venerdì 13 dicembre 2013

il centauro decapitato


IL TRAILER DE “LA LEGGENDA DEL CENTAURO DECAPITATO"
© - Grifabio & Mauro Moscone productions -

Vi è mai capitato di sentire un vostro amico esordire così:
“Sapete che cosa mi ha raccontato lo zio di un mio amico?”
E a seguire, ascoltare improbabili storie su graziosi ed esotici cagnolini messicani che in realtà sono pantegane o su corpi estranei o creature disgustose che penetrano occultamente negli orifizi umani, nottetempo, ovulando dentro i nostri corpi; parliamo del terrificante ragno nero nascosto nella yucca, un misterioso aracnide velenoso africano, abitante clandestino dei tronchetti della felicità…




- Se avverti un fastidioso prurito nella zona perianale... -

Chi non ha mai sentito questo zio raccontare dell’alligatore albino che vive nelle fogne di New York, ivi caduto dallo scarico di un cesso quand'era cucciolino?




- Ecco perchè non mi scarica più il cesso! -

 

Naturalmente lo zio vi avrà anche narrato la sua ennesima versione della leggenda del motociclista decapitato, in cui un centauro, dopo la mutilazione della testa causata da un carico sporgente, continua a guidare per un bel tratto, o come dicono altre versioni dello stesso zio, si rialza da decollato dopo la caduta.
E se questa leggenda, in apparenza assurda, avesse un legame con l’antica leggenda norrena della lotta tra Loki, il dio del Fuoco e del Male e Balder, il dio dell’Armonia e della Luce?




... Questi esoterici misteri, queste enigmatiche leggende, saranno svelate e narrate nello splendore della cinelitweb metapop di Grifabio (e i suoi magnifici disegni ) & il Moscone: iniziano il conto alla rovescia ( meno 10, 9, 8,7... e via decrescendo e dando i numeri) e l’attesa spasmodica.

Ci saranno testimoni da ascoltare, prove da esaminare e ipotesi da valutare (e speriamo anche lettori che leggano!) e tutto ciò che deve essere visto sarà mostrato!
Nella “Leggenda del Centauro decapitato”! 

Adesso!



I
La leggenda

— Lo sai che cosa mi ha raccontato lo zio di un mio amico?

"Un camion carico di lamine di acciaio percorreva a bassa velocità la strada della zona industriale di una città. Un uomo che viaggiava su una motocicletta lo raggiunse e fece per sorpassarlo. Lo affiancò, ma proprio in quel momento una delle lamine, evidentemente bloccata male, scivolò dalla pila e volò verso di lui mozzandogli di netto la testa. Il cadavere decapitato, però, per via di residui impulsi nervosi, non abbandonò la presa sul manubrio e continuò il sorpasso". 
Molto probabilmente, quando il camionista se lo vide passare accanto disse anche qualcosa tipo:
— Aò,’a stronzo! Ma ‘ndo cazzo cell’hai er cervello? Inderculo? 
Oppure lo mandò semplicemente a quel paese, con l’aggiunta di qualche gestaccio. Tuttavia, quello che è certo è questo: che nessuno, dico nessuno, sembra essere più stato in grado di ritrovare il cadavere  di quell’uomo e la sua moto. 
Come svanito nel nulla, capisci? Una specie di fantasma.

II
Il bar

— Lo so che adesso non mi crederete, ma è tutto vero ! State a sentire! — disse Ezechiele.
Gli amici lo chiamavano così per via di quella sua vaga somiglianza con l’attore Samuel L. Jackson, anche se lui era un bianco.
— Sì, sì, prima offri un giro di birre e poi, forse, ti crediamo… — rispose uno di quelli; un trio di bifolchi e beoni mica da ridere.
— Gino, fai il giro di queste spugne sanguisughe: allora, brutti maiali, lo so che non mi crederete ma sentite che cosa ho visto un paio d’ore fa, con questi occhi!
Ne indicò uno con tanta enfasi che quasi stava per cavarselo.
— Salute, Ezechiele, dai spara, siamo tutta birra! Ahahhaha!
— Ho visto un motociclista, decapitato dal carico sporgente di un TIR, continuare a guidare per un tratto, cadere sull’asfalto e state a sentire: rialzarsi dopo la caduta, rimettersi la testa sulle spalle e  sgommare via!
— Ahahhah!... Ma vai a cagare Ezy!
— Giuro! — insistette Ezechiele. — Io ero lì, vicino a quello. Mi ero fermato a pisciare in uno di quelli spazi per la sosta di emergenza e l’ho visto pure fare il dito medio al conducente.

III
Loki

Era una giornata umida di novembre e l’anziano contadino s’inoltrò nel bosco di faggi e pioppi, vicino alla trafficata tangenziale, alla ricerca di funghi di pianura, chiodini e gallinacci perlopiù. 
Quando, vicino a un ceppo di pioppo seminascosto dal muschio gli sembrò di scorgere una famigliola di chiodini. Bello gasato, quindi, sfilò subito il coltellino e s’inginocchiò per raccoglierli nell’eventualità che fossero proprio quelli.
Poi, per un momento, alzò lo sguardo verso il bosco e vide qualcosa intrappolata fra i rami.
Era una moto di grossa cilindrata sospesa a un albero e, poco distante, appeso a un altro albero come una marionetta disarticolata, c’era il cadavere, ormai decomposto, di un motociclista.
Dal corpo in disfacimento, munito di tuta in pelle e casco, fuoriuscivano le ossa dello scheletro. Il disgraziato doveva essere uscito fuori strada dalla tangenziale a una velocità pazzesca e lui e il suo mezzo erano finiti sopra le piante.
Dalla torsione innaturale del suo collo, inoltre, si capiva che il poveretto si era spezzato la zona cervicale e, con molta probabilità, nessuno si era accorto ormai da diversi giorni della sua tragica dipartita; forse perchè un single, orfano e senza amici.
Il contadino, comunque, stava per ritornare sui suoi passi a chiedere aiuto, quando un lampo colpì quell’albero; quello dove stava appeso il motociclista.
La pianta stranamente non bruciava e il coltivatore si paralizzò nell’assistere all’incredibile prodigio.
L’energia piovuta dal cielo sotto forma di saetta, infatti, percorreva il cadavere del centauro e ne ricostruiva le carni lacerate e la tuta integrale in pelle sintetica.
Ben presto il suo corpo si rianimò e prima di scendere dall’albero strappò un cespuglio di vischio a lui vicino, mentre il povero campagnolo si era seduto a terra in preda a un principio di svenimento.
— Vacca boia! — bofonchiò, e sembrava parecchio impaurito, non riuscendo tuttavia a distogliere lo sguardo da quello spettacolo pazzesco.
Il centauro con un balzo arrivò a terra, ed estratta una sinistra lama affilata, cominciò a ricavare dal cespuglio un ramo che rese appuntito come una lancia. Poi si diresse verso il contadino.
— Mi chiamo Loki e vengo da Asgard… — disse.
— Saprebbe indicarmi per cortesia dove posso trovare Balder, quel noioso e pedante dio della Luce e della Bellezza che si è rifugiato qui, su questo vostro infimo pianeta?
Balbettando l’agricoltore provò a rispondere:
— B-Ba-Balder?
— Proprio! E’ un tipo alto, possente, muscoloso, sul rosso biondiccio e con gli occhi azzurri. Il classico trombone da far impazzire tutte le donne, insomma… — proseguì Loki.
— Anche ad Asgard vanno tutti pazzi per lui ed io comincio a essere un po’ invidioso, vorrei farlo fuori.
Insomma, villico, ha visto qualcuno che potrebbe assomigliare alla mia descrizione?
— Ma scusi Signor Loki… — tentò di ragionare l’uomo, come per allontanarsi dal pericolo che quello stato d’irrealtà prometteva.
— Perché vuole ammazzare questo Bader, Bider o come diavolo si chiama? Può spiegarmi meglio?
Loki gli frustò la punta della lancia a due centimetri dal naso.
— Non sono affari tuoi, zotico! — disse.
Poi, subito dopo, ci ripensò; dopotutto gli piaceva trovar sempre l’occasione per parlar male di tutto ciò che stava sopra le sue possibilità.
— Allora ascolta. Un giorno Balder, il dio della Bontà e dell’Armonia, sognò di essere in pericolo di morte…
— Pericolo di morte? — ripetè il vecchio.
— Già! E spaventato, il ragazzone, filò a frignare da Frigg, la Grande Madre degli dei di Asgard.
— Frigg? — chiese ancora l’uomo.
— Odino caro! Sì, ma non continuare a interrompermi!
— Sì, sì, Mi scusi. — s’inginocchiò il vecchio.
— Dicevo, quindi? — proseguì Loki.
— Friga o Frigga, signore. — tentò di ricordargli il vecchio.
— Ah! Sì, la Mammona… Costei, preoccupata quanto lui della premonizione, fece giurare a ogni cosa e creatura vivente di non recare alcun danno al suo bamboccio. Io ovviamente non giurai, perché per Balder non ho mai avuto tanta simpatia, come ormai è chiaro.
Alzò la lancia e mimò un bel fendente al petto del suo nemico.
— Allora mi travestii da donna e andai da Frigg a chiederle notizie.
Lei mi raccontò tutto: del giuramento e del fatto che nulla nel Cosmo può nuocere al suo Trombone ipervitaminizzato.
— Hmmm… — fece il vecchio, portandosi la mano al mento. Stava fingendo interesse.
— Proprio nulla? Le domandai astuto… — proseguì Loki.
— Certo, mi rispose l’ingenua, c’è una cosa che non ha giurato, però, ed è il vischio, una strana pianta parassita che cresce sulla Terra.
Quell’arbusto Loki, mi spiegò anche, la babbiona, era troppo giovane per prestare giuramento e pertanto, ora, usato come arma,  potrebbe uccidere Balder.
— Che strana storia! — commentò il vecchio.
— Già! Pensa, zotico, che per essere più sicuro il ragazzone è venuto qui da voi convinto di poter distruggere tutte le piante di vischio. Ed è per questo che io ora sono qui; per trovarlo e trafiggerlo col suo simpatico nemico vegetale.
— Oh… Sì, sì, mi è chiaro questo.
— Bene! Allora, l’hai visto o no quel fustacchione fulvo, zotico?
— Ma perché vuole ucciderlo, scusi se insisto? - proseguì incautamente il vecchio.
— Perché lo odio! — urlò Loki.  — Perché sono il Dio del Fuoco e della Distruzione e non c’è altra ragione al mio male, oltre l’invidia. Lo hai capito, adesso?
Con un rapido gesto trafisse il costato del contadino, rigirandogli poi nelle carni la sua bella lancia appena intagliata.
— Stolto di uno zotico! — disse, mentre quello crollava a terra senza un lamento, svenuto e infartuato all’istante.
No. Non aveva avuto il tempo di capire.
— Bene, direi… — si congratulò dopo, Loki, fissando la punta insanguinata.
— E’ affilata a dovere, pronta per dare la caccia al mio nemico.
L’unico indizio che aveva per riuscire nell’impresa, tuttavia, era un misterioso numero memorizzato ad Asgard; cifra che aveva trovato scritta su un foglietto, associata a un nome di donna, e ben nascosta in un comodino della sontuosa dimora di Balder. Quello, come gli avevano spiegato alcuni suoi nefasti collaboratori, poteva fungere da tramite audio vocale con l’umana e recente storiella di Balder: una bionda dai seni fantastici.
Per poterlo utilizzare, però, era necessario trovare una specie di stupido gingillo che quasi tutti gli umani si portavano appresso.
Midgardr e Jörmungradr, i più informati sull’argomento, gli avevano pure dato dettagliate informazioni sul come avrebbe dovuto usarlo per comporre la cifra e inviare la chiamata.
Loki, allora, frugò veloce nelle tasche della sua vittima alla ricerca dello strano oggetto e lo trovò. Naturalmente, se solo ci avesse pensato, ne avrebbe trovato uno anche nella tasca della tuta che stava indossando.
— Per mille saette! — si disse, comunque soddisfatto. — Il fato sembra dalla mia parte.
— Pronto?
Era proprio una voce di donna, pensò, entusiasta del suo successo, Loki.
— Parlo con la signorina Sara Connor?
Quello era il nome che gli avevano fatto Midgardr e Jörmungradr.
— No, io sono sua sorella. Al momento è assente e in tutti i sensi, fra l’altro, poiché ricoverata in una specie di clinica psichiatrica.
— Ah! — fece Loki. Ignorava, e non senza svantaggi, tutto di quei posti.
— Da una settimana, per la precisione… — continuò la donna. — Si è lasciata contagiare dalle paranoie criminali di un tizio…
— Balder? — la interruppe Loki.
— No, un altro matto che sostiene di venire dal futuro. Quel Baldo lì o Balder, come lo chiama lei, signore, lo ha mollato due mesi fa.  Pareva una specie di montagna e beveva troppo. Forse, la menava pure.
— Beveva? — chiese Loki.
— Sì, e beve ancora, credo, dalle voci che girano in paese. Birra a fiumi! Pare si passi tutte le giornate in un bar del cavolo che sta qui vicino.
— Ehmmm!…mi deve dei soldi il Rosso — disse Loki. - potrebbe dirmi esattamente il nome di quel bar e dove si trova?
— Oh! Beh! Certamente. Basta che poi non dice nulla al suo amico, del mio coinvolgimento nella storia.
— Ma non si preoccupi! Punisco quello zotico anche per le botte che ha dato a sua sorella, magari.
— Oh!…beh! Buona fortuna, allora, se non possiede anche lei la stazza di un tirannosauro. Il locale, comunque, si chiama “Divine Crusher” e si trova…
Ora aveva tutto quello che gli serviva.
Avanzò agilmente nel bosco, arrampicandosi e tirando giù il veicolo di grossa cilindrata agganciato ai rami dell’albero.
Lo mise in moto e, infilata la lancia di vischio in una griglia aerodinamica della fiancata, ripartì sgommando erba e zolle di terreno verso la tangenziale.

  IV
 Balder

— Sentiamo Big Baldo… — disse uno di quei tre. Poi si voltò, poiché al ragazzone occorreva più spazio e occupava da solo un altro tavolo alle loro spalle. 
Baldo era immerso in grandi conflitti interiori oltre che nella birra.
— Cosa ne pensi di quello che ci ha appena raccontato Ezy?
— Hmmm… — fece Balder, prima di buttar giù un altro sorso — mmm… — Poi basta.
Non sembrava ben disposto al dialogo.
—Vedi? — riprese quello — anche Baldo dice che è una cazzata.
Ezechiele rise.
— Ma neanche ha risposto, dai! Porca puttana! Non racconto balle, se non sono divertenti, e lo sapete.
—Vero, questo — commentò finalmente Balder, deciso a prendere parte alla conversazione.
— Allora, ce l’hai un’idea su quello che ho visto? —  gli chiese Ezechiele, serio.
Anche gli altri ammutolirono e si fecero scuri in volto per dare più spessore alla risposta di Balder.
— Questo è un mondo che rispetta delle regole — disse lui, e giù un altro sorso di birra — molto più rigide sul piano fisico rispetto ad altre dimensioni spaziotemporali… — pensò a tutto quello che poteva fare ad Asgard, senza dover far ricorso alla sua pur straordinaria forza muscolare. 
— Però, se si conosce la “matrice”, queste regole possono essere aggirate… — concluse.
— La matrice? — chiese uno, tornando ad assumere un’espressione stolta.
— Sì: intendo tutte le energie che sono in ballo e che governano il cosmo… — rispose Balder – ma del resto, cosa ne vuoi capire, tu che sei solo un umano: continua ad ascoltare le storielle dei tuoi amici e augurati che siano false, altrimenti sono guai; lo spero anch’io, del resto.

Sapeva, infatti, che alcuni suoi giovani alleati si stavano specializzando in un corso di studi che prevedeva la creazione di coincidenze fortuite o di variazioni del Fato; una branca della nuova deologia applicata, insomma, ma che in buona parte sembrava rimanere ancora tutta sul piano teorico. 
Non sarebbe stato sciocco, comunque, immaginare che questi avessero davvero progettato di far collimare il momento della pisciata di un suo amico con l’arrivo della minaccia che lui stesso aveva sognato. 
Forse a Frigg questo non sarebbe piaciuto, certo; ma il fatto di sapere che suo figlio confezionava delle profezie oniriche incomplete, che richiedevano l’aiuto di terzi, era pur sempre un buon rimedio per avvisarlo dell’incombente battaglia.
Ci pensò sopra un attimo, ma ormai era quasi assuefatto alla linearità degli stupidi eventi terreni, e quindi svuotò il bicchiere per allontanare ogni sospetto.
— Grazie Baldo, per il tuo contributo, anche se non ho capito granché… — disse Ezechiele, poi gridò:
— Gino! Allunga altri cinque o sei boccali per Big Baldo, per favore!
— “Per favore” un cazzo! Li paghi! — rispose il gestore.
— Okay! Era sottointeso. — lo tranquillizzò Ezechiele.
— Sottointeso come il credito che ti vuoi cortesemente apprestare a saldarmi?
— Adesso vado al bancomat.
— Ieri? — insistette il gestore.
— Non funzionava — rispose Ezechiele.
Intanto Balder continuava a pensare alla sua consorte Nanna, al culo che gli avrebbe fatto quando sarebbe rientrato ad Asgard. Divina o non divina, con quella Connor si era fatto un bel giro e tutti, lassù, lo sapevano.

Il centauro aveva preso l’uscita giusta ma poi si era perso, gironzolando a vuoto per circa un’ora e mezza.
Non era un gran problema, dopotutto, perché la sua destinazione rimaneva ancora nel raggio di una quindicina di chilometri, però s’incavolo lo stesso (anzi, s’incazzò, dai!… Diciamo le cose come stanno!).
 Ordunque (ordunque?!!) Quindi, dal momento che il passante a cui aveva chiesto indicazioni non era più rintracciabile, decise di trovarne un altro e sfogare comunque la sua rabbia, indipendentemente da come avrebbe risposto.
Svoltato l’angolo di un vecchio edificio, allora, partì a razzo verso l’incrocio e, senza badare al rosso del semaforo, investì una donna sulla settantina; bella corpulenta e piena di borse, nell’impatto le era volata via pure la parrucca.
— Allora, dove diavolo è sto bar? — urlò.
Poi tirò su la visiera e capì perchè quella, stesa a terra e mossa da deboli e intermittenti crisi convulsive, non poteva rispondere.
Un paio di energumeni, subito, scesero dalle loro auto e s’incamminarono verso di lui. 
— Ehi merda! — gridò uno.
Senza nemmeno voltarsi a guardare, e non appena gli furono alle spalle, Loki aprì di scatto le braccia e con lama e lancia alle mani li colpì entrambi. 
Caddero all’indietro, perfettamente sincronizzati. 
A uno però, prese a uscirgli sangue dall’orecchio. L’altro, solo nel punto in cui era stato ferito.
Loki scese con calma dalla moto e, bloccandola sul cavalletto, estrasse dal corpo di quest’ultimo la lancia di vischio.
Poi rimontò sulla sella, sgommata e via! RRRRRRoooOOOOOOOOM!
Pronto a raggiungere un altro incrocio. 
Gli incroci potevano essere utili, ma cominciavano a farlo incazzare.
Quattro direzioni da prendere, e tutte potevano essere cannate. 
Quando fu di nuovo davanti al dilemma, torbidi pensieri di mutilazioni umane, animali e di apocalittiche esplosioni si mescolarono nel suo inconscio. 
— Da che parte vado, ora? Neanche ci sono dei pedoni da ammazzare, qui!
Diede un altro bel colpetto di acceleratore e si lanciò all’inseguimento di un motociclista sbucato più avanti.
— Divine Crusher! — gridò, affiancandosi al malcapitato.
Quello prese ad accelerare più di lui.
— Divine Cruscer! Cazzoooooo!! Me lo vuoi dire dove si trova? — insistette.
La spinta del vento gli faceva uscire dalla visiera della putrida poltiglia e un pezzo di labbro, e per proseguire la sua corsa accanto all’altra moto si dovette improvvisamente spostare sul marciapiede; visto il restringimento della carreggiata dovuto a dei lavori.
La gente si scansava buttando tutto all’aria, Anche chi non aveva niente da lanciare, piuttosto che rimanere ai margini tirava fuori veloce dei fazzoletti e li gettava giusto per dare più dinamismo e drammaticità alla scena. Uno si era messo addirittura a ridere e salutare la mamma, anche se quella non era presente e mai avrebbe letto una storia del genere.
Il motociclista inseguito, comunque, indicò all’altro di guardare avanti.
— Dei pedoni non me ne fotte una… — gridò Loki.
In realtà stava per essere avvisato della presenza di un palo. 
SBAAAM!
Contro cui andò a sfracellarsi completamente la faccia, seppure protetta dal casco.
Di culo, o per via di divine coincidenze abilmente orchestrate, era finito proprio a due passi dal Divine Crusher.

Alcuni passanti, ignari dei crimini appena commessi dal centauro lungo la strada, lo aiutarono a rialzarsi. 
La moto fumava, rovesciata a terra con forcella e manubrio distrutti, mentre la ruota posteriore continuava a girare.
Loki la raggiunse subito per sfilarne l’arma dal rottame della fiancata.
— Tutto bene, signore? — chiese un giovane.
— Ti pare? — disse Loki, poi lo scansò con uno spintone. Afferrò con entrambi le mani il casco e lo raddrizzò in modo da far tornare la visiera al posto di quelle due albicocche marce che aveva al posto degli occhi.
— Non è meglio se lo toglie? — gli consigliò un altro — magari ha subito delle lesioni.
— Le lesioni te le procuro io, se non ti levi dalle palle (“dai coglioni” disse Loki, in realtà, ma vorremmo evitare una ridondanza di turpiloquio).
Si levò anche dalla tuta dei sassolini che gli erano rimasti impressi sulla spalla e sul braccio.
“Divine Crusher” lesse davanti a sé, sulla grande insegna luminosa, e lì scaglio una saetta per spaventare e allontanare un po’ di gente.
L’insegna s’inclinò con scintille e scoppiettii di lampadine.
Bzzz!… Bzzz!…
E tutti si fecero in disparte.
Poi il centauro roteò le ampie spalle, crocchiò quello che restava del collo inclinando il capo a destra e sinistra, e s’incammino verso l’entrata del bar. Nella tuta si erano aperti degli squarci all’altezza della scapola destra e dell’addome, da cui s’intravedevano grumi di grasso e plasma (brulicanti di cagnotti, ovviamente).

V

La battaglia

— Cosa è successoOOOOO! — gridò Gino, furioso, impedendogli l’accesso. Si era precipitato fuori, preoccupato dal rumore che la lastra di vetro aveva fatto andando in frantumi e su cui erano fissati i tubi al neon dell’insegna.
— Permesso! — chiese Loki, cercando di farlo scostare.
— Prima voglio sapere cosa è successo! Perdio!
Loki gli tirò una testata sul naso, abbastanza forte da rompere pure il casco e un pezzo della visiera. Poi eseguì un gancio destro, ma tenendo la mano aperta, in modo che le dita andassero a conficcarsi proprio sotto la mandibola. 
Infatti, dopo quell’operazione, poté vedere proprio il suo indice e l’anulare attraverso la bocca spalancata di Gino.  
Prese addirittura a solleticarne il palato.
— Eh! Ti piace questo giochino qui, zotico? — chiese.
Poi lo scaraventò a terra, strappandogli mezza faccia.

Dentro c’era un gran silenzio.
I presenti sembravano statue.
Eppure gli occhi spalancati del beone numero due un po’ si muovevano e la fronte di quello che gli stava accanto espelleva abbondanti goccioline di sudore.
Ezechiele era l’unico in piedi, messo di tre quarti, con una sigaretta in bocca.
Piano piano se la tolse, chiudendo e riaprendo nervosamente un occhio e sbuffando una bella nuvola di fumo.
Il Divine Crusher era l’unico locale dove, per esigenze sceniche e di copione, infatti, si poteva fumare.
— Cazzo! — disse, ma molto lentamente, e a bassa voce.
Il centauro si era tolto il casco mezzo rotto e lo aveva messo sul bancone, assieme alla lancia di vischio; poi prese posto appoggiandovi i gomiti, sedendo su uno sgabello.
— Posso avere qualcosa da bere, qui? — chiese, non vedendo nessuno dall’altra parte a servirlo.
Sedeva in un angolo scarsamente illuminato e mostrando loro il suo profilo sinistro da una distanza di circa sei metri, però si notava lo stesso che aveva il volto ricoperto da orribili tumefazioni e grumi di sangue.
— Il barman era l’uomo che hai appena ucciso, nonché il gestore — rispose Ezechiele, e il centauro gli diede una rapida occhiata, ma senza voltarsi. 
Voleva, infatti, far credere a Balder di non essersi ancora accorto della sua presenza.
Ezechiele si portò dietro al bancone, per osservare meglio quella mostruosità.
— Se vuole, signore, le servo io qualcosa — disse, indicando varie bottiglie di liquori che stavano sopra un paio di grosse mensole alle sue spalle di e che percorrevano tutta la parete.
Il centauro lanciò un sottile lampo di luce verde verso una di quelle e la mandò in frantumi.  Il dito gli si era illuminato, fondendo il guanto che lo ricopriva.
— Dammi tutto quello che vuoi, tranne quella! — disse.
— Lei è il tipo della tangenziale, vero? — chiese Ezechiele con simulata tranquillità. 
— Ho riconosciuto i motivi grafici del casco e la tuta.
— Proprio! — rispose il centauro e si grattò via un lembo di pelle dalla tempia, che mise in mostra una bella frattura e buco nell’osso parietale.
Da essa era ben visibile il cervello pulsante e fluidificante.
Ezechiele riempì un bicchierino di rum e glielo porse, spingendolo sul bancone.
Il centauro lo bevve tutto di un fiato, mentre gli altri guardavano in costante, assoluto silenzio.
Dalla frattura cranica, si potevano vedere i centri deputati alla stimolazione alcolica del centauro illuminarsi ed emettere altre micro scariche verdi di autocompiacimento.
— Non male! — disse. — Ora voglio quello!
Si girò di scatto e colpì con un altro dei suoi fulmini l’ultima pinta di Balder, proprio mentre quest’ultimo stava per portarsela alla bocca.
— Che piacere, caro amico — disse, allontanando con un’alitata la fumigazione del dito ormai completamente scarnificato — rivederti qui. 
Poi brandì la sua arma e si rimise il casco, pronto al combattimento.

— Bhe!… — disse Balder. 
Spazzò con una manata i cocci del boccale. 
— Me lo aspettavo che saresti arrivato.
Non gli andava proprio di alzarsi o dare segni di preoccupazione.
E siccome, anzi, lui era il più grosso e l’unico a garantire la possibilità di ristabilire l’ordine, il beone bifolco due gli offrì la sua birra.
— Levacelo dalle palle, se puoi! — bisbigliò.
Balder si mise a bere. 
— Hmmm…
Poi si ripulì con il dorso della mano dalla schiuma colata sulla barba.
— Qualche altro desiderio o cosa da dire, prima della tua dipartita? —chiese Loki, fermandosi a pochi passi da lui.
— Direi che uno zombie, meglio se acefalo, però, è la scelta migliore che potevi compiere per rappresentare il tuo vero io — rispose Balder. 
— Senz’altro più gradevole di quella massa informe di bicipiti che ti sei scolpito ad Asgard, con tutti quei furiosi atti masturbatorii… 
Ruttò.
 — …di cui, sicuramente, sei compulsivo praticante ormai da secoli.
Loki, a questo punto, perse la pazienza e balzò verso di lui.
Andando, però, a sbattere contro una bolla quantica: l’involucro di energia appena materializzatosi e contenente il terminator.
Precisamente, un T-1000; spietato robot in metallo liquido poliforme, di cui gli alleati divini di Balder avevano deviato il percorso. La destinazione di questa macchina di morte proveniente dal futuro, infatti, era il reparto psichiatrico del penitenziario in cui era rinchiusa la Connor.

— Che cos’è sto affare, maledetto? — disse Loki, rialzatosi da terra dopo l’urto.
Il robot, intanto, ancora parzialmente avvolto nella bolla quantica in dissolvenza, si alzò anch’esso dalla sua postura accovacciata per assumere forma e consistenza umanoide.
Una splendida massa argentea d’immensa potenza.
Anche Balder fu sorpreso nel vederlo apparire fra lui e il suo nemico, ma preferì restare calmo calmo e bello seduto ad assistere alla scena.
Intanto il terminator prese a fissare con aria truce il motociclista.
— Come osi, tu… — prese a minacciarlo Loki, puntandogli la lancia alla gola.
Il terminator la afferrò con un gesto deciso, gliela tolse e prese a spezzarla in più punti; poi ne calpestò i frammenti fino a ridurli in segatura.
Una griglia di dati sovrapposta alla sua visione rossastra dello spazio circostante, intanto, gli stava comunicando che aveva davanti a sé una creatura già morta. E anche Loki, forse, cominciava a comprendere che scegliere un cadavere per compiere la sua missione era stata proprio una pessima scelta (una cazzata). Tirò, comunque, una bella cartella in faccia al terminator, mirando all’occhio, e la trapassò da parte a parte con un flop! e con sua grande sorpresa. Gli pareva di aver colpito un blocco di gelatina, infatti, soltanto che in meno di tre secondi l’orbita si richiuse e si ricompose  assumendo consistenza metallica; cosicché il suo avambraccio fu in parte inglobato e tranciato di netto dalla testa del terminator. 
— ArRRrrrrrrGHHHHH! — gridò. Più che altro dalla rabbia, poiché le sue terminazioni nervose e centri del dolore erano completamente necrotizzati.
Ezechiele fece una veloce smorfia di raccapriccio, seguita dal solito tic nervoso dell’occhiolino, nel vedere la mano del centauro cascare a terra e spostarsi come un ragno.
Si avvicinò veloce e la schiaccio con il tacco dei suoi  stivalazzi da tamarro.
Svsshciak!
Il T-1000, intanto, con un’altra delle sue mosse fulminee aveva trasformato la sua mano in un fuso e trafitto Loki all’altezza dello sterno, trapassando il suo corpo da parte a parte.
Poi lo aveva sollevato da terra, in modo che le sue gambe continuassero a scalciare l’aria.
Il suo obiettivo era terminarlo, ma ogni scansione biometrica comunicava al suo cpu che il soggetto era già morto. Quindi s’impallò un attimo, indeciso sul da farsi.
— Vuoi mettermi giù dannato stronzo? — gridò Loki.
Smembramento totale e cremazione del soggetto, era la nuova direttiva.
Al terminator s’illuminarono gli occhi.
Nel giro di cinque secondi avrebbe dato il via a ciò che gl’imponeva il suo programma, e fu proprio in quel lasso di tempo che Balder si alzò e passò accanto a loro, ormai un po’ rincoglionito dall’alcol.
Alto com’era, riuscì a dare una pacca sulla spalla al suo avversario di sempre.
— Lo vedi — disse — cosa succede quando i vecchi miti si scontrano con quelli moderni?
Poi toccò con l’indice la punta del fuso che sosteneva il suo nemico. Era ben acuminato e lucente, con perfetti riflessi argentei.
— Hmmm… un paio di cose del genere ci starebbero bene sul mio elmo — disse — ma credo che il nostro amico non sia tipo da lasciarsi privare di alcunché. Vero?
Il terminator annuì. 
— Allora, buon divertimento — concluse Balder — e anche a voi, ragazzi, godetevi lo spettacolo! 
E con un altro dei suoi potenti rutti uscì dal bar.
— Salute Baldo! — gli gridò Ezechiele.
— Salute! Statemi bene.

A fargli un bel mazzo, prima o poi, ci avrebbe pensato sua moglie.




Fine della prima parte



Racconto di Mauro Banfi "il Moscone" e Fabio Cavagliano
IL CENTAURO DECAPITATO  (2013.  Ispirato a una leggenda urbana che circola nella rete,  riportata con qualche piccola modifica fra le virgolette del primo paragrafo della storia). 

 il Blog del Moscone:
 http://lit-web.blogspot.it/

 Leggi il seguito di questo racconto!
Il centauro decapitato 2 EPISODIO

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