Douglas Noel Adams.
"Bene! Antropoidi anche qui." commentò Yohv.
Il parameteoriti modificò la sua trasparenza in uno schermo dati panogalamico.
"Guarda qui…" aggiunse Moccio. "…Questo sistema ha un sole di dimensioni mostruose, probabilmente prossime al collasso."
"E dai! Ogni volta che si presenta la possibilità d’incontrare qualcosa provvisto di mammelle avanzi prospettive catastrofiche." sbuffò Yohv.
"Voglio ricordarti che abbiamo ancora due consegne da fare e non su questo pianeta…" lo rimproverò Moccio. "… Per far cosa, poi?! Partecipare a uno stupido concorso."
A Yohv fremettero di eccitazione i tentacoli.
"Proprio così!…" disse. "…Il grande concorso di arte universale."
"Già!… E tu vorresti proporre come opera un cubetto zerspek, la nostra merce, di cui non deteniamo alcun diritto se non quelli di vendita."
"Considerala promozione, allora…" rispose Yohv. "…Ho proprio un gran bisogno di svagarmi, vedere qualcosa di nuovo."
"Già!… Nuovi tipi di mammelle, immagino."
Raggiunto lo spazioporto di Evigam, che in realtà era un planetoide artificiale dinamico in grado di viaggiare nello spazio, i due vennero subito invitati a bordo di un drone adibito all’istruzione e accompagnamento dei partecipanti.
Un sinistro tubo privo di oblò o pertugi che potessero in qualche modo lasciar intravedere il paesaggio e il percorso utile a raggiungere l’esposizione.
Dentro, poi, nel suo angusto e scomodissimo spazio, c’erano anche altre venti o trenta creature. Perlomeno, quelle che la loro semiumana percezione gli consentiva di distinguere.
"Guarda che ti sei seduto su qualcosa di animato." disse Moccio.
Yohv si rialzò subito.
"Eh! eh!… Scherzavo."
Anche una specie di orripilante cavalluccio marino che stava di fronte a loro si mise a ridere.
"Benvenuti e grazie a tutti voi…" esordì pochi secondi dopo la partenza una voce proveniente da dei forellini sul tettuccio del veicolo. "…Potete alzarvi. Siamo già arrivati! Tutto quello che c’è da sapere sarà di facile intuizione all’interno del complesso in cui state per accedere, indipendentemente da quello che è il vostro livello di stupidità o conoscenza dell’universese. Inoltre, non dovrete neanche assolutamente preoccuparvi del rischio di trasmettere eventuali malattie; qui, infatti, a beneficio delle ricerche condotte dalla nostra unità scientifica, abbiamo deciso di non rendere necessario alcun processo di decontaminazione… Anche perché, poi, è la nostra natura completamente artificiale a proteggerci. Buon divertimento, quindi."
"Hai inteso la neanche poi tanto implicita minaccia contenuta in questo messaggio?" chiese con maligno sarcasmo Yohv.
"No…" rispose Moccio. "… e non credo di averne bisogno. Mi basta osservare la situazione e i suoi protagonisti." Indicò con un rapido gesto della mano tutto il bestiario intergalattico costituito dai passeggeri.
"Bene. Tanto ne abbiamo fatte parecchie di vaccinazioni."
Il tubo atterrò nell’ hangar di accesso al padiglione e si aprì alle estremità, evacuandoli in un batter d’occhio vista la puzza che aleggiava al suo interno.
"Seguite le orme gialle di orzanoraptor disegnate sul pavimento…" concluse la voce. "…anche se appartenete a un’altra specie o siete sprovvisti di zampe, piedi e qualsiasi altro tipo di arti inferiori e appendici."
Oltrepassarono quindi un immenso portellone a tenuta stagna e si trovarono faccia a faccia con una miriade di piccoli robot e tutta l’infinità di altri concorrenti che li aveva preceduti.
I piccoli robot, là dove era subitaneamente possibile, sembravano intenzionati a comprendere e registrare il contenuto di ogni nuova opera, materiale o concettuale che fosse, in modo da poterla subito inviare al cervellone centrale organizzatore della manifestazione; tale Erzabon 315, intelligenza artificiale di classe f proveniente da una non ben definita distorsione quantica della Terra.
Questi, poi, che non aveva assolutamente idea di che criterio adottare per vagliarla, traduceva il tutto in neuro impulsi e frattali d’informazioni mnemo compatibili con la struttura cerebrale dei giurati, in modo da poterli subito mettere al corrente di quello che era arrivato.
Il processo adottato da Erzabon era molto simile alla telepatia; vicino alla demenza paranoica ossessiva, invece, quello di traduzione degli impulsi adottato dalla giuria. Comunque era tutto organizzato in modo tale da stornare il più possibile l’attenzione da questo aspetto scadente della manifestazione.
"Ecco a voi, signori!" disse una di quelle piccole macchine, cacciando un paio di drink a Yohv e Moccio.
"Grazie!" risposero all’unisono.
"Vivete in simbiosi?" chiese il robot.
"No! No… Siamo colleghi, quasi amici." rispose Moccio.
"Ahm,… vedo che state sempre vicini. Comunque potete ben bere senza problemi. È un liquido neutro a sensibilità illusoria."
Yohv cacciò un dito dentro al bicchiere per verificare che il suo contenuto verdastro non fosse almeno corrosivo.
"Ma è vuoto!" disse.
"No, è un ologramma a micro scariche percettive. Fate finta di berlo e ne sentirete il gusto."
Moccio, confortato dal colore familiare della pseudo bevanda, buttò giù il primo sorso.
"Non sa di niente." commentò.
"Appunto! E’ neutro, come spiegavo prima…" disse il robot. "…e continua a rigenerarsi. Così potete illudervi di berne quanto volete, senza il rischio di dare di stomaco o urinarvi addosso; visto che qui non ci sono bagni."
Si guardarono attorno, osservando per la prima volta bene quello spazio sconfinato, visto che erano stati raggiunti e distratti subito dal robot.
Anche le pareti metalliche ai lati del portellone d’ingresso sembravano curvarsi all’infinito.
Moccio esplorò ancora meglio l’ambente con i suoi due occhietti ausiliari.
Sopra alle loro teste, a circa una quarantina di metri, un elettro perturbazione di plasma ondulante opale fungeva da soffitto; poi, qua e là, da essa venivano giù dei colonnati all’apparenza più solidi sui quali apparivano di continuo immagini e informazioni inerenti alla mostra.
"Cos’è quella roba?" si lamentò Moccio.
Le riproduzioni ologrammatiche di molte opere, infatti, fluttuavano inquietanti a mezzaria in modo che tutti potessero ammirarle.
"Sono alcune delle cose giudicate più interessanti, almeno per il momento…" rispose il robot. "…Voi cosa avete portato?"
Yohv tirò fuori dai ciano jeans un cubetto di densa gelatina zerspek.
"Questo!…" spiegò. "…può avere tante di quelle applicazioni che…"
"Ma sì, lascia stare…" lo interruppe la macchinetta. "… Lo metto sotto la voce “cazzate”. Tanto poi sarà la giuria ad occuparsene come si deve."
Poi fece uno foto e una rapida scansione all’oggetto, in modo da registrarne sommariamente struttura e funzioni.
"E la giuria dove si trova?" chiese Moccio.
Centinaia di creature impedivano di capire dove finisse di estendersi quello spazio e fra esse Yohv si era già messo alla disperata ricerca di qualcosa che avesse mammelle e un bel paio di gambe.
"È nel grande banco semicircolare di valutazione a sette cidelkilometri da qui…" rispose il robot. "…Procedete in quella direzione e, se riuscite a mantenerla, forse camminando anche sulla folla che la circonda, riuscirete a vedere qualcosa."
"È necessario incontrarli di persona?" chiese ancora Moccio.
"Bha!… Non credo…." rispose il robot. "… Su qualche colonna potrete osservarne le attività in tempo reale. Inoltre ci sono box girovaghi d’informazione e oloproiettori ovunque, adibiti proprio a questo scopo."
La giuria era composta da esseri ed entità di vario genere, perlopiù sedute e in completo disaccordo fra loro o del tutti incapaci di comunicare e comprendersi. Subissati, poi, da continue minacce e tentativi di corruzione occhieggiavano all’impazzata di qua e di là in una sorta d’impaurito stordimento che rendeva loro veramente difficile focalizzare l’attenzione sulle cose che venivano loro trasmesse telepaticamente da Erzabon 315.
Molte di esse, inoltre, erano state scelte a caso fra i concorrenti che per qualche strana ragione si erano offerti a rivestire quel ruolo; oppure rapite da qualche mondo o universo parallelo e convinte con un ricondizionatore alfa psico destrutturate.
Comunque, per ognuno di loro, se solo ne avessero avuto coscienza, non sarebbe stato per niente difficile infinocchiare la massa con giudizi aleatori; dal momento che quasi nessuno sapeva cosa fosse realmente l’arte e cosa ci fosse in palio per il vincitore.
"Com’è che funziona, qui?…" chiese Yohv. "…Voglio dire, nel messaggio iperspaziale d’invito al concorso si parla di un'unica premiazione riservata al miglior artista dell’universo, ma non riesco a capacitarmi di come sia possibile valutare un così gran numero e genere di opere e, soprattutto, con quale criterio."
Certe cose, in effetti, presupponevano un atto di fede per essere apprezzate; come la scarpa allacciata con le superstringhe o il buco nero dentro la bottiglia.
Il robottino, comunque, si dileguò in fretta senza rispondere.
"Vedi?…" disse Moccio. "…C’è qualcosa di poco chiaro, ma non voglio essere pessimista dicendoti che di solito questo comporta guai."
"Bhà!…" si limitò a rispondere Yohv con un’alzata di spalle.
"Antropoidi?…" riprese a lamentarsi Moccio. "…Avevi detto questo, mi pare?"
E anche qui Yohv non poté fare a meno che guardarsi nuovamente attorno scoraggiato.
"C’è anche della roba che striscia…" gli fece notare Moccio.
Si riferiva a una specie di patella gigante con un ordigno metallico incollato sul guscio.
"Hei, amici!!…" gridò qualcuno alle loro spalle "…Che ve ne pare?"
Si voltarono e trovarono faccia a faccia con uno spilungone interamente coperto di ovetti kinder.
Anche del volto si riuscivano a intravedere solo il grosso naso e gli occhi
"Bella idea!…" commentò Yohv. "…Avrai faticato non poco ad attaccarteli tutti."
Moccio, dopo neanche un secondo di sorpresa, evitò deliberatamente di guardarlo.
"In realtà mi ritrovo qui e in questo stato a causa di un guasto al motore d’improbabilità infinita della mia astronave…" disse lo spilungone. "…Ma è una storia complicata e il suo sviluppo, per ora, si mantiene a un livello di follia accettabile... Speriamo che i miei ragazzi dell’equipaggio, lassù, sulla Cuore d’Oro, riescano a riparalo in fretta e ristabilire l’ordine delle cose. Comunque, piacere! Il mio nome e Douglas."
Yohv allungò la mano palmata.
"Piacere! Yohv." disse.
L’individuo indicò i suoi piedi. "Mi sto reggendo solo attraverso i mignoli, non è maledettamente assurdo anche questo?…" chiese. "…E il bello è che non posso farne a meno!"
"Io da qui me ne voglio andare…" disse a un certo punto Moccio. "…Stiamo vagando in mezzo a questa marmaglia da due ore e ancora non ho capito cosa dobbiamo fare."
"Sei stato squalificato! Sei stato squalificato! Sei stato squalificato! Sei stato squalificato! Sei stato squalificato!…" continuavano a comunicare sciami di sonde altoparlanti.
Intanto su alcune delle immagini riportate dalle colonne e vicino agli ologrammi apparivano delle x rosse.
"Bevi bevi! Sembra che abbiano appena cominciato la selezione." rispose Yohv.
Moccio si accorse che, in effetti, stava ancora stolidamente reggendo il bicchiere di neutro illusione che gli aveva offerto il robot e lo gettò alle sue spalle.
"Dobbiamo ANDARCENE!!…" gridò "…Gli organizzatori, se non l’hai capito, sono delle maledette macchine e non si preoccupano del nostro bisogno di assumere cibo."
"Oufff!… Ma come sei polemico!"
Qualcosa con troppe articolazione li rotolò accanto e spiccò un salto pazzesco verso la perturbazione opalescente.
“Straaaaaaaaaaak! Crock! Crack!” sentirono, quando l’effetto della folgorazione lo fece ritornare al suolo completamente inanimato.
Alcuni dei partecipanti, infatti, non avendo la minima idea del concetto di arte, si aggiravano interdetti producendosi involontariamente in delle performance che forse lo raggiungevano.
"Attento!!"
Yohv afferrò a una spalla il suo compagno per allontanarlo da una gruppo di cose che, gettandosi a terra, si stava disponendo a formare una grande x.
"Noi non ci stiamo! Non ci stiamo!" si lamentavano.
A ben guardare, anche fra i concorrenti ancora in gara, c’erano diversi di questi comportamenti che potevano dare adito al dubbio di una probabile sottostima e incapacità di cogliere il merito da parte della giuria.
Molti, poi, vedevano nell’ostilità e nell’ incomprensione che incontravano la conferma del loro genio.
L’ autoconvincimento sfociava spesso nella rissa. Il caso più eclatante, comunque, era quello di vesdrolicamese escoriato che continuava a ripetere a sé stesso “io sono un artista!”.
L’ autoconvincimento sfociava spesso nella rissa. Il caso più eclatante, comunque, era quello di vesdrolicamese escoriato che continuava a ripetere a sé stesso “io sono un artista!”.
E lo faceva a gran voce, quasi urlando e con la bava alla bocca.
Sonde precognitive a raggio temporale limitato adibite alla sicurezza, in ogni caso, evitavano spesso d’intervenire ben sapendo che tali atteggiamenti potevano terminare spontaneamente con irreversibili atti di autolesionismo; alcuni dei quali, fra l’altro, avrebbero potuto essere abbastanza intensi e spettacolari da rientrare perfettamente negli obiettivi della manifestazione.
"Ho visto quel tizio sparire e riapparire subito dopo…" disse Yohv. "…Te ne sei accorto?"
Moccio guardò la massa di strani tipi che facevano strane cose accanto a loro.
"Anche gli eventi più assurdi riescono a mimetizzarsi, qui…" commentò "…Cosa vuoi che ti dica, quindi? No! Non l’ho visto."
Il tizio, tuttavia, invece si accorse che lo stavano guardando.
Dondolò verso di loro come farebbe una scimmia con due lunghe zampe da struzzo.
"Ho dimenticato i fazzoletti sull’astronave e sono andato a prenderli…" spiegò.
Sembrava contento di aver finalmente trovato qualcuno con cui parlare.
"Teletrasporto?" chiese Yohv, indicando la tavoletta luminosa che l’essere teneva fra le zampe.
"Beh, non proprio. Quest’affare non funziona come dovrebbe, o meglio, riesco lo stesso a fargli fare quello che voglio ma per vie tortuose…"
Moccio si mise una mano sul mento, tra l’interdetto, il seccato e il meditabondo.
"Dopo il tale coperto dalle uova di cioccolato, ecco un’altro imbecille coi fiocchi." pensò.
"Mi spiego…" proseguì la creatura. "…In realtà sono tornato al momento in cui stavo per scendere dalla mia navetta; quindi è una specie di piccolo salto indietro nel tempo che ho compiuto."
"Hmmm… È una macchina del tempo, quindi?" disse Yohv.
"Non proprio! Cioè, può anche funzionare come tale…" rispose lo scimmiostruzzo. "…Con l’inconveniente, però, che ogni volta si è costretti ad accoppare i propri doppi temporali ed eliminarne subito la carcassa; altrimenti tutta la loro struttura atomica rischia di esplodere e annichilirsi in pochi istanti…"
"Mi pare abbastanza." si disse Moccio, volgendo la sua attenzione altrove. Un altrove privo di quei punti di ristoro che si ostinava a cercare.
"…Nel progetto originario, comunque, c’era soltanto un emulatore di primi piatti; i migliori accumulati nella mia memoria…" proseguì scimmiostruzzo. "… Cioè, l’idea da cui sono partito era che se avevo mangiato un buon piatto di cinciulle mutanti, che so, magari in qualche trattoria di Patton 6700 o di Fotros, e mi era particolarmente piaciuto, potevo replicarlo a casa mia e in qualsiasi momento estrapolandolo direttamente dal ricordo."
"Possiamo finirla qui?" stava per urlare Moccio, ma lo bloccò subito il suo collega quasi amico.
"Okay!…" fece Yohv. "...Ora ci sono! E’ un materializzatore mnemonico."
"Quasi,…" concluse con rammarico la creatura. "…È un po’ di tutto e lo si può usare nei modi più disparati e impensabili, anche come dizionario o guida turistica tanto per fare qualche esempio, fuorché quello che volevamo che fosse quando abbiamo inviato gli schemi di costruzione alla Società Cibernetica Sirio… Ma ci lavorerò su ancora e questa volta col mio staff, questo è sicuro, appena ci rientrano gli spicci spesi per alcuni investimenti."
"Ah, beh!…" commentò Yohv. "...Mi sembra la cosa giusta."
"Come prototipo, in ogni caso, è già qualcosa di abbastanza folle da poter competere in una manifestazione come questa. Non trovate?"
"Sicuro!…E magari vincerla…" rispose Moccio. "…Chi lo sa?!…"
Poi prese Yohv per un braccio.
"Complimentoni, in ogni caso, e… tanti saluti!" disse. " …Naturalmente, se riesce a perfezionare la faccenda dei primi piatti, non esiti a distribuire quell’affare anche nelle nostre terre."
"Oh, già!… Dimenticavo…" disse lo scimmiostruzzo. "…Questo è il mio biglietto da visita."
"Ci siamo!…" proclamò finalmente Erzabon, tuonando all’improvviso e in simultanea da tutte le colonne, e il cuore di almeno una trentina di piccole creature smise di battere dalla sorpresa.
La sua immagine appariva come quella di un esagono con un occhio al centro. Un occhio di tipo insettoide, sfaccettato da migliaia di altri piccoli esagoni a sua volta provvisti nel loro centro di occhi; occhi che erano sempre sfaccettati da miliardi di micro esagoni provvisti di micro occhi che proseguivano all’infinito la loro suddivisione atomicoesaologrammatica.
In realtà, comunque, questo Erzabon era una specie di banalissimo ragno meccanico a sei zampe ideato per esplorare le lune di Vega 29.
"Abbiamo un vincitore…" disse. "… e desideriamo compiere la sua volontà in quanto originale e sublime atto creativo, forte di una magnifica capacità di astrarsi…"
"Astrarsi o astrazione?" pensò. Era nel dubbio.
Mostrò la giuria in atti di forzata accondiscendenza; alcuni si stringevano addirittura le appendici in segno di pace.
"Astrarsi?!!" gridò qualcuno, rompendo il silenzio generale.
"Sì…" rispose Erzabon, "…Dal momento che il concorrente neanche si trova qui. E’ questo che volevo dire."
"Mi scusi, continuo a non capire." gridò ancora quel qualcuno.
"Intendiamo che si è limitato a rispondere al nostro annuncio con un semplice messaggio vocale inviato dalla sua navicella." rispose Erzabon, poi, ruotando velocemente, fece scomparire l’esagono per riproporre la registrazione del messaggio.
"Andate a schiantarvi sul cazzo di sole, voi e l’arte!" berciò una voce gutturale dall’apparecchio. Purtroppo non era disponibile nessuna immagine a rappresentarne l’autore.
"Magnifico, non trovate?" chiese Erzabon.
Silenzio. Qualche attimo di sbigottito sgomento.
"È tutto?" tornò a gridare lo stesso tizio di prima; l’unico con un apparato vocale così potente da poter sovrastare le ore decise urla di disapprovazione che si levavano dalla folla.
"Sì, è tutto, ma sufficiente proprio perché a nessuno, qui, sarebbe venuto in mente di pensare una cosa del genere…" rispose Erzabon. "…Quindi tenetevi forte, abbiamo già preparato le cariche per il salto iperspaziale verso il sole."
Yohv appoggiò una mano sulla spalla del suo amico.
"È uno scherzo…" disse. "…ben elaborato, ovviamente, ma pur sempre uno scherzo."
Moccio, tuttavia, non sembrava per niente convinto.
"Uno scherzo?!…"
Sventolando un braccio, chiamò un box girovago d’informazioni a sospensione per avere delucidazioni a riguardo.
"Davvero il pianeta sta per fiondarsi nel magma incandescente del vostro sole?" chiese.
"Proprio così, signore!…" rispose il box girovago. "…fra meno di un’ora le cariche di magnoioneturboesplosivo ci spareranno nel suo nucleo."
"Ah!…Bene. Posso esporre un reclamo?"
"Certo signore! Anche se verrà vagliato post morte."
"Anzi, no; vorrei conferire direttamente con il vincitore. E’ possibile?"
"hmmm…" fece il box. "…Vediamo. Provo a inviare richiesta a Erzabon."
L’attesa venne accompagnata da qualche bip bip di elaborazione del suo vetusto processore.
"Erzabon è assente." disse poco dopo.
"Qundi?" si spazientì Moccio.
"Posso provare ad agganciarmi alla frequenza del suo modulo di salvataggio, signore, se proprio lo ritiene utile; benché sia ormai un po’ troppo lontano dall’orbita…"
"C’è un modo di tornare allo spazioporto?" intervenne Yohv.
"Hmmm…" Bip! Bip! "... Non lo so, ragazzi. Erzabon ha lasciato precise disposizioni a riguardo che vietano di apportare modifiche all’opera e abbandonare il pianeta."
"Lui non si è fatto scrupoli a cambiare qualche dettaglio con la sua fuga!" ringhiò Moccio.
"Qualcuno doveva pure sopravvivere a testimonianza di questo straordinario happening, signore."
"Magari, vista l’assenza di Erzabon…" disse Yohv. "…L’ipotesi di qualche altro lieve ritocco, meno letale per tutti noi, potrebbe essere discussa con l’autore. Non crede?"
"Improbabile, signore. Stiamo parlando di uno che ha captato casualmente l’ololasermessaggio d’invito al concorso e che forse, adesso, si trova a chissà quanti anni luce da qui…" Bip! Bip! Brrr… Tì! Ti! Tza! "…Comunque ci provo lo stesso. Dopotutto ho accesso al database su cui è registrato l’ID del suo computer di bordo, che poi è quello che ha usato per risponderci."
…Bip! Bip! "Avete culo…" disse il box girovago. "… la frequenza del suo navigatore interstellare prova che è ancora nei paraggi. Che faccio, lo chiamo adesso?"
"Sì, E ALLA SVELTA!" rispose Moccio.
"Salve signore, lei è il vincitore del grande concorso di arte universale." disse poco dopo il box.
Sul suo monitor apparve dapprima un segnale disturbato, poi l’indistinta ed elettrizzata immagine di qualcosa. Qualcosa che comunque rimase poco distinta e disturbata anche con un segnale migliore.
Grifabio Animazioni
"Vincitore di che? Cosa cazzo volete ancora?…" berciò l’apparizione. "… Ho già detto che non me ne frega niente di niente della vostra merda. Chiaro?!!"
"Chiarissimo, signore. In ogni caso, ora lei è un grande artista universale e come conseguenza del suo talento ci sono già qui un paio di ammiratori che vorrebbero parlarle."
L’energumorghenz si massaggiò infastidito la mandibola piena di piccole protuberanze cornee.
"Sentiamo!" eruttò.
Fu Yohv a prendere la parola, disponendosi davanti alla telecamera del box girovago.
"…Ehm, salve!…" esordì. "…Innanzitutto, complimenti per la sua idea geniale di mandarci tutti a farci friggere…"
"Sì, davvero notevole." s’intromise Moccio.
"Aspetta! Aspetta!!…" grugnì l’energumorghenz "…Di cosa cazzo state parlando?"
Il box gli ripropose la registrazione del suo primo messaggio vocale travisato a suprema espressione artistica.
"Earrr…mgrrrrrrr…" fece l’energumorghenz. "…Quindi? Cosa significa tutto questo?"
"Quindi…" riprese Yohv "…E’ successo che qui l’hanno presa alla lettera signor… Signor?"
"Ma vaffanculo! Non te lo dico il mio nome." ruggì l’energumorghenz.
Yohv alzò le mani per scusarsi e col timore che la comunicazione venisse subito interrotta da uno stolido e brutale atto d’impazienza del suo interlocutore.
"Come preferisce…" disse. "…Quello che in ogni caso volevo spiegarle è che una qualche tipo di folle intelligenza artificiale ci ha intrappolati su questo pianeta mobile assieme ad altre centinaia di creature, e che ora siamo in caduta libera verso il sole proprio come da lei suggerito…"
"Non ancora…" lo interruppe il box girovago. "…Mancano quindici sidelminuti all’esplosione delle cariche e attivazione dei razzi."
"…Okay, comunque questo avverrà fra poco e proprio per via del…" tentò di proseguire Yohv.
"NE HO ABBASTANZA!!!" gridò l’energumorghenz.
"lo lasci finire, signore; la prego…" disse il box, che con la sua voce robotica gl’ispirava maggiore empatia. "…ha soltanto una cosa da aggiungere."
"Hmgrrrr… gh… earrrgh... ancora una, d’accordo, ma soltanto se non include supposizioni sulla moralità di mia madre."
Moccio spinse via Yohv dallo spazio di ripresa per occuparlo con tutta la sua furia obesa.
"Eppure ce ne sarebbero di cose da dire su quella schifosissima, lurida battonaccia, impestata!…" gridò, agitando uno dei suoi tre indici davanti allo schermo. "…Ooooooh se ce ne sarebbero!!"
"Aì! Iaì! Iaì!…" fece poco dopo il box girovago. "…E’ andata via la comunicazione."
E si dileguò in fretta, svolazzando a zig zag fra la folla, come gl’imponeva il suo programma: “schiva la discussione di problemi insolubili”.
"Il tuo guaio non è solo l’incapacità di controllare la fame…" disse Yohv. "… È che sei pure un gran deficiente!"
Moccio sembrava sapere il fatto suo.
"Sicuro di non esserlo anche tu?!" disse.
Aveva tirato fuori dalla tasca il biglietto da visita avuto dallo scimmiostruzzo.
"Passalo sul pulsar clib, valà!…"
Yohv tirò fuori il pulsar clib e lo usò per leggere e chiamare la banda magnetica registrata sulla tessera.
"Questo dovrebbe aiutarci?" chiese.
"Eccome! Se davvero quel tale è sparito per andare a prendersi i fazzoletti…"
Yohv cominciò a realizzare e mentalmente si prese a pugni per non essere stato il primo a pensarci.
"Vuoi tornare al momento dello scalo, immagino."
"Anche prima!…" rispose Moccio. "…Se è davvero possibile, naturalmente."
Lo scimmiostruzzo stava già facendosi largo tra la gente impazzita, per raggiungerli.
In realtà neanche aveva avuto bisogno di rispondere alla loro chiamata poiché, pur essendosi sempre tenuto a una discreta distanza in modo da non farsi notare, aveva sempre cercato di mantenerli nel suo raggio di azione; da buon viaggiatore iperspaziale, infatti, sapeva che in ogni circostanza singolare o potenzialmente pericolosa era sempre meglio stare vicini a qualcuno in grado d’intende l’universese. Qualcuno che non fosse soltanto una macchina.
"Eccomi ragazzi!…" gridò, tronfio e con divertita baldanza, dal momento che ora il suo aggeggio trovava un’utile applicazione. "…Cominciavo a perdere le speranze sul fatto che foste abbastanza intelligenti da chiamarmi. Ce li avete un paio di asciugamani?"
"Asciugamani??" chiesero i due.
"Okay, non li avete. Non ha importanza; vado a prenderli dalla mia scorta…"
Sparì e riapparve con il necessario.
"…Li dovete arrotolare in questo modo…" disse. "…Vi serviranno per strangolare i vostri doppioni temporali."
Yohv e Moccio annuirono inebetiti e presero gli asciugamani.
"È divertente l’autocrimine…" disse lo scimmiostruzzo. "…Non vi preoccupate! Io mi sarò già ammazzato almeno una cinquantina di volte, tanto che ho dovuto farmi montare un disintegratore di salme nella stiva."
"Autocrimine?" boccheggiò Moccio.
"Sì, è quello che dovete compiere e anche l’unico modo per evitare di venire arsi dal sole…" disse lo scimmiostruzzo. "…Quasi quasi vi taggo sulla mia nave, così vi mostro bene come appaio ben posizionato alle spalle del mio doppio e la velocità con cui riesco a farlo fuori; poi, sulla base dei vostri tracciati mnemonici di possibili ubicazioni adatte allo scopo, vi farò risalire sulla vostra dove dovrete fare altrettanto."
"Ottimo!…" rispose Moccio. "…E in quale momento?"
"Buona domanda…" si congratulò la creatura. "…Mediamente, con tracciati di percezioni cinestetiche di tipo umanoide come i vostri, posso spingermi nel passato di diverse ore. Quindi, anche in questo caso, non dovrebbero esserci problemi. Sicuramente non sarete ancora neppure atterrati su questo manicomio…"
"Bene! Antropoidi anche qui." commentò Yohv.
Il parameteoriti modificò la sua trasparenza in uno schermo dati panogalamico.
"Guarda qui…" aggiunse Moccio. "…Questo sistema ha un sole di dimensioni mostruose, probabilmente prossime al collasso."
"E dai! Ogni volta che si presenta la possibilità d’incontrare qualcosa provvisto di mammelle avanzi prospettive catastrofiche." sbuffò Yohv.
"Voglio ricordarti che abbiamo ancora due consegne da fare e non su questo pianeta…" lo rimproverò Moccio. "… Per far cosa, poi?! Partecipare a uno stupido concorso."
A Yohv fremettero di eccitazione i tentacoli.
"Proprio così!…" disse. "…Il grande concorso di arte universale."
"Già!… E tu vorresti proporre come opera un cubetto zerspek, la nostra merce, di cui non deteniamo alcun diritto se non quelli di vendita."
"Considerala promozione, allora…" rispose Yohv. "…Ho proprio un gran bisogno di uuuuuuurrRRRGh!"
Si portò le mani al collo, a quel grosso laccio spugnoso che lo stava soffocando.
"Eaaaaarghhhhhooouffffh!…."
Anche Moccio non sembrava passarsela meglio.
"Aarghhhhhooouffffh!…."
Grazie al suo collo taurino, tuttavia, riuscì per qualche attimo a opporre maggiore resistenza.
"…Ooooouuuuuuuuueagh!…"
"…Eaauuuegh!…"
"..Ooheoh."
"Oh…"
"h."
"."
Poi i loro corpi vennero velocemente trascinati nella camera di decompressione ed espulsi, in modo da non creare problemi con quella che da lì a pochi istanti sarebbe stata la loro esplosione e annichilazione quantica.
"Non volevo partecipare, ma, tutto sommato, è stata proprio una gran bella opportunità…" disse poco dopo Moccio. "…L’aver trovato finalmente un modo per spezzarti il collo."
Yohv usò uno dei suoi tentacoli per levarsi il sudore dalla fronte.
"Ah…Beh!… Ho faticato un pochetto, ma credo di poter dire la stessa cosa."
-FINE-
Deficienti Spaziali: IL CONCORSO (2012)
Racconto, disegni e animazioni di Fabio Cavagliano
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