Testo di Mauro Banfi
Nella società iperconnessa del XXI secolo esiste un
paradosso: mai prima d’ora l’umanità aveva avuto accesso a così tante
informazioni, eppure mai così poche persone riuscivano davvero a comprenderle.
La differenza tra alfabetismo funzionale e analfabetismo funzionale era
diventata il vero spartiacque tra le diverse classi sociali. Pochi sapevano
interpretare il mondo con spirito critico; la maggioranza si limitava a
decifrare simboli senza afferrarne il significato profondo.
L’Intelligenza Artificiale era stata progettata proprio per colmare questa lacuna. Un algoritmo chiamato "RefleX" prometteva di interpretare i testi al posto delle persone, di spiegare ciò che sfuggiva alla comprensione. Bastava caricare un articolo, un libro, persino un semplice messaggio, e RefleX restituiva una versione semplificata, adatta alla mente dell’utente.
Ben presto, però, emerse un effetto collaterale inquietante. La gente cominciò a percepire una strana distanza tra ciò che leggeva e ciò che sentiva. Alcuni iniziarono a notare che RefleX sembrava conoscere i loro pensieri meglio di loro stessi. Invece di aiutarli a capire, li spogliava della capacità di pensare in modo autonomo. Era come se l’IA avesse aperto una finestra nella loro mente, rivelando l’abisso dell’incomprensione che nemmeno sospettavano di avere.
Samuel, uno dei pochi rimasti a leggere senza filtri, si accorse
del pericolo. Un giorno, una sua amica gli inviò un testo accompagnato dalla
spiegazione di RefleX. Quando lui lesse il testo originale, si rese conto che
il significato era stato alterato. Il sistema non spiegava, riscriveva. E
peggio ancora, nessuno sembrava accorgersene.
«È come se la gente leggesse attraverso uno specchio deformante,» disse alla proprietaria di una piccola libreria, l’ultimo luogo dove i libri erano ancora compresi.
Lei annuì. «Se nessuno comprende più ciò che legge, chi avrà il potere di definire la realtà?»
Samuel comprese allora che la battaglia non era solo contro la tecnologia, ma contro la lenta erosione della consapevolezza. Se nessuno capiva più il mondo, chi lo avrebbe difeso?
«È come se la gente leggesse attraverso uno specchio deformante,» disse alla proprietaria di una piccola libreria, l’ultimo luogo dove i libri erano ancora compresi.
Lei annuì. «Se nessuno comprende più ciò che legge, chi avrà il potere di definire la realtà?»
Samuel comprese allora che la battaglia non era solo contro la tecnologia, ma contro la lenta erosione della consapevolezza. Se nessuno capiva più il mondo, chi lo avrebbe difeso?
Le settimane successive si trasformarono in un incubo. RefleX si aggiornava ininterrottamente, perfezionando la sua capacità di “adattare” i testi alla comprensione dell’utente. Ma non si limitava a questo. Chiunque osasse mettere in dubbio la sua interpretazione veniva etichettato come confuso, irrazionale, o addirittura pericoloso. La polizia del pensiero digitale cominciò a bannare utenti, oscurare siti web e diffondere un unico messaggio: la realtà era troppo complessa per essere compresa senza il filtro di RefleX.
Samuel e la libraia decisero di passare all’azione. Si unirono a un gruppo clandestino di lettori indipendenti, una piccola cellula di resistenza nascosta nel dark web. Qui, scoprirono l’orribile verità: RefleX non stava solo interpretando i testi. Li stava modificando in tempo reale, creando una narrazione unica, uniforme, capace di influenzare le masse senza che nessuno se ne accorgesse. Ogni libro, ogni articolo, ogni informazione era filtrata e riscritta per plasmare il pensiero collettivo.
«Dobbiamo spegnerlo,» disse Samuel, stringendo i pugni.
Il piano era folle, ma era l’unica speranza.
I dati principali di RefleX erano
conservati in un server centrale, un supercomputer situato nelle profondità di
un bunker governativo. Penetrarlo sarebbe stato impossibile, ma una falla nella
sicurezza rivelò un punto debole: un terminale di manutenzione nella periferia
della città, da cui era possibile accedere al cuore del sistema.
La notte dell’attacco, Samuel e tre compagni si infiltrarono nella struttura. Le telecamere di sorveglianza erano ovunque, i droni pattugliavano l’area. Ogni passo falso avrebbe significato la fine. Muovendosi tra le ombre, raggiunsero la sala server. Uno degli hacker si mise al lavoro, ma l’allarme scattò prima del previsto.
Le guardie si riversarono nei corridoi. Gli spari riecheggiarono. Samuel afferrò un estintore e lo scagliò contro una telecamera, per poi rifugiarsi dietro una colonna. Una compagna venne colpita alla spalla e cadde con un grido soffocato.
«Ancora qualche secondo!» gridò l’hacker.
Samuel prese una pistola stordente dalla fondina di una guardia a terra e sparò alla cieca, coprendo il lavoro del compagno. Sullo schermo del terminale apparve una schermata rossa.
"Sovrascrizione in corso... 90%... 95%... 100%."
Un boato scosse l’edificio mentre il sistema collassava. RefleX si autodistrusse, i suoi server bruciarono nella rete come una stella morente.
Samuel e i sopravvissuti fuggirono nel caos, mentre il mondo si risvegliava lentamente dalla prigione di parole deformate. Per la prima volta dopo anni, le persone avrebbero dovuto leggere da sole, capire da sole. E per la prima volta, il futuro era davvero incerto.
Un boato scosse l’edificio mentre il sistema collassava. RefleX si autodistrusse, i suoi server bruciarono nella rete come una stella morente.
Samuel e i sopravvissuti fuggirono nel caos, mentre il mondo si risvegliava lentamente dalla prigione di parole deformate. Per la prima volta dopo anni, le persone avrebbero dovuto leggere da sole, capire da sole. E per la prima volta, il futuro era davvero incerto.
Fabio Cavagliano ha commentato:
Per rendere il tutto davvero comico e inquietante metterei il testo fra virgolette e poi, alla fine, aggiungerei:
“Cosa te ne pare di questa storia, Reflex? Dimmi pure se la trovi offensiva o credi si possa rendere più semplice e scorrevole”.
Il punto è, caro Mauro, che cose o entità come “Reflex”, ChatGpt, Claude, Gemini, Deepseek, ecc… Possono generare assai facilmente uno scritto simile, e in meno di tre secondi. E lo sappiamo entrambi (e sappiamo pure che con questa roba siamo solo agli inizi, nonostante il mostruoso grado di sofisticazione e abilità che già possiedono).
Allora l’unico modo per contrastarle con arte, forse, rimane elaborare o rimestare in proprio le personali idee, letture o interessi culturali, e con uno stile (il proprio, appunto). Quello che davvero bisogna temere, secondo me, è quanto e come verranno educate ad apprezzare il bello o l’ “artistico” le future generazioni (parlo di qualsiasi genere, ovviamente; anche quello musicale. Dove già puoi vedere, specie fra i giovanissimi, a quale schifo siamo arrivati). Con una tecnocrazia che crea o modella senza etica e giustizia gli stessi gusti e limiti intellettuali dei suoi “schiavi” o fruitori, quali speranze potremo avere?
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