero i contenuti ho voluto lo stesso acquistarla per puro spirito collezionistico).
La cosa più interessante che ho avuto modo di costatare riguardo al testo, comunque, nonostante l’incapacità di verificarne l’esattezza degli enunciati e delle varie formule matematiche in esso riportate, è l’assoluta mancanza di speculazioni sul fatto che gli extraterresti esistano e viaggino proprio a bordo di tali veicoli.
Non viene neanche minimamente menzionata questa possibilità; è pura scienza, priva d’ipotesi non verificabili, quella del suo autore. Ci mostra dei dischi volanti e ne descrive lo straordinario funzionamento, tutto in perfetto accordo con le leggi della fisica!
titolo: Come funzionano i dischi volanti
titolo: Come funzionano i dischi volanti
di Alberto Basso Ricci
Stampato per conto dell'Autore nel 1980
Stampato per conto dell'Autore nel 1980
Viste le sue, ormai diffusissime, teorie sulla struttura multidimensionale dell’universo; teorie che proverebbero l’esistenza di “scorciatoie” (oppure wormholes, come li chiamano gli esperti); regioni dello spazio in cui un’astronave potrebbe entrare e uscire molto, molto lontano, a centinaia di migliaia di anni luce dal luogo di provenienza; forse, viaggiando addirittura nel tempo.
A questo punto è lecito chiedersi dove siano, allora, questi extraterrestri.
La domanda se la era già posta il premio nobel Enrico Fermi, più di cinquant’anni fa, stimando attraverso dei calcoli statistici davvero elevata la possibilità che si fossero sviluppate altre civiltà nella nostra galassia; visto anche il breve tempo, in termini astronomici, occorso all’intelligenza umana per svilupparsi sulla Terra.
La mia risposta, da irriducibile appassionato del fenomeno, è mimesi.
Forse gli alieni hanno degli avamposti sulla Luna o su Marte, oppure vivono unicamente nello spazio per via di un lungo adattamento che li ha resi andicappati ad altre condizioni ambientali, e quando entrano nella nostra atmosfera usano dei dispositivi che li rendono invisibili.
L’invisibilità non è poi così improbabile come sembra, sul piano tecnologico; ricordate l’armatura indossata dalla mostruosa creatura del film Predator?
Per asserire che qualcosa è impossibile che avvenga nell’universo, in realtà, bisognerebbe averne una comprensione precisa e la nostra scienza non ci consente ancora di avere questa visione. Non esiste, per esempio, una teoria che unisce quella dei campi gravitazionali a quella dell’elettromagnetismo.
Se mettiamo a confronto le leggi che descrivono il moto dei pianeti, con quelle degli atomi che li compongono, infatti, notiamo che sono in completo disaccordo pur occupandosi di fenomeni che riguardano la stessa realtà. Quelli che possediamo, quindi, sono solo rispettabili, seppure certamente sudati, nobili e verificabilissimi brandelli d’informazione.
L’uomo semplice è portato a credere che degli esseri superiori debbano necessariamente avere anche delle ambizioni colonialiste o il desiderio di comunicare e farsi conoscere, una volta giunti in un luogo straniero; ma a che scopo? La comunicazione è possibile solo con chi è in grado d’intendere. Nessuno di noi sano di mente, per esempio, si sognerebbe di giocare a poker con una rana; per una ragione molto semplice: è strutturalmente incapace di accogliere le nostre informazioni. Possiamo semplificare al massimo il concetto di poker e le sue regole, ma la nostra rana continuerà a non capire.
Anzi, neppure sarà in grado di capire di non capire. L’unica cosa che possiamo fare è osservarla.
Probabilmente, per la stessa ragione gli alieni non comunicano con l’uomo; con la differenza che gli esseri umani sono molto più indifferenti alle reazioni delle rane ed entrando nel loro habitat non si preoccupano di distruggerlo.
Altre civiltà potrebbero quindi sorpassarci sul piano evolutivo in una misura che neanche possiamo immaginare, tale da rendergli superflua e ridicola l’idea del contatto.
Fenomeni che noi riteniamo perfettamente naturali, magari, sono manifestazioni della loro intelligenza (la pulsazione di una stella, certi fenomeni tellurici o atmosferici, la struttura atomica di certi minerali, ecc...); gli abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ma non riusciamo a percepirli, decodificarli.
In un certo senso potremmo apparire ai loro occhi, ammesso che ne abbiano, come degl’insetti che zampettano sulla tastiera di un computer riconoscendola solo come una delle tante superfici su cui muoversi e non nella sua funzione.
In un certo senso potremmo apparire ai loro occhi, ammesso che ne abbiano, come degl’insetti che zampettano sulla tastiera di un computer riconoscendola solo come una delle tante superfici su cui muoversi e non nella sua funzione.
Riconsiderando bene il tutto, quindi, non è poi così assurda l’idea che degli esseri superiori, dopo aver attraversato centinaia o migliaia di anni luce per raggiungerci, se ne stiano “nascosti fra le nuvole” (oppure immersi nelle profondità degli oceani) ad osservarci.
Articolo tratto da uno dei miei primissimi blog sull'argomento e riproposto con nuove immagini trovate nella Rete.
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