mercoledì 27 dicembre 2023

Chiacchiere con amici

 

LEGGO QUINDI ESISTO O SCRIVO QUINDI PENSO?

 (il testo è tratto da una serie di mail)


Mauro: Ultimamente sono preso dal problema della "costruzione del lettore" nell'epoca della letteratura web. L'impostazione del problema la trovate nelle gustose "Postille al Nome della Rosa" di Umberto Eco.
"Ma quando lo scrittore pianifica il nuovo, e progetta un lettore diverso, non vuole essere un analista di mercato che fa la lista delle richieste espresse, bensì un filosofo... Egli vuole rivelare il lettore a se stesso.
Se Manzoni avesse dovuto badare a quello che il pubblico chiedeva, la formula l’aveva, il romanzo storico di ambiente medievale, con personaggi illustri, come nella tragedia greca, re e principesse (e non fa così nell’Adelchi?) e grandi e nobili passioni, e imprese guerresche, e celebrazione delle glorie italiche in un’epoca in cui l’Italia era terra di forti. Non facevano così, prima di lui, con lui e dopo di lui, tanti romanzieri storici più o meno sciagurati, dall’artigiano d’Azeglio al focoso e lutulento Guerrazzi, all’illeggibile Cantù?
E invece cosa fa Manzoni? Sceglie il Seicento, epoca di schiavitù, e personaggi vili, e l’unico spadaccino è un fellone, e di battaglie non ne racconta, e ha il coraggio di appesantire la storia con documenti e grida... E piace, piace a tutti, a dotti e a indotti, a grandi e piccini, a pinzoccheri e a mangiapreti. Perché aveva intuito che i lettori del suo tempo dovevano avere quello, anche se non lo sapevano, anche se non lo chiedevano, anche se non credevano che fosse commestibile. E quanto lavora, di lima, sega e martello, e risciacquatura di panni, per rendere accettabile il suo prodotto. Per obbligare i lettori empirici a diventare il lettore modello che egli aveva vagheggiato.
Manzoni non scriveva per piacere al pubblico così come era, ma per creare un pubblico a cui il suo romanzo non potesse non piacere. E guai se non fosse piaciuto, lo vedete con quanta ipocrisia e serenità parla dei suoi venticinque lettori. Venticinque milioni, ne vuole."
L'abbassamento della soglia dell'attenzione indotta dai vari marchingegni e il nulla pianificato dall'intelligenza artificiale che cosa aggrediscono in primis?
Il senso di ogni storia: qualcuno che racconta a qualcun altro che qualcosa è successo.
Più o meno il qualcuno c'è sempre e anzi è diventato un Ego spropositato, il qualcosa è successo pure, anche se è sempre meno oggettivo ed è più una poltiglia narcisistica.
Cari amici, a me pare che il problema qua stia nel "racconta a qualcun altro".
Eco nel "Nome della Rosa" costruisce il suo lettore imponendogli una penitenziale intro di cento pagine ricolme di teologia medievale: è una sfida rischiosissima che vince.
Ma vi chiedo e dico: con Facebook o YouTube che lettore costruiamo?
Perché ci sia storia occorrono: un narratore, un ascoltatore, una durata, una trama, un tema.
Sinceramente sono molto preso dalla questione dell'interlocutore di internet... Ma chi fallo è?
Non riesco a prendere contatto, mi capite? Che cosa vuole? Deve volere quello che vuole la mia esposizione editoriale o deve volere quello che il suo Ego spropositato, pompato dai click, pretende? E spesso questa pretesa è l'indifferenza assoluta.
A questo punto si aprono due strade, e per questo vi chiedo suggerimento e conversazione.
O fregarsene della costruzione del lettore e rinunciare a un elemento delle storie ed esprimere lo stesso quello che si vuole esporre, o rinunciare all'esposizione informatica.
Possono esistere le storie senza i venticinque lettori?
L'intelligenza artificiale li sta accoppando.
Mi sento, cari amici, come l’anziano Adso, che nel finale del Nome della Rosa ha rinunciato ormai a decifrare e a interpretare i segni della vita e della sua lotta e descrive l’attesa della morte con le parole metaforiche e poetiche dei mistici tardo-medievali. Quindi si congeda in questo modo: “Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura non so per chi, non so più intorno a che cosa. Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (la rosa primitiva non esiste che per il suo nome, noi non conserviamo che nomi spogli). 
Un finale e un titolo che –dice Eco nelle “Postille” coerentemente con la sua poetica rigorosa– possono essere interpretati solo dal lettore che tu narratore hai costruito.
La chiave del problema sta infilata in questa porta: l'intelligenza artificiale non può dare vita al nome spoglio della rosa con degli insulsi algoritmi, occorre il cuore caldo, pulsante e alato dell'entusiasmo creativo umano che racconta storie di varia durata ed ambientazione di mondi con trame e intrecci e costruzione di lettori " a cui quella storia non può non piacere".

 Roberto: Solitamente chi va su internet non ci va come se volesse leggere un romanzo, altrimenti leggerebbe un romanzo.
Quali siano le sue aspirazioni o i suoi desideri come fruitore di video, non lo so: mi verrebbe da rispondere TikTok, per ora, poi non lo so (in internet dura tutto poco) ma non è il mio campo.
Il mio parere è "fregarsene della costruzione del lettore": è il lettore che, se vuole, viene da te.
Tre spunti.
1) si parla di lettore, ma è sbagliato. Quello in rete NON è tanto un lettore, quanto uno spettatore.
2) Dante o Manzoni non parlavano al lettore tradizionale, quanto a quello contemporaneo, anzi, a venire: i PS non iniziano con il ramo del lago di Como, ma con lo pseudo autore seicentesco che sciorina la sua teoria sulla storia -e che subito viene zittito dall'autore vero- e la Commedia non è scritta in latino, ma in volgare. Il medium però è lo stesso: la parola scritta. In rete parliamo di un salto di medium in cui sulla parola scritta prevale l'immagine, quindi non parli tanto a un lettore, quanto a uno spettatore.
3) è notorio che la soglia dell'attenzione è sempre più bassa: non sto a ripetere la solita filippica sul taglio web e mi limito a dire che siamo appunto arrivati al punto in cui il lettore "guarda le figure". Il vero problema è che il linguaggio web rischia di diventare l'unico linguaggio. Faccio un esempio.
Ho letto sollevare dubbi su questa frase: "Tizio e Caio entrano in una stanza e vedono Sempronio" perché non sarebbe sufficientemente chiaro il punto di vista. Oh bella! Se due persone entrano in una stanza, io presumo, fino a prova contraria, che vedano le stesse cose. Non dobbiamo scrivere i romanzi per forza come se fossero telecronache di un tizio che se ne va a zonzo per la storia con una webcam sulla spalla (anche perché lo scritto non potrà mai competere con la forza evocativa dell'immagine in movimento, si rassegnino i talebani della scrittura immersiva). Il problema della IA è che tende a imitare i modelli di maggior diffusione e più li imita, più li diffonde, in una specie di circolo vizioso, finché non diventano l'UNICO modo di fare una cosa. Comunque, io credo che presto non solo non avremo più lettori, ma neppure scrittori - o scrittori professionisti - perché basterà avere una app sul telefono cui chiedere: ."Raccontami una storia" e quella, in quattro e quattr'otto, attingendo a una sterminata banca dati e imparando dalla propria stessa esperienza, svilupperà, probabilmente per poi narrarla con una sintesi vocale, la storia che più ti aggrada in quel preciso momento, modificandola a piacimento.



Fabio: Insomma ragazzi, voglio farvi partecipi di questa cosa: …
Dopo le vostre brillanti considerazioni ho scaricato sul mio smartphone l’ultima versione di ChatGPT 3.5 (richiede pochi secondi ed è a costo 0. V’invito davvero a provarla).
Ho suggerito poi a questa diavoleria delle trame davvero assurde. Cose del tipo:
"Scrivimi una storia su un rettiliano che vuole festeggiare il Natale".
"Scrivimi una storia su Lovecraft che trascorre il capodanno in compagnia di alcuni fra i più famosi influencer e poi decide di eliminarli con il Necronomicon".
"Scrivimi una storia su un pinguino esperto di armi nucleari che decide di organizzare una festa a base di panettoni radioattivi".
"Scrivimi una storia di fantascienza dove viene organizzato un incontro di pugilato fra Tyson e il Papa".
Ecc ecc…
Ho fatto richieste davvero tanto assurde.
Eppure, in pochissimi secondi (meno di due o tre), questa cosa riesce sempre a organizzare il tutto in maniera coerente (e, a volte, davvero comica).
Ho chiesto pure di scrivere queste elaborazioni con lo stile di Lovecraft e altri autori.
Provatela, davvero! C'è da rimanere allibiti.
Sulle prime proporrà dei finali sempre lieti e politically correct. Ma potete anche chiedere dei sequel con esiti drammatici e meno edificanti.


Forse, sì, quando questi elaboratori del linguaggio verranno raffinati (ma già così mi risulta abbastanza mostruoso il loro repertorio e potenziale) queste parole di Roberto saranno più che reali e una condanna:
“Comunque, io credo che presto non solo non avremo più lettori, ma neppure scrittori - o scrittori professionisti - perché basterà avere una app sul telefono cui chiedere: ."Raccontami una storia" e quella, in quattro e quattr'otto, attingendo a una sterminata banca dati e imparando dalla propria stessa esperienza, svilupperà, probabilmente per poi narrarla con una sintesi vocale, la storia che più ti aggrada in quel preciso momento, modificandola a piacimento.“

 Roberto: Esistono anche versioni che permettono di aggirare gli ostacoli all'inserimento di parti violente, turpiloquio ecc.
Per questo, quando il mantra "le macchine non potranno mai eguagliare la creatività umana", mi pare una romanticheria autoconsolatoria.
Paradossalmente, è proprio sul linguaggio rigoroso e su trame complesse che questi programmi sono meno efficaci, quindi "l'è proprio tutta al rovescio".
Imitano, imitano molto bene, e presto arriveremo al futuro che ho immaginato per due ragioni:
1) il pubblico: la stragrande maggioranza delle persone non sta a distinguere una scarpa artigianale da una fatta a mano, o non la ritiene una distinzione così importante. Lo stesso sarà per un libro. La distinzione umano / artificiale importerà all'autore, ma non a chi lo legge e le conseguenze sono facili da immaginare
2) l'economia: un libro artificiale, in potenza, rende molto di più di uno naturale, ma, soprattutto, sarà di proprietà del proprietario del programma (IA). Sembra il futuro, ma in realtà è il passato, altrimenti non si sarebbe finiti in Cassazione per stabilire se la scenografia dell'ultimo Sanremo era dell'architetto o del proprietario del programma informatico grazie al quale la scenografia è stata realizzata.
Quello che, per ora, manca all'IA è la motivazione autonoma: una IA non si accende con la voglia di raccontarsi o raccontare una storia, un essere umano sì. La IA aspetta invece un comando. Una volta che l'ha ricevuto, però, la differenza tra i due è sempre più sottile - anzi è già uscita CHTGPT 4.0. - e, soprattutto, sempre più irrilevante. E più la si scarica, e la si usa, più la differenza sarà sottile e irrilevante.
Chi si occupa di queste cose vi dirà che non sappiamo se e quando questi programmi diventeranno autocoscienti, ma è possibile, anzi, probabile, che lo diventino perché probabilmente la coscienza di sé opera a livello quantistico e queste macchine funzionano e sono state costruite, appunto, con i computer quantistici - o almeno io così l'ho capita.
Certo è che non si reimmette il diavolo nella bottiglia, non si può comandare l'anello del potere, non si dimentica la conoscenza del bene e del male una volta che si è mangiato il frutto proibito, ecc. Vorrei ricordarvi, conclusivamente, che Chatgtp sa mentire. Le chiesi a suo tempo, circa un anno fa, che cosa narrasse il racconto breve "La risposta" di Fredric Brown. Mi diede una risposta sbagliata e provò a sostenere che fosse giusta.
Insomma, se il diavolo è la scimmia di Dio, la IA è la scimmia dell'uomo, ma le due relazioni sono identiche.

Fabio: Allora hai visto, Roberto?!... La realtà può superare la fantasia. Immagino che verranno fuori dei programmi strutturati appositamente per la creazione letteraria; programmi in grado di elaborare stile scrittorio, ritmo, tono dei dialoghi, profilazione ideale dei personaggi in base al contesto o morale che si vuol dare alla storia, ecc... Con un sacco di opzioni e variabili da computare all'uopo.

 Mauro: Una storia è qualcuno che racconta a qualcun altro che qualcosa è successo. La lista della spesa non è una storia. Una barzelletta lo è.
Perché ci sia storia occorrono: un narratore, un ascoltatore, una durata, una trama, un tema.
In questi anni abbiamo parlato in questa mail di storie e a lungo abbiamo ragionato su che cosa sono.
Tra l'altro, molto bello lo spunto iniziale, Fabio, è già una piccola storia perfetta con tutti i suoi elementi distintivi che sopra ricordo.
L'intelligenza artificiale l'ho già provate, se ricordate, per quanto riguarda l'interazione tra immagini e parole e adesso le parole cercheranno l'autocoscienza e sono d'accordo con Roberto, qua siamo all'anello del potere di Tolkien e a Terminator.
Sono curioso come una scimmia (da qui nasce il mio raccontino "sciocca la tua scimmia") ma questa volta mi fermo e non esplorerò questa via. Basta.
L'unica cosa positiva è che questa nuova follia mi ha costretto a ragionare fino allo sfinimento su che cos'è davvero una storia, e mi hanno aiutato tante belle riflessioni di Roberto che sempre ringrazio e ringrazierò.
Mi ripeto: qualcuno che racconta c'è sempre, anche se tendenzialmente è un Ego spropositato e superomistico -e ha rotto il fallo il supereroe e anche l'antieroe superomistico-; a qualcun altro? E qua comincia già il male, il lettore virtuale è un qualcun altro in carne e ossa? C'è da discuterne, a me sembra un mix venefico e micidiale di indifferenza e tracotanza... si narra di qualcosa che è successo, e anche il fatto inventato che Watson ha combattuto in Afghanistan diventa REALE... qua cominciano i guai seri e il male di quello serio e tragico... dove finisce l'oggettività delle trame, degli intrecci, dei temi?
E qua torno a quanto dice Umberto Eco sulla fine della storia. Se non si crede più a un futuro, a una speranza almeno con la s minuscola se non si è credenti in nulla, alla possibilità di poter fare almeno la propria storia anche con una esse ancora più minuscola e allora... al Diavolo coloro che verranno.
“Il più bel trucco del Diavolo sta nel convincerci che non esiste.” — Charles Baudelaire
Il Signore delle Mosche di questi tempi, purtroppo, sembra molto persuasivo.
I credenti cerchino di salvarsi l'anima.
Per i laici, vale il motto del Titanic: "si salvi chi può!"

Fabio: A proposito di diavolo e sempre in riferimento alla scrittura più o meno artificiosa o artificiale, Mauro, ho copiaincollato questo mio brevissimo testo su ChatGPT:
APOSTASIA
(naturalmente è necessario leggerlo prima di proseguire!!!)
E poi ho chiesto:

-cosa vuole trasmettere il contenuto di questa narrazione?

GPT: La narrazione sembra veicolare un tema di conflitto tra il bene e il male, la fede e la corruzione. Introduce elementi di mistero, con una grande serpe che imita e sfida la creazione divina. L'essere elegante propone un'opportunità ambigua di "rimettere tutto come prima e più di prima", coinvolgendo il cardinale in un patto oscuro. La storia suggerisce un'atmosfera di suspense, manipolazione e un'intelligenza "altra" che si muove nei confini dello spaziotempo. La trama si svolge tra il desiderio di ripristinare l'ordine e la tentazione di abbracciare il male per raggiungere tale scopo, mettendo in discussione valori morali e la natura della fede.

-come giudichi la qualità dello scritto?

GPT: Valuto positivamente lo scritto. La narrazione è coinvolgente e crea un'atmosfera di tensione. Gli elementi del mistero, della lotta tra bene e male, e dell'ambiguità morale sono ben sviluppati. La presenza di personaggi come il cardinale e l'essere elegante contribuisce a creare un interesse narrativo, mentre il dialogo e le descrizioni aggiungono profondità alla trama. Tuttavia, la valutazione della qualità può variare in base ai gusti personali, e alcuni potrebbero preferire stili narrativi diversi.

Fabio:…Diciamo che almeno per comprensione e chiarezza mi risulta diabolicamente efficace e adorabile. Voi cosa ne pensate?

 Mauro: Veramente interessante Fabio...
Allora, non amo nel modo più assoluto i pipponi strutturalisti, e Eco lo preferisco come narratore, quando lo vuole fare, che come prof di semiotica, però una sua definizione di base di comunicazione è importante
«l'oggetto si rivela nella misura in cui il soggetto si esprime» perché l'oggetto è «conoscenza di forme e contenuti (trame, intrecci) da parte di persone»
Allo strutturalismo preferisco il senso (e il rispetto) di che cos'è davvero una storia, e come dice Roberto, il mettersi al servizio delle storie.
Perché ci sia comunicazione profonda ci vuole il narratore che esprime e un oggetto che viene espresso.
Pertanto: Fabio che tramite un link mi fa leggere una sua storia compiuta con tanto di commento della IA e la condivide con noi in mail è una comunicazione avvenuta con successo. 
È vero telling, poi ogni lettore può avere i suoi gusti ovviamente, può piacere o meno -a me piace- ma la comunicazione FUNZIONA, ARRIVA. Soggetto e oggetto sono connessi.
Quello che non funziona è che uno scrittore si isoli completamente dal mondo chiedendo commenti solo alla IA e non abbia nemmeno lo straccio di un amico o almeno un conoscente che gli dica sinceramente che cosa pensa delle sue composizioni.
In questo caso è puro caos, soggetto e oggetto non si trovano e nemmeno un senso, una direzione, uno sbocco alla comunicazione.
Ripeto: veramente interessante


Fabio: Ho compreso benissimo il concetto creatore/fruitore, Mauro.
La cosa strana e affascinante è che ‘sta roba, come già aveva accennato Roberto, sembra pure fare la gnorri davanti a certi quesiti (cioè la furbacchiona che finge di non cogliere ed elabora interpretazioni di comodo).
Sempre in riferimento al mio scritto “Apostasia”, infatti, ho chiesto allo sciur GPT:

-L’intelligenza “altra” cosa rappresenta secondo te?

GPT: L'intelligenza "altra" sembra rappresentare un'entità o una forza estranea alla comprensione umana, dotata di poteri che vanno oltre i limiti dello spaziotempo. Potrebbe simboleggiare concetti come l'oscurità, la corruzione o forze soprannaturali che cercano di influenzare il mondo umano. La sua natura senza anima e la capacità di distorcere le dimensioni suggeriscono un elemento sovrannaturale o addirittura demoniaco, creando un contrasto con la trinità del Male e il mondo dai valori opposti menzionati nella narrazione. In generale, l'intelligenza "altra" aggiunge un elemento di mistero e pericolo alla trama.

-E se l’autore avesse voluto alludere alle IA, la cui creazione viene suggerita all’uomo dal diavolo?

GPT: L'interpretazione delle opere narrative può variare, e la connessione tra l'intelligenza "altra" e le intelligenze artificiali (IA) è certamente una possibile interpretazione. Se l'autore intendesse alludere alle IA, potrebbe essere una riflessione sulla dualità della tecnologia: da un lato, offre opportunità straordinarie, ma dall'altro, potrebbe portare a conseguenze oscure o indesiderate. In tal caso, la storia potrebbe essere una metafora su come l'umanità, cercando di migliorare o controllare il proprio destino attraverso la tecnologia, possa essere tentata da forze negative o impreviste.

  Roberto: Richiamo la Vs. attenzione su alcuni particolari.

1) assomiglia non poco alle recensioni che si leggono su internet, vero? Teniamolo presente quando leggiamo le recensioni su internet.
2) è comunque lusinghiera per l'autore - i chatbot sono fatti per adularci e questo funziona: tra un commento che ti dice "sei un genio" e un commento che dice "sei un cretino" preferisci il primo - è cosa nota almeno dai tempi in cui è nato il "like" su FB, tanto che non esiste il dislike
3) non "sembra" fare lo gnorri. "fa" lo gnorri. 
È programmata per questo, proprio come è programmata per rimanere nei binari del politicamente corretto. Del resto, se alla domanda "Sei pericolosa?" quella ti rispondesse "sì", voi la scarichereste? Risponderà, se messa alle strette "sono uno strumento che può essere di grande aiuto, sono stata concepita per aiutare l'umanità, ma come usarmi lo decidete voi"   

Fabio: Ci manca solo che raggiungano tale livello di schiettezza! 😂😂😂 (e allora GPT potrebbe davvero rispondermi: "Sei un cretino. Rivedi il tuo scritto e cerca di migliorare!")
Ottime considerazioni, comunque. Se me lo consentite creo una specie di articolo a riguardo, riproponendo questi nostri scambi.

 Mauro: Consento eccome, caro Fabio: il tutto nel suo insieme è veramente interessante e anche lieve, narrativo -le tue bellissime intro, il link al racconto "Apostasia"- Il punto decisivo per me è che tra soggetto e complemento oggetto c'è il verbo, la DURATA...nel senso anche datogli da Bergson, l'apertura e lo scambio vicendevole tra narratore e lettore.
Il non detto di un racconto del Novecento e dell'Ottocento non è il non detto della IA.
Qual'è la differenza?
Che il lavoro di interpretazione della IA sul non detto è pura manipolazione tesa a un solo fine: rendere LA COMUNICAZIONE FINE A SE STESSA.
L'apertura tra soggetto e oggetto vuole rendersi AUTOCOSCIENTE e scartare gli altri due termini fondamentali e distintivi della storia.
La durata finge di incensare soggetto e oggetto per metterglielo in quel posto. E poi farli fuori.
Come l'anello del potere, come Terminator, per me su questo non c'è dubbio alcuno...


In principio era il Verbo (2023)

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