sabato 22 febbraio 2014

Orbit II parte: LA SALSA FREAK

Prima parte


I gomiti appoggiati sul tavolo; si grattò la barbetta schifosa, sporcandola con il grasso e l’olio che aveva sotto le unghie, e con l’altra mano s’infilò la sigaretta.
-Devo sperare che non mi abbia visto nessuno con quei due…- sbuffò Manolo.
Lauro bevve la sua tequila e si guardò attorno, bruciando all’istante la curiosità  di un gruppetto di ragazzi seduti accanto.
Era grande e grosso, non meno del suo amico,  e con una folta barba scura, i lunghi capelli ben tirati da un codino; una coppia degna di un torneo di wrestling, insomma, di quelle che ci mettono davvero poco togliersi di dosso sguardi indiscreti.
-Mi sfugge qualcosa…- disse, calmo. Ne aveva di merda sulla coscienza per lasciarsi impressionare da certi fatti.
 -…Che intendi per “andati”?-
Manolo sputò via un frammento di nocciolina; riusciva a mangiare, bere e fumare allo stesso tempo.
-Intendo che uno si è beccato un’ ascia in faccia e l’altro migliaia di morsi da dei vecchi invasati del cazzo.- disse.
-Hmmm…- fece Lauro, -…La storia di Marilyn e del ragno gigante, però, proprio non mi fila.-
-Neanche a me…- disse Manolo. -…E lo capisco. Chi cazzo  potrebbe convincere, del resto? Un bambino, forse; però sembravano molto reali ed è il quello che ho visto.-
-Oppure hai creduto di vedere,…- lo interruppe Lauro.
-Sì, abbiamo bevuto, se è questo che vuoi dire, e tanto, e per come si sono messe le cose immagino che poteva anche esserci della merda di droga in quello che ci è stato offerto, ma non è questo il punto. Quello che  davvero mi preoccupa è di avere guai, essere accusato di omicidio…-
Si guardarono di nuovo attorno.
-…Per questo ti chiedo di venire con me a cercare quella fogna, a coprirmi le spalle magari, mentre cerco di far luce sulla faccenda; tanto per capire se anche la fine di quei due è stata una mia allucinazione…-



-… Di sicuro c’è che i loro parenti li stanno cercando dalla notte scorsa e che con tutta probabilità presto arriveranno a me… E siccome mi sembra di averti parato il culo più che lealmente in diverse occasioni…-
-Va bene, va beneEEEEE!!…- lo interruppe Lauro. -…Intorno alle sette e mezza stacco dai miei affari e dopo aver mandato giù qualcosa ti vengo a prendere.  Mi porto anche qualche ferro di quelli giusti, okay? Hai delle preferenze?-
-La mazza di un guerriero medioevale se ce l’hai…- ghignò Manolo. -…Di quelle piene di spuntoni. - 


Gli dei dementi dei film di serie b erano già su di giri; quanta carne c’era da mettere sul fuoco! E certo non immaginavano che l’occasione di divertirsi con quel ceffo si sarebbe ripresentata così presto; in un attimo, quindi,  li misero sulla strada giusta. Quella dell’Orbit.




-Puttana, lo hai preso!…- gridò Manolo.
-Era solo un gatto, calmati!-
-Mica mi fotte più di tanto, odio quelle bestiacce di merda, ma lo abbiamo visto sbucare con largo anticipo e dietro non c’è nessuno; potevi almeno rallentare. Se non altro per evitarmi questo schifo…-
Sul parabrezza si era spiccicato qualcosa di scuro che sembrava un pezzetto di fegato, e che il vento aveva presto pazzato via lasciando uno sbavo di sangue.
-Al diavolo!…- rise Lauro. -…Neanche è la prima volta che stiro un animale, sai? Una volta mi sono beccato pure una  cazzo di scimmia…-
-Una scimmia?!!- chiese Manolo.
-Già. Vicino a un tendone di nomadi. Forse stavano piantando una specie di circo e quella merda è saltata fuori, andando a finire proprio in mezzo alla strada. La mia strada.-
-Il cazzo che ti sei fermato, vero?-
-Ci puoi scommettere che non mi fermo per una stronzata del genere…- rispose Lauro. -…Comunque l’ho vista rotolare sul parabrezza e farsi un bel volo alle mie spalle. Meglio che finire i suoi giorni con quelli zingari, credo. Anzi, ne sono certo.
-In effetti…- commentò Manolo. In questo caso pareva d’accordo.
-Sei sicuro che l’altra volta vi siete fatti tutta questa strada?…-  disse Lauro. -…E’ da più di un’ora che attraversiamo ‘sti campi e alberi dimenticati da Dio: non un’indicazione, non un cartello; mi stan girando veramente i coglioni…-
Manolo osservò stupefatto il sole, quanto era eccessiva la rapidità con cui stava calando.
-Mancano pure i pali della luce…- proseguì Lauro. Razionale o  stolidamente concreto pure nell’assurdo, tanto che il suo cervello sembrava aver  automaticamente ignorato quel repentino cambio di luminosità e l’assenza totale di altri autoveicoli.
-Ma porca…- tentò di replicare Manolo.
-Cosa?!-
-No, ecco…- riprese. -…Ma non ti sei accorto? Siamo passati dal cazzo di giorno alla notte in meno di tre minuti.-
Lauro guardò l’orologio.
-Eh!…Ma sono anche le dieci, vaccatroia!… Se non fa buio adesso!- rispose.
-E allora vaffanculo!… Ci siamo persi pure due ore! Lo capisci?-
-No.-
-Abbiamo un buco di almeno due ore, porca puttana! E’ semplice! Sta buttando  male, come la volta scorsa.-
-Stronzate…- replicò Lauro. -…Hai letto troppi Dylan Dog, visto troppi film di fantascienza…-
-Stronzate?! Cerca di riflettere un attimo su quello che ti sto dicendo, non farmi incazzare...-
Uno degli dei dementi contrasse spasmodicamente diciotto dei suoi arti informi. Stava godendo di quella conversazione come un bambino, perché quello era proprio il frasario da stupidi bifolchi che amava; pieno di parolacce e imprecazioni.
-Non è che, magari, quella gran massa di nuvole lo ha appena coperto, il sole…- spiegò Lauro, -…dandoti la sensazione di essere passati troppo in fretta a questa oscurità?-
Manolo guardò ancora il cielo.
-L’ho visto tramontare…- rispose. -…Là dietro non c’è un cazzo.-
Tuttavia per il suo amico questa cosa delle nuvole poteva anche essere una buona spiegazione, ignorando il vuoto temporale e mnemonico di quelle due ore, naturalmente; soltanto che proprio dal punto indicato  sbucò una cometa che finì a picco  dietro a degli alberi.
Boooooooooooom!
La udirono schiantarsi lasciando dietro di sé un’intensa e luminosissima scia di condensazione verde.
-CAZZO!…- esultò Manolo.
Con una bella inchiodata Lauro fece slittare di un ampio semicerchio l’auto, finendo in un campo alla sua destra.


-Ci siamo, quasi…- disse Manolo. -…Ecco la luce.-
-Non mi pare una bella idea…- rispose Lauro, volgendo il suo sguardo alla vettura. -…averla lasciata là in fondo, in quel modo.-
-E chi cazzo te la tocca?…- chiese Manolo. -…Poi l’hai chiusa; di che ti preoccupi?-
Mano a mano che si avvicinavano alla nube di pulviscolo fosforescente s’intravedeva fra gli alberi una costruzione, un casolare grigio di almeno un secolo.
-Il tempo di vedere cosa diavolo è successo e torniamo a cercare quel tuo cinema di merda.- riprese Lauro.
-Orbit! Guarda!…- lo interruppe Manolo. All’altezza del secondo  piano, proprio sotto l’ornamento floreale dipinto alla base della  copertura, era inciso quel nome.
-Non sembra un cinema.- commentò Lauro.
-Infatti. Andiamo a vedere lo stesso, però, perché porta lo stesso nome e la cosa mi puzza parecchio.-
Raggiunsero quindi l’alta cancellata che circondava il tutto e, tra i fitti rampicanti che la ricoprivano, diedero una sbirciata al cortile interno.
-Ma non ci dovrebbe essere un cazzo di cratere?- chiese Manolo.
Una breve scalinata portava all’ingresso e, a pochi metri da essa, da un antico pozzo fuoriusciva il cono ormai ridotto a pulviscolo   lasciato dal bolide.
-E’ finito lì dentro…- disse Lauro. -…L’acqua lo sta raffreddando. Forse si tratta di un meteorite… Comunque quell’affare doveva essere molto più piccolo di ciò che abbiamo creduto di vedere.-
Un uomo si affacciò da una finestra al secondo piano.


-Avete bisogno, signori?-
-Mentre percorrevamo la strada, laggiù, abbiamo visto qualcosa piombare dal cielo e finire proprio qua sopra.-
Lauro indicò il pozzo.
Anche la fumigazione si era ridotta ad un alone appena visibile.
-Sicuri? E’ un’illusione che possono dare spesso le stelle cadenti quando oltrepassano la line dell’orizzonte…- disse l’uomo. -…Io non vedo niente.-
-Abbiamo sentito lo schianto. Un botto mica da ridere.- spiegò Manolo. Era da pochi secondi che aveva a che fare con quell’individuo e già se lo sentiva pressare con forza sui testicoli.
-…Scusi, ma lei…- l’uomo finse di osservare meglio i due nella scarsa luce creata da un lampione. -…Lei è il signor Balchi, vero? Mi pare di riconoscere la voce.-
Manolo volse uno sguardo interrogativo all’amico, sebbene la domanda fosse stata rivolta a lui.
-Sì, sono io.- rispose
-Non riuscivo a vederla bene. Comunque capita proprio al momento giusto, signore; entri pure, il cancello è aperto.
 Anche se questo non è certamente orario di visite, abbiamo bisogno di lei. Forse è il caso che venga un attimo a parlare con suo fratello…-
-Mio fratello?- gridò Manolo.
-Sì. Questa sera non riusciamo a calmarlo, siamo a corto di sedativi e si è pure rotto un gancio di quelli che lo tengono attaccato alla parete; Quello che teneva bloccato il braccio destro…-
-Ma di che cazzo sta parlando, questo?…- chiese Lauro.
Manolo appoggiò entrambe le mani sui fianchi.
-Non lo so proprio, credimi.- rispose.
L’uomo, intanto, si era già precipitato di sotto ad attenderli; nel senso che si era proprio lanciato dalla finestra o almeno così li parve di vedere.



-Trauma cranico…- commentò Manolo. -…Esce sangue dall’orecchio. Ma come cazzo gli è venuto in mente di buttarsi?!-
Lauro guardò in alto, cercando di scorgere nel buio della stanza se c’era qualcuno che poteva averlo spinto.
Intanto l’uomo aveva alzato la faccia dal lastricato di pietra e rotolando su un fianco si era messo supino.
-Sto bene.- disse -Non preoccupatevi. -
Lo aiutarono a rialzarsi.
A Manolo venne subito in mente il vecchio a cui aveva rotto il naso un paio di giorni prima nel cinema: la follia che aveva negli occhi e il  suo modo innaturale di reagire al trauma subito.
-Sicuro che va tutto bene?…- chiese, allungandogli un fazzoletto tutto incapperottato e sporco di grasso che teneva nei jeans. -…Può usarlo per tamponare l’emorragia. -
-Nessun problema, ripeto…- lo fermò l’uomo. -Sto benissimo. Grazie!-
Lauro lo stava fissando interdetto e con pavida diffidenza.
-Ma come poteva dire una cosa del genere?…- pensò. -…Ha fatto un volo di quasi dodici metri e il sangue continua a sgorgargli  a fiotti.-
Ora poteva percepire chiaramente anche lui qualcosa di storto in quella serata; in macchina, fra l’altro, ricordò di aver citato Dylan Dog e ora se lo trovava davanti; un sosia perfetto, in carne ed ossa, per di più vestito allo stesso modo.
-Lui è…- disse, facendo un cenno a Manolo. -Lo riconosci, vero?-
Tuttavia, il disinteresse di questi per la lettura includeva anche i fumetti. -No, non l’ho mai visto prima, e ci dev’essere un altro equivoco…- disse, contraendo i pettorali e facendo roteare le spalle come per prepararsi a un incontro di pugilato -…dal momento che non ho fratelli.-



-Mi ha spinto Gibbo, il paziente affetto da ipertricosi…- disse Dylan Dog. -…Credevo di averlo legato bene, invece…-
-Ipertricosi?- chiese Manolo.
-E’ una rara disfunzione genetica che procura a chi ne è affetto un manto di peli più fitto di quello di una scimmia…- spiegò Dylan.
-…Forse, nella penombra della mia stanza non  lo avete visto comparirmi alle spalle proprio perché la sua pelliccia è nera e gli ricopre interamente anche il volto.-
Si guardarono attorno, in quella struttura tetra e fatiscente, un largo corridoio con una dozzina di porte e mattonelle giallastre portava a una rampa di scale. In fondo c’era anche qualcuno steso su una barella e parzialmente coperto da un tendone di plastica.
-…Me lo hanno portato qui ieri…-
-Lei è un dottore?- chiese Lauro.
-No, io sono il guardiano di questo posto…- rispose Dog.
-E cosa diavolo è questo posto?- s’intromise spazientito Manolo.
-Come, signor Balchi, non ricorda? Questo è il cottolengo dove è ricoverato suo fratello.-
Manolo decise di assecondarlo.
-Posso vederlo?…- chiese. -…Almeno mi faccio subito un’idea del problema.-
-Il problema sono questi colpi…- proseguì Dog. -…Li sente?-
Poi aprì una porta e, in una stanza completamente vuota, legato a una parete con degli anelli di metallo, videro che c’era un uomo deforme e gigantesco. Alto almeno due metri e mezzo.



-Porcaccia di quella…- commentò Lauro.
-Vedete quei calcinacci?…- disse Dog. -…Se riesce a liberare anche l’altro braccio siamo nei guai, e mi pare si stia dando un gran daffare per ottenere questo risultato.-
L’uomo, infatti, continuava a strattonare l’anello che teneva bloccato il suo polso sinistro, del tutto indifferente alla loro presenza.
-…C’è un grosso blocco che supporta il gancio, ed è murato in profondità, ma considerando quanto è riuscito a fare dall’altra parte…- proseguì Dog.
 Manolo era rimasto senza parole. Quella specie di creatura gli somigliava, benché avesse una testa enorme, con due bozze frontali tanto gonfie e sferiche che da conferire alla fronte l’aspetto di  un culo.
Il resto del viso, invece, butterato e con barbetta fulva, era proprio tale e quale al suo; così come la muscolatura, resa ancora più  impressionante dalle dimensioni del corpo vestito  solo da un paio di calzoncini elasticizzati.
-Non è che ti sei perso qualcosa del tuo passato famigliare?- chiese Lauro.
Manolo indicò la parete e il suo mostruoso occupante.
-Non so cosa ci sia sotto, ma questa volta non lascerò alla situazione il tempo di precipitare…- disse. Poi, rivolgendosi a Dog: -…Siamo venuti qui a cercare il grassone e l’altro; quelli che stavano con me nel cinema, ricorda?-
-Oooooooh!… Certo che lo ricordo, signor Balchi. Stanno al piano di sopra; ho dovuto allestire una stanza speciale con vasca per contenerli…- rispose Dog.
-Bene, allora noi, adesso, andiamo su a riprenderceli e togliamo il disturbo. Visto che non sono proprio in vena di altre cazzate.- disse Manolo.

Gli dei dementi presero a torcersi stizziti.
 …E la situazione precipitò.




-Ma lei crede davvero di poter venire qui a parlarmi con questo tono? A fare quello le pare?- chiese Dog, pacato, ma con voce gutturale,  mentre i suoi occhi ingiallivano e si rovesciavano all’indietro, e le sue braccia si allungavano fino a toccare il pavimento.
-Via! Via! Via!! Cazzo!!!…- gridò Manolo. -…Andiamo a recuperare quei due e filiamocela!-
TRRRRROOONCH!!!…
Intanto il fratellino era riuscito a liberare anche l’altro braccio.
-Sparo a tutte e due?- chiese Lauro. Lestissimo ad estrarre il cannone.
-Lascia perdere, magari sono solo mie illusioni!- ghignò Manolo, correndo in fondo al corridoio.
-Affanculo! Coglione! Io resto qui a coprirti le spalle.-
Dylan Dog, dopotutto, era certamente un po’ cambiato, ma restava   buono e quasi immobile a completare la sua lenta metamorfosi.
-Non ce la potete fare…- disse. Della melma bluastra gli usciva dalla bocca e dall’orecchio. -…Almeno che non si decida di riutilizzarvi in qualche altra nostra fantasia.-
Lauro gli puntò la pistola alla testa, tenendo d’occhio anche l’altro mostro.
-Bella fantasia del cazzo!- disse.
Sentiva delle porte aprirsi.
-Non perdere tempo a sbirciare in giro!…- gridò. -…Vai sopra!-
Ma Manolo era già arrivato al piano superiore.
Quelle che stavano uscendo dalle altre camere, in realtà,  erano tutte le altre mostruose aberrazioni dell’anatomia umana concepite dagli dei dementi; pronte a dare sfogo a al loro sadismo. 
Urlavano, grugnivano o soffiavano come serpenti.
E avevano molta fame.
Lauro ne vide un paio entrare nella stanza.



Partirono quindi tre colpi, senza troppi perché. Il terzo per Dylan; dritto dritto nel gozzo.
-Mi spiace… - pensò Lauro. -…Sono sempre stato un tuo fan, ma nei fumetti li cacciavi i mostri; non eri uno di loro.-
Poi ne arrivarono altri.
Un campionario assortito di arti sproporzionati e multipli. Un uomo con tre braccia e la coda gli saltò addosso, beccandosi il calcio della pistola sui denti.

-Ora ti faccio vedere come si organizza uno splatter coi fiocchi…- disse uno degli dei dementi, facendo comparire sulla scena diverse armi da taglio; fra cui un’ascia, una motosega e la mazza piena di spuntoni. Anche se non tutti parevano d’accordo.
Il cugino di Nyarlathotep, in particolare, credeva che non fosse divertente pilotare o agevolare le azioni difensive dei due protagonisti.

Manolo intanto era sceso, trascinando i viscidi corpi dei suoi compagni. Erano ancora vivi, boccheggiavano e sputavano acqua, incapaci di parlare.
Naturalmente non avrebbe potuto farcela da solo se ora di essi non restava che la testa, da cui si dipartiva un piccolo torso e lunghi tentacoli da calamaro.
Li guardò disgustato.
Inebetiti e dallo sguardo spento, parevano privati pure del cervello. Evaristo, in particolare, aveva una lunga cicatrice che gli divideva in due la faccia, esattamente nel punto in cui Jerryll l’aveva colpito con l’accetta.
Poi li gettò in mezzo al corridoio, creando una piccola pozza,  e cominciò a menar cartelle di qua e di là.
Li avrebbe ripresi dopo, e caricati in macchina, come prova, a  testimonianza del fatto che era capitato loro qualcosa di straordinario con cui lui non aveva niente a che fare.
-Vieeeeeeniiiiii a tirarmi via sta merda!!!- gridò Lauro.
Aveva ficcato entrambe le mani nelle mascelle di uno di quelli abomini e tirava con tutte le forze per lacerarle, per evitare che gli  addentassero la faccia.



Manolo raccolse l’ascia e la mazza, e si fece strada. Buona parte di quella moltitudine di corpi furiosi era già stata trattata a dovere, ma restava ancora molto da fare.
TRRRRROOONCH!!!…
Intanto suo “fratello” era riuscito a liberarsi anche una caviglia.
-Allora?! Vacca boia!!!…- insistette Lauro. -…Arrivi o no?-
Manolo afferrò la spalla dell’essere e con uno strattone lo fece ruotare, piantandogli la lama nel petto.
Aveva come tutti gli altri un sangue denso e grumoso che, schizzandogli sulle labbra, constatò, sapeva pure di ketchup.
-Ma la pistola?…- chiese Lauro. -…Perché cazzo non usi quella?-
-Perché appena l’ho tirata fuori è diventata una poltiglia puzzolente.- gridò Manolo, mostrando la mano tutta lordata da qualcosa di violaceo.

Anzughshothtatan, uno degli dei dementi, quello che aveva avuto l’idea di far comparire le armi da taglio, scagliò sulla scena il paziente coperto di peli, facendo in modo che piantasse al volo una bella coltellata a striscio nell’addome di Lauro.
-OOoooAAARRRrrrrgh!!!……….- fece quest’ultimo.
Operazione riuscitissima, fra l’altro. Guarnita da una bella colata d’ interstizi.
-Mi ha fottutooooooooorghhhhhh!!!!…Oarrghhhhoghogh!!!.. OOOooooorrrrrghhhh!!!… Ipertricotico di merdaaugrrrooohh… -



-Questo qua…- disse Anzughshothtatan ai suoi compagni, -…per tutto il tempo ha mostrato emozioni decisamente inappropriate alle nostre rappresentazioni; un equilibrio e una capacità critica che mi hanno davvero snervato.-
-Bluuurp ….oooorgh!…caz…oogh!...- proseguì Lauro.
Cominciava a rovesciare un po’ troppa roba.
-…Eeeeoorrghhh glof! glofoobffohhhh!…-
Così, Manolo decise d’impulso di finirlo con una tremenda mazzata sulla testa. In parte perché lo vedeva spacciato e non gli andava di vederlo agonizzare, e in parte perché lo infastidivano le sue strazianti urla di aiuto.
Poi cacciò un urlo e riprese a colpire, tranciare e maciullare tutte le creature che aveva attorno; fino all’ultima.
-Quanta rabbia, frustrazione, egoismo e follia ci sono in questo ragazzo, invece…- commentò Anzughshothtatan,   -…Lui sì che mi piace!-



-Cosa ne facciamo, allora?…- si chiesero alcuni degli dei dementi.
-E’ un simpaticone, qui quasi tutti lo adorano, d’accordo, ma non possiamo certo permettergli di sconfinare con la nostra roba.-
Il cugino di Nyarlathotep prese la parola.
-Facciamo che appena arriva nel suo quartiere quelli si squagliano come gelatina. Tanto sono dei simulacri abbastanza resistenti alle radiazioni del reale, ma non abbastanza da resistere a lungo fuori dal nostro campo.-
-E se, in questo lasso, riuscisse a mostrarli a qualcuno?- chiese un altro.
-Nessun problema. Quel qualcuno diverrebbe in breve partecipe della sua follia. Tanto non è la prima volta che qualcosa di nostro sconfina; lo sapete benissimo.-
-Sentite, …- intervenne quello che non si era lasciato distrarre dalla conversazione; una specie di caravella portoghese avvolta da una fitta rete di scariche elettriche -…Vedo che gli mancano ancora  quattrocento metri per uscire dalla fascia boscosa e attraversare il prato; con quei due sulle spalle, certo, ridotti in quello stato non pesano molto, ma sono sempre un bel carico per raggiungere in tempo la macchina…-
TRRRRROOONCH!!!
-…con il nostro falso fratellino alle calcagna.-
L’ultimo gancio che lo teneva bloccato alla parete si era appena rotto.
-… Quindi, se davvero alcuni di voi gli sono così affezionati da non volerglielo dare in pasto, dobbiamo intervenire subito…-
Indicò il punto della distorsione dimensionale da cui si godevano lo spettacolo.
La creatura aveva preso a correre come un treno fuori dalla casa.
-…Prima che esca dal nostro raggio d’azione, ovviamente.- proseguì caravella.
La facoltà che permetteva loro questi rimodellamenti e intrusioni  negli universi altrui, infatti, era molto limitata nel tempo e al suo trascorrere si riduceva pure in termini di estensione spaziale.
-Ce la può fare…- dissero alcuni; i fan più sfegatati. -…Anche lui corre alla grande. E’ un campione! -
Intanto il mostro aveva già raggiunto il punto critico, quello che andava oltre la chiusura della singolarità.
-Sicuri?- 
-Ma sì, ma sì. Vedrai!-
-Anche senza le chiavi?…- obiettò caravella. -…Temo le abbia dimenticate in tasca del
  suo amico.-


III e ultima PARTE: il passaggio


Frantumò il finestrino con un bel gancio destro e, dopo aver sbloccato la sicura, getto sul sedile posteriore i corpi dei suoi unticci e aggrovigliati “amici”.
Stravolto dalla stanchezza e dal furore di quei momenti pareva che avesse il doppio dei suoi anni. Rughe e smorfie di dolore gli solcavano il viso, la milza stava per esplodere.
Questa volta era senza fiato, era andato oltre il vigore e i vantaggi che potevano procurargli il suo costante allenamento, e vedeva già il mostruoso clone avvicinarsi; neanche un centinaio di metri e avrebbe dovuto fare i conti con tutta quella massa di muscoli e furioso cannibalismo.
Raccolse quindi quel poco di forze che gli restavano, assieme al cric e alla catena che, fortunatamente,  Lauro aveva avuto la dabbenaggine di non utilizzare per bloccare la pedaliera e il volante.
-Questa volta non ce la faccio…- pensò. Anche mentalmente era impreparato a dover affrontare la minaccia di una prestanza fisica superiore alla sua; era una cosa che non aveva mai neppure  lontanamente considerato, se non nell’infanzia quando l’incontrastabile imponenza del padre gli era costata spesso qualche cinghiata.
Tuttavia la creatura aveva deciso di cambiare la direzione della sua corsa, quasi a volerlo graziare,  e non gli si avventò contro come aveva immaginato; i fari di un’altra vettura di passaggio, infatti,  avevano attirato la sua attenzione: una bella scatola di metallo, rossa luccicante; qualcosa che non aveva mai visto prima e che ora, da vicino,  gli si offriva anche più ricca di cibo.
Cinque appetitose personcine che lo indicavano strabuzzando gli occhi, inopportunamente curiose e confuse dallo stupore; soprattutto il conducente con la sua splendida, istintiva idea di rallentare.
Manolo osservò come la station wagon su cui viaggiavano a confronto delle dimensioni del mostro pareva quasi un go Kart.
Vennero quindi travolti e capottati all’istante da una tremenda serie di pugni e spallate che accartocciarono con agghiacciante facilità l’auto.
Poi vide il gigante sfilare da sotto i resti del parabrezza una donna e portarsela con entrambe le mani alla bocca. La teneva sollevata  per il collo e la vita dei pantaloni, come un bilancere, affondandole con foga la spessa dentatura in un fianco.
Urla, ruggiti. Coreografiche  fontanelle e schizzi di sangue.
Qualcuno stava cercando di liberarsi dalle lamiere; aveva appena messo fuori la testa e un braccio, e il mostro l’aveva subito afferrato e scaraventato in aria, assieme al corpo quasi separato in due parti della donna.
Manolo, quindi, con gran gaudio dei suoi fan deo-dementi, ne approfittò per risalire in macchina e sfruttare al volo le sue competenze di elettrauto; quelle che gli permisero in meno di due minuti di rompere il plasticone del vano cruscotto, strappare e ricollegare i fili del motorino di avviamento.


Arrivato a casa, la villetta che suoi genitori gli avevano lasciato in eredità prima che lui li facesse rinchiudere e marcire all’interno di uno squallido ospizio,  rimase per qualche attimo nascosto nel box.
Lì , indisturbato e con tutta calma, mise i due freaks in un borsone e se li portò di sopra. Intendeva immergerli nella vasca da bagno per tentare di rianimarli ed eventualmente comunicarci, ma sembravano già morti. Subito dopo aver compreso il loro stato di effettiva, gelatinosa morte, decise quindi di togliersi di dosso tutte  le cose che gli erano sprizzate in faccia e sul collo.
Una doccia completa sarebbe stata troppo impegnativa, così optò  per  un rapidissimo consumo di acqua e sapone nel lavandino;   badando bene a ripulire solo il necessario.
E fu proprio mentre quel poco di acqua scrosciava nelle tubazioni che sentì qualcosa muoversi nel soggiorno.
Un tonfo e un colpo secco sopra il tavolino di fronte al divano.
-Vieni pure, amico!…- disse l’intruso, comodamente seduto e a gambe accavallate.
Era un cowboy tutto impolverato e vestito di nero.
Manolo entrando nella stanza lo vide di spalle, nella penombra creata dalla debole luce lunare che filtrava dalle tapparelle, con quei suoi stivali muniti di sperone; avevano ammaccato e inciso in profondità il rivestimento di legno su cui si erano abbattuti. Umanoide; mancava, tuttavia, di una cosa che suscitò subito in lui un familiare e sgraditissimo orrore: la testa, e il cappello era letteralmente appoggiato su quello che doveva essere il tronco del collo. La bocca c’era, invece, ma appariva a un paio di metri di distanza, bella ingrandita sul ventiquattro pollici ancora a tubo catodico appoggiato sul mobile di fronte a loro.
-…Non sono qui per portarti grane…- riprese l’uomo.
-…penso che riusciremo a fare una bella conversazione, se ti siedi un attimo e fai refluire tutto quel testosterone che t’ingorga il cervello.-
Manolo osservò le labbra quasi femminee che si muovevano nel video, la perfetta e abbagliante dentatura che mettevano in mostra.
-Hmmm… E se volessi cambiare canale?…- chiese. -…Mi sono un po’ rotto il cazzo di tutta questa storia.-
-Non puoi. Il mio nome, comunque, è Popalong Cassidy…-
Si alzò un attimo, soltanto per sollevare il televisore e collegarselo al posto della testa.
-QUELLA E' ROBA MIA!!- urlò Manolo.
Lo stress non gl’impediva di arrabbiarsi anche per cose futili   davanti a una situazione così straordinariamente incredibile.
-Lo faccio solo per creare maggiore empatia, darmi un volto. Non ti scaldare, amico…-
Popalong aveva una voce suadente, molto virile,  con quella calma e atteggiamento compassato, però, che le davano un’ equivocabile e strana intonazione ironica.
-…Vengo per due ragioni importantissime…- disse.
-Sentamo!…- rispose Manolo. -…Se sono davvero soltanto due, ci possono anche stare, basta che poi ti levi in fretta dai coglioni.-
-…Vedi, non è che questo, poi, risolverebbe i tuoi problemi, caro. Soprattutto se prima non faccio qualcosa per tirarti fuori dalla possibile accusa di omicidio…-
-Alludi alle due carcasse che nessuna cosa di questa terra può aver storpiato in quel modo?-
Popalong spolverò e sistemò il cappello sopra il monitor, questa volta mostrando bene di avere due mani del tutto differenti; una pelosa, da uomo lupo, e l’altra piena di squame e palmata. Arti di vero tessuto vivente, ma abbozzati in modo pacchiano come quei guantoni di gomma che si trovano nei negozi a Carnevale.
-Quelle si sono già squagliate…- rispose Popalong. -…Puoi andare a controllare, e comunque non ti avrebbero mai permesso di provare l’esistenza degli dei dementi o di un qualcosa di soprannaturale.-
Manolo si sedette sopra una cassa panca in cui aveva riposto alcuni attrezzi di lavoro, fra cui delle grosse e pesanti chiavi inglesi. Non gli andava di stare troppo vicino a quell’essere e voleva sentirsi pronto a colpirlo in caso di pericolo.
-Gli dei dementi?!- chiese.
Popalong cominciò a spiegare.
-Loro sono gli artefici di questa tua truculenta gitarella nell’ignoto…-
-L’Orbit?- lo interruppe nuovamente Manolo.
-…Già! Un luogo che può essere un drive-in, un cinema, un cottolengo e tutto quello che vuoi nascondere a te stesso; un recinto delle tue paure e dei tuoi sogni proibiti, dove loro possono intervenire a piacimento.
Un tempo li avrebbero chiamati demoni, diavoli o spiriti del male; in realtà sono aldilà di qualsiasi definizione morale. Fanno semplicemente ciò che li diverte, mette paura o turba tutte le entità che incontrano. Si potrebbero definire dei cretini, secondo una logica e dei modelli di comportamento umani, ma non è così.
Prendono il peggio di quello che appartiene alla tua specie e ti ci immergono fino al collo… Vogliono vederti sguazzare nella tua stessa “merda”, insomma, per usare un linguaggio che più si confà  alla tua scarsa educazione e infimo livello culturale, perché per loro questo è anche il modo più efficace per comprendere la natura e il senso più profondo del tuo essere.
Qui, sul vostro mondo, sono rimasti affascinati dai film dell’orrore e di fantascienza e,  in particolare, da tutte quelle creazioni della vostra fantasia che vi scambiate per produrre idiozia e sgomento. L’assurdità di concepire qualcosa che per divertire o comunque generare interesse possa produrre anche sensazioni tanto spiacevoli gli è sembrata fantastica, oltre ogni loro capacità speculativa. Soltanto ora, per mezzo di tutto questo vostro orrore auto indotto,  cominciano a comprendere il concetto di “catarsi”…-
-‘Sti cosi qua…- lo interruppe Manolo. -…da dove cazzo  vengono, se mi è dato di saperlo?-
-Vengono in gran parte da Joe Lansdale,…- rispose Popalong. -… uno scrittore americano che con la sua fantasia ha gettato le basi nel multiverso per la loro esistenza. Beninteso, non è che lo abbia fatto consapevolmente, gli aveva solo inseriti come i macabri responsabili di una vicenda narrata in un suo romanzo, ma poi hanno preso vita; sicché, nell’ infinito orizzonte degli eventi fisicamente possibili, anche questo genere di singolarità legate al pensiero può produrre dissociazioni viventi e autonome. Brandelli d’informazioni ed esistenza incorporea che continuano a ricombinarsi, fluttuando da una dimensione all’altra, finché non incontrano un’intelligenza capace di organizzarle o strutturarsi attraverso di esse in qualcosa di…-
-Ma porca puttana!…- commentò Manolo. -…Perché non levi quella cazzo di bocca dallo schermo e non ti fai trasmettere un vero volto, un bella faccia completa?-
Gli dei dementi, dopo qualche secondo di segnale disturbato, fecero comparire sul video la sua.-



-Questa ti va bene, amico?-
-Sì, questa è la faccia di uno che mi piace.- rispose Manolo, specchiandosi. Poi con uno sputo si sistemò i capelli.
-Ora veniamo alle due informazioni che dovevo darti…- riprese Popalong. -…Considerato che non sembri aver compreso e apprezzato appieno quanto ti ho appena detto…-
Manolo, in effetti,  ora stava più che altro rivolgendo la sua attenzione alla consistenza di un pezzetto di muco che gli era rimasto appiccicato allo zigomo.
-…La prima è che hai ingerito il sangue di un simulacro. La qual cosa comporta una contaminazione interdimensionale che gli dei non possono accettare, poiché in breve creerebbe una specie di canale ad alta frequenza di percorribilità e ingresso per tutta una serie di entità che ora non è il caso di elencarti…-
-Ma non me ne fotte un cazzo, comunque.- disse Manolo. -…Puoi pure permetterti di essere breve.-
-…Bene! La seconda è che intendono intrappolarti per sempre in una specie di limbo, dove tu potrai in qualche modo agire da consulente ogni volta che loro decideranno di sfogarsi con qualcuno della tua razza. Agli esperimenti, magari, qualche volta potrai pure partecipare in veste di carnefice; visto che ormai ne hanno, anzi, ne abbiamo appreso le tue incontestabili e preziose attitudini.-
Manolo alzò un sopracciglio e poi si stropicciò con vigore il mento; ora seriamente rivolto alla sua interiorità.
Poche risposte lo attendevano. I contenuti erano minimali, del resto, giusto quelli che gli permettevano di farsi un rapido giro nel grottesco luna park della sua mente.
- Qualche fighetta, magari, in mezzo a tutte quelle porcate di mostri, me la concederete ogni tanto?- chiese.
-Basta che non lasci tracce, ragazzo!…- rispose Popalong. -…Basta che non lasciamo tracce…-
Ptzzzzzzzziuuuuuuuuummmmm!!!
E lo schermo si spense, risucchiandoli nella sua oscurità.




FINE
Orbit (2011)
Racconto di Fabio Cavagliano

2 commenti:

  1. Woah! Uno spettacolo!
    Ho letto entrambe le parti oggi pomeriggio e ne sono rimasto deliziato. Un misto di splatter e comicità demenziale che mi ha davvero steso, colpendomi fortissimo. Il personaggio di Manolo è azzeccatissimo - ignorante e cafone al punto giusto - e il legame tra gli dei dementi e l'Orbit è parecchio gustoso.
    Durante la lettura della seconda parte pensavo: "Toh, Manolo ci starebbe tanto bene, al fianco degli dei dementi!" e il finale, infatti, mi ha dato riscontro positivo, ahahah.
    Insomma, storia riuscitissima impreziosita da illustrazioni eccezionali.
    Ottimo lavoro, Fabio!

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  2. Essendo un appassionato di b-movie, da quelli anni ’50, come “il mostro della laguna nera” o le commedie beffa interpretate da Bela Lugosi e Gianni e Pinotto, fino alle più recenti porcate in stile “il vendicatore tossico” della Troma, non potevo che apprezzare e desiderare di rimettere in scena le entità create da Lansdale.
    L’idea era anche di fonderle con la mitologia lovecraftiana dei “grandi antichi”, ma poi mi son lasciato prendere la mano e ne è venuto fuori questo polpettone super trash (tutt'altro che cosmico e forbito nella prosa e sua componente orrorifica). Questi dei dementi, in ogni caso, con la loro capacità di plasmare a piacimento lo spazio tempo, mi hanno da subito affascinato; anche per via di tutte le infinite soluzioni narrative e possibilità d’incursione nei generi che offrono.
    Dalla fantascienza al pulp, l’horror e il comico, insomma, ci si può sbizzarrire.
    La mia commistione, certo, non propone niente di significativo sul piano dei contenuti (“è come fare un giro nella casa degli orrori al luna park” ha commentato a riguardo il buon vecchio Bob, a una mia precedente pubblicazione su Net della storia e cogliendo in pieno l’ intento); tuttavia, mi sono divertito molto a scriverla e illustrarla. Specie nella creazione del fulvo e cafonaccio macella mostri.
    Ti ringrazio della lettura.

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