domenica 10 aprile 2022

La mamma è sempre la mamma



Racconto di Rubrus 


«Ecco Michele, il nostro intenditore».
Il tizio cui era rivolto il saluto si girò verso Gabriele e Raffaele, prese un bicchiere di whisky – o meglio lo fece apparire nella mano destra, ma chiunque lo avesse visto avrebbe detto che lo aveva “preso” da qualche parte – mosse qualche passo e si sedette al tavolo con gli altri due.
«Vedo che anche tu hai rinunciato alle ali» disse Raffaele.
Michele fece spallucce. «Il corpo umano non sarebbe tanto male, se non fosse così stretto. Con le ali diventa insopportabile, senza contare che è un look superato».
«Per questo il bicchiere?» chiese Gabriele.
Michele bevve un sorso «Oh no, quella pubblicità non la ricorda più nessuno. È solo che mi piace il whisky».
«La guerra non passa mai di moda, invece» commentò Raffaele.
«Non è questione di “moda”, lo sappiamo tutti e tre» puntualizzò Michele.
«Sì, lo so, anche noi abbiamo la nostra, al di fuori dello spaziotempo, ma è diverso, e anche questo lo sappiamo tutti e tre» lo rimbeccò Raffaele.
«A proposito, Mick, prima che tu arrivassi, Gabriele e io ci chiedevamo se non ci fosse lo zampino di… quegli altri. Tu che ne dici?».
Michele scosse la testa «Difficile dirlo. Libero arbitrio. Continuo a chiedermi se sia stata un buona idea».
«"Deve" essere stata una buona idea» scattò Gabriele. Guardò Raffaele in cerca di approvazione, ma quello disse: «Non so, Gabe. Non mi sembrano molto felici».
«E chi dice che dovrebbero essere felici?» disse Michele «Possono sempre pentirsi, è questo che conta».
Toccò a Gabriele assumere un’aria sconsolata «È proprio questo che mi dà da pensare. Non ho molto lavoro, ultimamente. Con tutti questi nuovi media, non pretendo di avere il monopolio come ai vecchi tempi, quando ogni messaggio, ogni comunicazione ufficiale, per non parlare delle annunciazioni, era affar mio, però...».
«Insomma, la guerra gli piace» concluse Raffaele.
«Sin da quando hanno mangiato il maledetto frutto» convenne Michele «Chiunque se ne sarebbe accorto» finì il bicchiere «Sì, la guerra gli piace. Poi le ragioni per farla si trovano».
La domanda rimase sospesa, come invisibile su ali invisibili.
«Insomma, ci siamo?» chiese Raffaele, impossibile dire se altri o se stesso, o se si aspettasse una risposta.
«Uriele che dice?» domandò Gabriele.
Michele sogghignò. «Niente. Si sa che non può dire niente. Sta ai servizi segreti, lui». Altro sogghigno «Ufficialmente, è riuscito a far mettere in dubbio di essere uno di noi e qualche volta mi chiedo se davvero… Disinformazione».
Gabriele si appoggiò allo schienale con cautela, come se dovesse stare attento alle ali che non aveva più. «Ci sono andati vicino un sacco di volte, spesso senza neanche saperlo, convinti di potersi fermare appena in tempo, e finora è stato così, ma basta una volta, una volta sola e...».
«“Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi (1)”» sussurrò Raffaele, poi, a voce ancor più bassa: «Nubi atomiche».
«Neanche noi sappiamo l’ora o il giorno» disse Michele.
«Questo non vuol dire che non sia questo» fece Gabriele «Ci sono stati già diversi supplementari».
Raffaele annuì «L’ultima volta… e forse anche la penultima, avrei giurato che fosse quella buona, ma poi Le ha dato retta e… ricordate. Magari anche stavolta...».
Michele fece comparire un altro bicchiere di whisky. «Non si sa mai» «La mamma è sempre la mamma» .










(1) Vg. Matteo 24,29-30 (Adatt.)

N.d.A 
   
A livello di catechismo, uno degli appellativi della Madonna è "advocata" (v. il "Salve Regina"). D'altra parte San Paolo definisce lo stesso Gesù come "un potente avvocato presso il Padre". Insomma, abbiamo bisogno di un Collegio di difesa e l'unico cui è riservato il ruolo di castigatore sarebbe il Padre. Il Vecchio Testamento era più lineare: se c'era una qualche disgrazia era perchè c'era stata qualche trasgressione e questo approccio non è scomparso, ma si è complicato e sfaccettato nel momento in cui si è preferito o si preferisce accentuare l'aspetto misercordioso del divino rispetto a quello di un dio giudice. La cosa certa è che il male (nelle sue varie forme, guerra compresa) lo facciamo noi (per questo alcuni dicono che persino il diavolo non serve e ci sono dibattiti sul suo effettivo ruolo, solitamente ritenuto quello del tentatore), come anche il bene. Si può discutere se ciò sia sufficiente a indirizzare l'esito complessivo delle nostre azioni in una direzione o nell'altra oppure se sia necessario l'intervento di un agente esterno.


3 commenti:

  1. Bello.
    In effetti, come già ti avevo scritto riguardo a questa storia, pare proprio (almeno, secondo le profezie di Fatima e altre legate al fenomeno delle apparizioni mariane) che sia proprio la Madonna a trattenere la “mano punitrice” di Dio. Un po’, sì, come una mamma disperatamente impegnata a difenderci, avvisarci anzitempo dell’esito sempre più disastroso delle nostre azioni (“uomo avvisato mezzo salvato” si dice, no?!... Be’, pare proprio che non lo abbiamo ancora capito o non abbiamo alcuna voglia di credere al suo messaggio.

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    1. Per quelli che chiedono "da dove prendi le idee" (ammesso e non concesso che possa valere chiedersi da dove sia venuta questa): da una vecchia pubblicità più la faccenda (recente) della consacrazione (credo che sia la terza, la seconda senz'altro). Il terzo segreto di Fatima è stato svelato. Ovviamente c'è chi non riesce a farsene una ragione. Comunque, quando prevedono la fine del mendo, mi sento più tranquillo perchè, se uno ci crede, sa che è imprevedibile e così repentina da non lasciare il tempo, se si è nell'orto, di andare in casa a prendere il mantello (adesso non ricordo in quale passo di quale Vangelo è scritto).

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  2. Ciao Rub!

    Anche qui, come nel racconto di Mauro, è l’amore l’antidoto alla (auto)distruzione. Un amore certo diverso, qui declinato nella sua accezione materna, l’amore della mamma – che è sempre la mamma – in grado di perdonare tutto, di intercedere per il figlio, di frapporsi tra esso e le gravi, seppure magari giuste, conseguenze dei suoi (reiterati, finanche imperdonabili) errori.
    Anche qui, la speranza è legata all’amore, e anche qui è flebile: è una possibilità, non una certezza; non sappiamo se effettivamente l’amore ci salverà, perché non sappiamo se effettivamente l’amore arriverà, si riverserà su di noi, lo riverseremo gli uni sugli altri, prima del tracollo definitivo.
    Chissà se noi siamo capaci di atti d’amore tali da scongiurare la nostra stessa fine auto-inflitta, o forse è necessario che l’amore venga a noi, discenda dall’alto, "deus ex machina" che possa dirimere e appianare ogni divergenza. Tempo fa, qualcuno cantava che «Forse non è troppo tardi / Per imparare come amare / E dimenticare come odiare», ma sta a vedere se questa volontà di imparare esiste. Forse, dopotutto, la volontà più imperativa è quella del fallo battagliero di cui parla il buon Mauro. E forse, dopotutto, non ce lo meritiamo neanche, che qualcuno ce lo insegni, che qualcuno ce lo doni.
    Ma la mamma è sempre la mamma – e il suo perdono, il suo amore, va al di là della questione del merito.

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