Appartieni ai cetrioli

 

Una verità sepolta nell’acciaio, le punte lucide, nei luoghi che nessuno mangia
Dove onde d’idee
e spaghetti,

Pronti a strisciarti nell’anima
Nel cuore nascosto dell’universo
 
William pensò questo e poi ebbe una specie di paralisi allucinatoria.
Non riusciva proprio a muoversi.
Stava nel suo appartamento, da solo.
In mano reggeva una forchetta e il suo sguardo era fisso su di essa.
Sentiva un gelo divorargli le carni e la mente.
Si sentiva nudo. Nudo davanti a qualcosa che non poteva occultare con nessun’altra attività o pensiero.
Era come… Come osservare direttamente l’abisso, il riflesso infinito di qualcosa che…
Che faceva male, ma non aveva davvero ingerito.
Il bolo spugnoso e caldo della rivelazione.
Gli si espanse in gola e tolse il respiro.
Sentiva del sangue colargli dai condotti lacrimali.
O meglio, sentiva la ferrosa affinità del liquido con la dura e insopportabile realtà promanata dalla forchetta.
La fredda, fottuta forchetta dell’apocalisse o qualcosa del genere, pensò.
Il tempo pareva essersi attorcinato, forse sul suo collo, come una sciarpa di piombo, oppure cristallizzato fino a lacerare con sottili punte la trachea.
S’immagino di gridare con tutte le forze e vide una sorta di eco o radiazione espandersi e propagarsi attraverso onde luminescenti dalla sua bocca.
Era un inutile flusso di ego particelle, parole e ricordi.
Di tutta quella fuffa che gli avevano inculcato e che aveva seguito con la stolida ferocia di un criminale programmato per annichilirsi un po’ alla volta.
Dei pesci pagliaccio cominciarono ad affiorare dal tavolo su cui poggiava l’altra mano di cera e, nuotando, si librarono davanti ai suoi occhi.
Alcuni rimasero fermi a osservarlo, impietosi, altri presero a cibarsi del flusso di particellare, idiozie e puro terrore che gli usciva dalla mente e che, come una corrente beatifica, sembrava loro tanto giovare. Mentre si ristoravano e massaggiavano pure la livrea attraversandola, nei riflessi delle loro strafottenti squame intravide un codice. 
Lo riconobbe subito e in parte attraverso una memoria ancestrale precedente allo sviluppo del linguaggio.
Erano parti della formula per liberarsi dal virus della parola.
Perché ogni sensazione o pensiero espresso attraverso di essa, sì, erano come un doloroso, elettrico e gigantesco amo conficcato a forza nel suo cervello. Qualcosa che sentiva l’urgenza di disconoscere.
 
Il piatto non c’era più, credette. Il piatto o ciò che era disposto a sostenerlo.
Oppure era vuoto; vuoto nel vuoto, collassato assieme alla stanza.
Forse non c’era mai stato.
Si torturò nel pensiero di averlo messo o non messo sul tavolo.
Soltanto gli spaghetti, impastati come vermi sulla sua schiena; quelli poteva ancora percepirli con gli ultimi sensi o parte del messaggio rimasto, la verità che non era stato in grado di decodificare.
Avrebbe voluto ruotare dentro se stesso per vederli, capire meglio, ma non c’era niente da fare; eguagliare la loro viscida e infame avanzata verso la conoscenza era impossibile.
Favorite dalla rabbia e dalla frustrazione, un’orda di lettere esplosero fuori dal suo petto e s’incastrarono tutto attorno, formando una fitta e lattiginosa rete bianca.
Una luce accecante
divennero poi.
Divennero poi una luce accecante.
Non c’era un ordine, infatti, neanche nella voce narrante e priva di onniscienza che osservava e descriveva la sua esperienza.
Perché non c’era un ordine.
Perché ogni parola o pensiero erano come giganteschi ami, cellule impazzite. Una gelida e inarrestabile tortura.
Gridò ancora, irrigando le guance di altro sangue ed esplodendo in altre mute onde di radiodisperazione.
In un cosmo sordo al suo dolore.
Tac! Tac! Tac! Tac! Tac! Tac! Tac! Tac! Tac!...
Dove la morbida macchina da scrivere martellava altre lettere, ami e chiodi-concetti nella sua mente.
Lettere che non volevano far parte di quella luce, che volevano sadicamente sentirsi distinte dalla sua grazia, mentre i demoni in fondo all’abisso lo incitavano a disconoscere e liberarsi.
Perché non c’era un ordine. E ogni parola e pensiero erano come giganteschi ami, come le catene arpionate di un cenobita che lo tiravano e trattenevano.
 “Qual’è il tuo pasto o primo passo, oggi?”, gridò l’abisso.
Un lago di sangue punteggiato da vortici oscuri.
L’anticristo era una coccinella.


Sì, che lo sbeffeggiava attraverso altre cellule di quel cancro fatto di lettere, sovrapposizioni e nonsensi.
E ogni suo tentativo di raggruppare, legare, dare un ordine e definire…
Il primo amore.













"Appartieni ai cetrioli" di Fabio Cavagliano (2024)

NDA. La frase che da il titolo a questo racconto è presa da un cut-up di William Burroughs.

1 commento:

  1. Fu subito tolto dalla circolazione negli Stati Uniti e il suo autore portato in un tribunale a spiegarne il significato.
    Sto parlando di “The Naked Lunch”, uno dei testi più strani che abbia mai incontrato; partorito negli anni della Beat Generation da William Burroughs. Romanzo accusato di possedere un messaggio occulto o, in qualche modo, criptato dalle sue varie costruzioni fantastiche, considerate oscene ed eversive.
    In realtà, neanche il suo autore seppe subito darne una visione d’assieme che ne chiarisse ragionevolmente il contenuto; a partire dal titolo “il pasto nudo”, che egli definì come “quell’attimo congelato in cui vedi esattamente cosa c’è sulle punte della tua forchetta”.
    Io credo, tuttavia, viste anche le molte interpretazioni a cui si presta l’opera, che questo “pasto” fosse inteso come critica a tutto quello che si “ingurgita” della realtà e del sociale senza intenderne o, peggio ancora, volerne intendere l’orrore e potere condizionante.
    La tecnica con cui è scritto è già di per sé detestabile e difficile da seguire, in ogni caso. É quella che Burroughs stesso presentò come un antidoto al “virus della parola”: il cut-up, che consiste nel tagliuzzare a casaccio le pagine di un testo e ricombinarlo altrettanto a casaccio per formale frasi e parole nuove…
    “la scrittura è ancora confinata nella camicia di forza sequenziale e figurativa del romanzo,” scrisse, infatti, in suo saggio “una forma altrettanto arbitraria che il sonetto e altrettanto remota dei fatti reali della percezione e della coscienza umana quanto quella forma poetica del quindicesimo secolo. La coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up. Ogni volta che andate giù per la strada o guardate fuori dalla finestra, il fluire della vostra coscienza è tagliato da fattori casuali.”
    Non meno inquietante nel ritmo, nelle immagini e nella filosofia o messaggio di fondo lo è pure l’adattamento cinematografico del 1991 che, giustamente, non poteva che essere lasciato nelle mani di Cronenberg. Dove, però, si riesce a dare al tutto una coerenza e minimo di struttura narrativa. Ma anche qui, devo dirlo in tutta franchezza, non sono riuscito ad “esaminare” la cosa in una sola seduta, nonostante la sua atmosfera soporifera, allucinata, fumosa e pulp (a partire dal look del protagonista, Bill Lee; interpretato da Peter Weller, lo stesso che impersonò l’androide di “Robocop”) e i suoi bei motivetti jazz di sottofondo (…c’è una scena, a proposito di mostruosità allucinanti, nella parte iniziale, dove si può ammirare questo scarafaggio alato, gigante e con una specie di grosso sfintere anale sul dorso da cui parla… ‘Na roba davvero raccapricciante e stomachevole, ve lo assicuro!). Si trovano, comunque, nei dialoghi fra i personaggi più o meno umani che compaiono nella vicenda molti rimandi alla filosofia scrittoria dell’autore e cenni biografici; come, ad esempio, l’ assassinio involontario della moglie.
    Molto interessanti, però, e questi ve li consiglio, ho trovato il mini saggio sulla scrittura creativa di Burrougs e la sua biografia, che contengono aneddoti anche sulla creazione del romanzo di cui sopra.
    Qualcuno, al processo, per scagionarlo da tutte le accuse di eversione occulta, disse semplicemente che questo “pasto nudo” era solo una descrizione dell’inferno e il suo autore, in effetti, in quello della tossicomania e della tossicodipendenza ci era sprofondato più volte.

    testi di riferimento: "la scrittura creativa" di W.Burroughs
    Edizioni SugarCo

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