venerdì 27 dicembre 2013

Deficienti Spaziali



Stramaledette galassie ospitano stramaledetti pianeti,
ma ci sono anche luoghi d’incantevole bellezza e godimento...
Tutto sta nell’avere un buon navigatore.


Yohv aveva dei tentacoli al posto dei capelli, quattro dita palmate e la pelle bluastra.
Moccio trasbordava ciccia dal mento in giù, aveva le antenne ed era verde.
Nel complesso erano appetibili per un’infinità di creature di sesso femminile presenti nell’universo, ma mai per quelle che incontravano effettivamente durante i loro viaggi interplanetari.
Un giorno Moccio decise di dare una svolta positiva a questa faccenda e, con un apparecchietto comprato per  rendere poco dolorosa l'operazione, si rovesciò le palle all’indietro castrandosi ed evirandosi con le sue mani; per l’appunto, munite entrambi di otto dita.
Era una decisione drastica che, tuttavia, gli permetteva di godersi meglio i panorami e le usanze dei vari mondi senza lasciarsi condizionare dal suo abnorme istinto riproduttivo.
E Yohv sembrava daccordo, pur decidendo di non aderire a questa ferrea disciplina turistica.
"Dovresti farlo anche tu..." disse Moccio, azionando il campo deformante.
Il campo deformante era una dispositivo della loro astronave, in grado di generare un’energia talmente concentrata da curvare lo spazio. A loro, tuttavia, non andava di chiamarlo “raggio di curvatura”; neanche lo conoscevano Star trek.
"Dove andiamo adesso, magari, le ragazze sono molto più disponibili." rispose con incertezza Yohv.
"Vuoi farmi credere che ho sbagliato?"
"Vedi,... Se i miei calcoli sono esatti, ora dovremmo sbucare in una regione dello spazio molto vicina a Ficatron, la terra delle ninpoleccasupax. Per cui, in effetti, ci sono molte probabilità che tu possa pentirti di quello che hai fatto." disse Yohv, massaggiandosi le tempie con un paio di tentacoli posti sopra le orecchie.
"Forse, è proprio la tua abilità nel calcolo che mi ha indotto a prendere questa decisione." rispose Moccio. E allacciò le cinture.
Il conto alla rovescia era cominciato.
"Allora, prima o poi mi farò prete." rispose Yohv, aggrappandosi bene bene ai manicotti del suo sedile e facendo l’occhiolino al suo compagno.
...Otto, sette, sei...
"Cos’è un “prete”, Yohv?"
...Quattro, tre...
"Un tizio della Via Lattea che crede in un’entità astratta e con tanta ostinazione da preferirla alla..."
Non riuscì a finire la frase.
L’accelerazione fu enorme.
Anche a Yohv sembrò che dovessero esplodergli i testicoli e uscire gl’interstizi dalla bocca. Il vecchio sistema di propulsione dell’astronave sembrava tener conto sempre meno di adeguare l’inerzia all’interno dell’abitacolo.
"Dobbiamo cambiare mezzo." pensò Moccio, spiaccicato sullo schienale.
Davanti a loro, oltre all’ incredibile consistenza del trasparente parameteoriti, si apriva il tunnel spazio temporale. 


Sbucarono proprio a qualche milione di chilometri da Ficatron.
Moccio non ci volle credere, ma guardò con scrupolo le costellazioni attorno al pianeta e vide che corrispondevano alla mappa studiata da Yohv; poi si guardò con orrore l’apparato riproduttivo e capì che non stava nel bel mezzo di un incubo: lo aveva realmente, irrimediabilmente danneggiato; proprio ora che il caso gli offriva la possibilità di utilizzarlo.
"Mi permetti di esultare?" chiese Yohv, agitando i tentacoli e leccandosi le labbra, fiero di possedere quello che il suo compagno aveva perso.
Moccio fissò l’indicatore del carburante.
"Ne abbiamo abbastanza da raggiungerlo." disse Yohv, interpretandone i pensieri.
Tuttavia Moccio sembrava contrariato.
"Credi? Forse dovremmo pensarci con calma." disse. Gli dava fastidio che l’amico potesse godere di quella fortuna.
"Soltanto lì possiamo fare rifornimento. Non ci sono altri sistemi planetari nel raggio di venti anni luce." rispose prontamente Yohv, e niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
"Ho sentito dire che allo spazioporto di Ficatron non ti fanno atterrare, se non dai in cambio qualcosa della tua cultura." tentò di ostacolarlo.
"Qualcosa di che tipo?" chiese Yohv.
"...Informazioni; reperti; progetti d’importanti scoperte tecnologiche."
"Noi non abbiamo niente di tutto questo, a parte la nostra obsoleta astronave." rispose Yohv.
"Appunto!" Moccio sorrise compiaciuto.
"Gli raccontiamo quello che abbiamo visto su Oba 7, Nashc Trap, Europa, Vega 29 e tutte le altre colonie."
"Vogliono delle prove. Documenti, filmati, registrazioni... Cose di questo tipo, insomma. Dei nostri racconti, probabilmente, se ne infischiano."
Yohv non si sentiva per niente scoraggiato.
"Credo sia il caso di accertarsene." disse, "Anche perché, l’alternativa è morire congelati nello spazio." concluse, impostando le coordinate della zona di atterraggio. Il carburante, in effetti, non avrebbe consentito loro di scorrazzare ancora a lungo nello spazio.
Moccio guardò avvilito lo scenario davanti ai suoi occhi. Sentiva l’invidia torcerlo dentro, all’altezza dello sterno.
Ficatron aveva una densa atmosfera verdastra, abbastanza tossica da sciogliere un uomo, e due creature come loro (che i Guoghs, in buona fede, consideravano parenti stretti di esso. E ciò era vero, anche se Yohv e Moccio non somigliavano molto agli umani ; soprattutto riguardo alla disposizione e consistenza gommosa dei loro organi interni, idonei a sopportare le tremende accelerazioni del loro veicolo. I Guoghs, tuttavia, erano così miopi e informi da scambiare anche un quarzo di Oba 7 per un uomo).
"Abbiamo una schermatura abbastanza efficiente da contrastare quella sauna di particelle?" chiese Moccio, indicando il panorama offuscato dai gas.
Sembrava uno scenario piuttosto ostile, in effetti; tuttavia, sotto, le sue megalopoli erano tutte racchiuse da campi di energia in cui l’aria era respirabile.
"Forse il nostro trabiccolo ce la può fare. Nel caso contrario, lancio un s.o.s; sperando che vengano a recuperarci con una navicella di soccorso, magari prima di raggiungere lo spazioporto." rispose Yohv.
"Se non vengono che facciamo?" chiese Moccio, polemico.
"Moriamo."
"Bene! Vuoi che sia ottimista, naturalmente, dopo che ho sacrificato la mia libido a causa dei tuoi errori di navigazione."
Yohv sorrise con disprezzo. Non era responsabile di quella follia. Avevano entrambi la stessa preparazione, la stessa capacità di governare la nave e i suoi strumenti. Avevano sempre deciso in comune accordo le mete da raggiungere.
"I miei errori?!..." Unì tutti i tentacoli a formare una minacciosa piramide sulla sua testa. "Non ti ho chiesto di fare quello che hai fatto! E’ stata una tua decisione."
Ficatron appariva sempre più grande; si stavano avvicinando a sette porvkec il secondo.
 "Hai addirittura cercato di convincermi a fare la stessa cosa! Lo ricordi questo, vero?" proseguì Yohv, ora adirato.
Moccio pensò alla risposta, a come giustificare la sua stupidità, poi pianse. Ogni singhiozzo faceva sobbalzare tutti i suoi rotoli di ciccia.
"Come possiamo risolvere il mio problema, amico? Non vorrai spassartela da solo in quel paradiso?" chiese.
"Ho delle idee, naturalmente, ma necessitano di serie considerazioni." rispose. Non aveva granché intenzione di consolarlo.
"Perché parli difficile, Yohv? Sono disperato."
"Hmmm...Capisco. Ti faccio qualche semplice ipotesi, allora. Vediamo di passarle in rassegna: si potrebbe tornare indietro nel tempo e impedirti di fare quella terrificante e dolorosa boiata,..." disse, indicandogli i genitali "... ma non abbiamo abbastanza carburante per farlo. Quindi è totalmente da escludere."
A Moccio si afflosciarono le antenne.
"Oppure si potrebbe cercare una protesi o l’organo di qualche donatore. Mi pare una prospettiva incoraggiante, considerando anche la scarsa efficienza di ciò che possedevi."
"Ma su Ficatron non ci sono donatori! E’ abitato solo da femmine che si riproducono importando il seme da altre galassie." rispose Moccio, contrariato.
"Avranno in ogni caso delle protesi con cui soddisfare i loro desideri."
"Non voglio attaccarmi alla cintola un vibratore o qualcosa del genere! Devo sentire quello che accade nei miei lombi, per poter apprezzare un amplesso."
"Almeno per il momento, dovrai accontentarti. Visto che la situazione non ci consente altro."
"Ci vorrebbe un “ripristinatore molecolare!”" disse Moccio.
"E dove lo prendiamo? Quella tecnologia è disponibile solo su Giona, nella costellazione del Cigno, a seimiladuecento anni luce da qui."
"Abbiamo ancora abbastanza energia da aprire un tunnel, però." rispose Moccio.
"Certo!... Ma niente ci garantisce che usciremmo vicino a Giona o nella galassia in cui si trova quella roba. E comunque si metterebbero le cose, ora siamo qui, quasi nell’atmosfera del pianeta." disse Yohv, mostrando una spia lampeggiante. Era il segnale di risposta inviato dalle ficatroiane.
Moccio vide il suo compagno impegnato a gestire le procedure di atterraggio e si avvicino al pannello per dare un’occhiata al testo del messaggio.
“vi mandiamo la pattuglia di soccorso, bei maschioni, e quando sarete a terra ci aspettiamo grandi cose in cambio.”
Un emisfero di Ficatron cominciava a occupare tutto lo spazio visibile dal parameteoriti.


La navicella li raggiunse prima che potessero friggere nel loro stesso sudore. Era un veicolo rudimentale, benché sorprendente a vedersi. Le ficatroiane avevano appena cominciato a muovere i primi passi nello spazio. Aveva la forma di un gigantesco sedere e si aprì esattamente nel punto in cui quel tipo di parte anatomica espleta le sue funzioni, facendoli entrare in uno spazioso hangar. Videro sofisticati e possenti bracci meccanici ancorare la loro astronave e posarla dolcemente al suolo, poi l’enorme sportello richiudersi a spirale. Il buco del culo si era chiuso.
“SIETE GENTILMENTE PREGATI DI USCIRE DALLA VOSTRA... COSA DIAVOLO E’?!! UN BIDONE DEI RIFIUTI SPAZIALI?... E SOTTOPORVI ALLA DECONTAMINAZIONE.” disse una sensuale, ma troppo alta voce uscita da alcuni altoparlanti.
Scesero dal loro veicolo e vennero subito raggiunti da un paio di sferici robot volanti, che li ricoprirono di una profumata sostanza viscosa senza tenere conto dei loro abiti.
Era un trattamento alquanto bizzarro, ma sopportabile. Avevano sperimentato accoglienze peggiori su Oba7 e Fotros.
Si guardarono un po’ allibiti mentre le sfere li conducevano dentro una vasca piena di bagnoschiuma, offrendosi gentilmente di pulirgli la schiena con delle spazzole rotanti uscite dai loro meccanismi. Non erano strumenti particolarmente delicati, adatti alle loro pelli, ma li lasciarono fare. Era una regola fondamentale del turista non dire mai di no, dopotutto, e a maggior ragione quando non si sapeva molto di quanto potessero essere permalosi gli ospitanti (gente come quella di Oba 7, ad esempio, si era rivelata alquanto suscettibile).
“POTETE PURE SVESTIRVI, RAGAZZI! QUEI ROBOT NON SONO EQUIPAGGIATI PER FARLO.” disse la voce sensuale, senza moderare il suo volume. “E’ ABBASTANZA CALDA l’ACQUA?”.
Lo era. Tuttavia a Moccio non andava per niente l’idea di spogliarsi; avrebbe sicuramente indisposto le ficatroiane a proseguire con quei gentili trattamenti.
"Non so che fare... Capisci che intendo?" bisbigliò all’amico.
"Lo copri con la schiuma." rispose Yohv, levandosi i pantaloni.
"Vorranno vederlo a tutti i costi. Faranno delle domande." insistette Moccio. Era terrorizzato, pieno di vergogna.
I robot carpirono con i loro ultrasensori auditivi la conversazione e la inviarono al Comando.
“Il TIPO VERDE HA DEI PROBLEMI?” chiese la voce sensuale. Aveva un tono lievemente diverso, meno cordiale, con delle sfumature di dubbio e intolleranza.
"No! Nessun problema!" gridò Moccio, cercando una videocamera o qualcosa del genere a cui rivolgersi.
“SICURO?”
"Sicuro!"
“HAI QUALCOSA DA NASCONDERE CON LA SCHIUMA, FORSE?” Questa volta il tono era decisamente pregno d’intolleranza.
"No, non credo..." rispose Moccio.
“PERFETTO!”
Yohv provvide a incrementare il suo vantaggio, manipolando parte di ciò che aveva immerso.
“LA NOSTRA ISPETTRICE ANATOMICA STA PER RAGGIUNGERVI. POTETE PURE RESTARE NELLA VASCA, SE LO DESIDERATE. SI TRATTA DI UNA BANALISSIMA E INDOLORE VISITA MEDICA...”
Qualcosa si mosse alle loro spalle; un rumore metallico. Poi un grosso pannello si sollevò, mostrando un lungo corridoio, illuminato da una calda luce rossastra. Yohv aveva paura o gli sembrava il caso di cominciare ad averne, per cui uscì dalla vasca cercando di capire cosa stesse succedendo.
Pure Moccio fece la stessa cosa, coprendosi con le mani la parte danneggiata.
Videro, quindi, una figura che si avvicinava lentamente, sculettando, dal fondo del corridoio. Yohv spalancò gli occhi, estasiato. l’ispettrice anatomica non aveva dei tentacoli sulla testa, ma possedeva parecchie altre cose interessanti. Incrementò ulteriormente il suo vantaggio, e questa volta senza alcuna manipolazione. Invece a Moccio si rizzarono le antenne.
"Uahuuuuu!!" disse Yohv. Forse, anche l’ispettrice desiderava fare un bagno. Perlomeno, era logico supporlo, vista la sua nudità.
"La vedi anche tu, Moccio?" chiese.
"Sì, la vedo."
Yohv le andò in contro per stringerle la mano.
"Benvenuti su Ficatron!" disse la donna. Aveva la pelle grigia e qualche squametta sulla schiena, il cranio irto di finissimi aculei; nel complesso somigliava molto a Lopagena*.
Yohv fu contento di scoprire che, da quelle parti, a chi porgeva la mano veniva afferrato qualcos’altro.
"Come mai il tuo amico è tornato nella vasca?" chiese la donna, infastidita.
"Un cabocelone artigliato di Oba 7 lo ha morso al pene e alle palle, castrandolo. Un vero dramma,..." iniziò a inventare. La sosia di Lopagena fece un rapido e incomprensibile cenno ai robot che si allontanarono lungo il corridoio.
"Davvero?!... Ma è terribile!" disse.
Moccio stava zitto, immerso fino al naso come un ippopotamo.
"Possiamo aiutarlo o accettarlo in qualche modo?" chiese Yohv, ammiccante.
“NO! NON POSSIAMO AIUTARLO.” commentò la voce, facendo vibrare paurosamente gli altoparlanti. “PRIMA QUELL’ ESSERE HA DETTO DI NON AVERE PROBLEMI!... EBBENE:...”
"Ebbene?" ripeté Moccio, sommesso sommesso.
“ PER NOI QUESTO E’ UN GRAVISSIMO PROBLEMA.” tuonò la voce. Aveva perso del tutto il suo sex appeal.
"Possiamo risolverlo con un po’ di diplomazia?" insistette Yohv.
Moccio s’immerse fino alle antenne, le cui estremità erano munite di due piccoli occhi ausiliari che rimasero fuori a sondare la situazione.
“IN CAMBIO DELLE NOSTRE SCUSE POSSIAMO AFFIDARGLI UNA MISSIONE, AL TUO AMICO.” disse la voce.
"Ottima idea! Di che si tratta?" riprese Yohv, eccitato. L’ispettrice anatomica ora si era portata alle sue spalle e gli stava palpando i glutei.
“SEGUITE I ROBOT, FINO ALLA SALA COMANDI. LI’, RICEVERETE ISTRUZIONI. IL CASTRATO GIUNGA VESTITO, CORTESEMENTE.”

*Lopagena era una famosa pornostar di Vega 29, di cui Moccio e Yohv avevano apprezzato qualche olofilm.
  
Era uno spazio riservato a un certo tipo di femmine. Lo si capiva da tante cose. Le cloche, ad esempio, quelle utili a manovrare alcuni dispositivi meccanici all’esterno dell’astronave, avevano forme... facilmente riconoscibili.
Qua e là, poi, sull’enorme consolle di comando del ponte, erano appoggiate riviste di vario genere; moda, pettegolezzi, consigli pratici su come aumentare le possibilità di raggiungere realmente il proprio orgasmo, ecc...
Per non parlare, poi, del settore C; dove alcune sedie erano sormontate da caschi simili a quelli dei parrucchieri terrestri.
Moccio, tuttavia, rivolse la propria attenzione soltanto alle sei creature presenti nella stanza. Erano indubbiamente attraenti, ma non come  la sosia di Lopagena. Yohv, infatti, continuava a dimostrare di preferirla, tenendosela stretta stretta.
"Xana, puoi andare; grazie!" disse il capitano, quella che amava sfruttare al massimo la potenza degli altoparlanti, e l’ispettrice anatomica si allontanò.
Yohv si separò da lei a malincuore, pur rimpiazzandola in fretta con le fantasie erotiche suscitate dall’attillatissima tuta del capitano.
"Io sono Gulangh Blina di Bottanix Superiore." disse la donna, abbassando un po’ la lampo sotto il colletto.
"Selettrice di primo grado e consulente godereccia della regina, nonché primo pilota scelto di questa pattuglia di recupero."
"Molto onorato. Io sono Yohv. Mi permetta di..." Le andò in contro, sperando di completare la presentazione alla maniera locale.
E Blina lo accontentò, mentre le altre cinque ficatroiane guardavano con concupiscenza. "Hanno tranciato pure la lingua, al tuo amico?" chiese il capitano. 
 Moccio si scusò. Aveva la mente annebbiata da mille preoccupazioni; quel soggiorno su Ficatron non lasciava presagire nulla di buono, dopotutto. Su Oba 7, ad esempio, le cose si erano messe male sin dall’inizio; ma non così male, pensò.
"La mi...missione?" chiese subito dopo, facendo oscillare timidamente le antenne.
"La sua missione è molto semplice:..." disse la donna, abbassando ancora un po’ la lampo, quasi fino all’ombelico. "Lei dovrà accompagnare uno dei nostri robot biologici a Patton 6700, luna artificiale di Hycs, per le cure neuronali necessarie alla sua riabilitazione."
"Come, scusi?" chiese ancora Moccio, interdetto. "Un robot che?!"
"Biologico!" ripeté Blina "Creato appositamente, attraverso avanzate tecniche d’ingegneria genetica, per soddisfare i nostri desideri. Siccome i visitatori provenienti da altri mondi spesso ci riservano delle spiacevoli sorprese,..." gli diede un’occhiata di compatimento "Abbiamo deciso di farceli fare su misura i nostri tromboni. Vozzak è il nostro primo acquisto, prodotto dalla Sexmega di Patton 6700 secondo le nostre indicazioni. Presenta dei difetti, tuttavia. Se riescono a correggercelo, daremo il consenso affinché venga clonato a iosa."  
"Vozzak?" chiese Yohv, intrecciando un paio di tentacoli.
"Sì. Un ottimo esemplare; almeno fisicamente." rispose Blina, sorridendo maliziosamente. "...Può presentarsi da una distanza maggiore della tua."


   
Vennero riforniti di carburante xmix, importato da Muddos Endeta, poi muniti di un efficientissimo dispositivo di navigazione, e inviati alla Sexmega con tutte le istruzioni del caso.
Yohv non aveva lasciato di buon grado Ficatron, naturalmente, pur avendo la garanzia di tornarci.
"Credevi che ti avrei abbandonato per spassarmela con quelle?" chiese a Moccio, imitando la penetrazione con alcuni dei tentacoli che aveva sulla testa.
 Vozzak stava seduto accanto a loro, in silenzio, a fissare attraverso il parameteoriti il vuoto interstellare.
"Il capitano ha detto che, se non fossi più tornato assieme al loro trombone e nei tempi previsti, avrebbe castrato pure te. Per questo hai preferito seguirmi." rispose Moccio.
Non c’era un’alternativa più sensata, pensò Yohv. Poi diede una pacca amichevole sulle ginocchia di Vozzak.
"Guarda che razza di amici mi ritrovo!" disse, cercando la sua complicità.
Vozzak si girò lentamente verso di lui, invitandolo con lo sguardo a tirar via le mani dalle sue ginocchia. Era palese che non avesse alcuna intenzione di dialogare, ma per non sembrare scortese abbozzò una risposta: "E' un problema tuo." disse. Parlava un ottimo universese, anche se dal timbro piuttosto cupo
 Moccio sorrise senza farsi notare. Quel tipo aveva un’aria davvero inquietante, quasi come un abitante di Oba 7.
 Era scuro, coriaceo come un copertone di automobili, alto un metro e sessanta e pelato. In mezzo alle gambe, rivestite da un lucido materiale plastico, sporgeva qualcosa dalle dimensioni di un melone. A parte questo, non sembrava pericoloso ma neppure affidabile; i suoi occhietti gialli da serpente scrutavano le stelle con aria truce.
"Strano èh?!... Che le ficatroiane abbiano dovuto aspettare noi per rispedirti alla tua casa di produzione." insistette Yohv, cercando di stuzzicarlo.
Vozzak sbatté rapidamente le membrane che sostituivano, in particolari occasioni, le sue palpebre; lo fece un paio di volte, seccato, prima di rispondere.
"Non è strano. Loro non hanno ancora sviluppato una tecnologia in grado di compiere voli spaziali così lunghi, e non possono inviare un messaggio più rapido della vostra nave. Tutto qui." disse, tornando volentieri al suo silenzio.
"hmmm... E avevano pure da ridire sulla nostra carretta! Forse le loro scoperte tecnologiche avrebbero dovuto fermarsi al depilatore o desquamatore istantaneo." disse Yohv, pensando anche alla strana carrozzeria della navicella di recupero.
Vozzak non rise.
"Come ti hanno spedito su Ficatron?" domandò ancora.
"Non mi hanno spedito. La Sexmega passava da quelle parti con i suoi ricognitori promozionali, e loro hanno fatto l’ordinazione. Dopo qualche tempo, però, le clienti hanno cambiato idea sul mio conto, sebbene i ricognitori fossero già tornati..."
"A Patton 6700, presumo." completò la frase Moccio, vedendo che a Vozzak non andava di mettere insieme altre parole. Lui annuì con un cenno del capo, apprezzandone il gesto. Intanto il navigatore fece un bip, avvisandoli che stavano per raggiungere un terzo della velocità utile al salto iperspaziale.
"Sono indiscreto se ti chiedo il motivo della loro insoddisfazione?" riattaccò Yohv.
"Non è il momento di fare altre domande." disse Moccio, indicando le imbracature e i dispositivi di sicurezza utili alla manovra in atto.
Vozzak annuì di nuovo. Preferiva il buon senso alla curiosità. Era ovvio, inoltre, che un individuo come lui, davvero poco propenso al dialogo, non potesse piacere alle donne; a prescindere dai suoi prodigiosi attributi.
Si allacciò con calma la cintura, senza degnarlo di una risposta.
"Un vero stronzo, asociale!" pensò Yohv.
I sedili cominciavano a esercitare una discreta pressione sulle loro schiene. Videro lo spazio attorno farsi sempre più indistinto e tremolare come un miraggio, mentre la nave, a modo suo, cercava di adeguare l’inerzia all’interno dell’abitacolo. Sottokappa, questo era il nome dell’intelligenza artificiale di bordo, per non fare brutta figura col nuovo passeggero, si mise quindi a calcolare di buon zelo l’elasticità dei suoi tessuti e organi interni; era necessario, esteticamente consigliabile, dopotutto, che non venissero spappolati dalla potenza del campo deformante. Gli ostacoli però non mancavano.
Trovò subito che l’anatomia di Vozzak era tutt’altro che elastica e che questo costituiva un grave problema; non tanto per sé stessa o per l’abilità che avrebbe mostrato nel calcolo, poiché, in fondo in fondo, si strafotteva delle vite altrui (soprattutto se biologiche), ma per i giunti di poppa dell’astronave che questa volta sarebbero andati a pezzi. Avevano tenuto duro fin troppo a lungo, in effetti, anche se decise di non dirlo subito ai piloti, poiché si era stancata di agevolarli.
Si rimproverò, invece, di essersi dedicata con zelo a questi calcoli; chiedendosi soprattutto come aveva fatto a passare dall’anatomia di Vozzak alla tenuta dei giunti. Due cose apparentemente scollegate, il cui indice di approssimazione con causale era di 00000000089744327156800000, 72’. Un indice così basso da non giustificare alcuna associazione.
I suoi circuiti fremettero confusi per qualche minuto, poi un’ira incontenibile per essere stata indotta in errore da queste riflessioni la portò a disattivarsi istantaneamente. Vozzak si accorse delle lucine appena scomparse dal pannello alla sua destra, e chiese preoccupato: "Cosa significa questo?" Severo; sbatté anche un paio di volte le membrane sub palpebrali, in segno di protesta.
"Niente,...Niente d’importante!- rispose Yohv, che conosceva l’umore instabile di Sottokappa.
"Sei sicuro?"
Vozzak aveva un sesto senso.
"Tranquillo ragazzo!"
"Non sono “ragazzo”; io sono Vozzak!" disse, osservando attentamente il pannello, per tentare di capirne la funzione.
"Okay Vozzak! Tutto a posto." rispose Yohv. "Lascia fare a noi!"


I giunti avevano tenuto, anche questa volta, ma la Sexmega non c’era più. Se ne accorsero appena il navigatore diede le nuove coordinate spaziotemporali, indicando visivamente la topografia della zona in cui avrebbero dovuto atterrare. Al suo posto c’era un bar in stile anni ’70, gestito da un abile radioamatore che aveva captato alcune immagini di Dallas provenienti dalla Terra, e aveva deciso di ricrearne l’atmosfera nel suo locale.
Questo era uno dei primi problemi da risolvere.
Poi ce n’ era un altro, notevolmente peggiore e legato alle ossa e ai visceri di Vozzak, ora sparpagliati un po’ ovunque all’interno dell’astronave.
"Credevo che Sottokappa avesse voglia di scherzare, come al solito, che si sarebbe riacceso all’ultimo momento." disse Yohv, confuso e disgustato.
"Invece non ha voluto evitarci questo fottuto scempio." rispose Moccio.
"Evidentemente quel tipo non gli andava a genio."
 Yohv tirò un pugno al pannello che conteneva i circuiti di Sottokappa. Poi un calcio e un altro pugno.
"Si è disattivato! E’ inutile quello che stai facendo." commentò Moccio.
"Il navigatore, invece... E' su quello dovresti rifarti. Ci ha portato nel luogo giusto ma al tempo sbagliato. Un vero schifo di tecnologia, quella importata dalle ficatroiane!" proseguì.
Yohv cercò furioso il marchio di fabbricazione sulla consolle del navigatore. Doveva sfogarsi in qualche modo; la cosa gli precludeva un sacco di fantasie che aveva in mente di concretizzare al rientro dalla missione.
Il marchio, tuttavia, sembrava assente.
Moccio allora gli suggerì con un gesto di sollevare l’apparecchio, capovolgendolo  per controllarne la piastra di appoggio; lì, in effetti, qualcosa c’era scritto, in basso a destra e con dei caratteri molto piccoli.
Yohv avvicinò la piastra ai suoi occhi, voleva esserne certo: ...made in Oba7.
"Hai scoperto la provenienza di quell’affare?" chiese Moccio.
"Sì, ma non ci crederesti. In qualche modo quella gentaglia è capace di tormentarci pure a centinaia di migliaia di anni luce di distanza."
"Okay, non dirmelo. Ho già parecchie cose spiacevoli a cui pensare." rispose Moccio, spostando una tibia di Vozzak dalla consolle dei comandi.
"Ma ti suggerisco di distruggerlo."
Yohv ci pensò su qualche secondo, reggendolo ancora inorridito fra le mani; l’intenzione era quella. Poi, però, si rese conto che almeno su Patton 6700 ci erano arrivati e che, quindi, forse anche su Ficatron si poteva tornare; prima o dopo che importanza avrebbe avuto? Se fossero tornati indietro nel tempo, le ficatroiane neanche avrebbero potuto riconoscerli; nel futuro invece, ...bèh, lì qualche problema poteva sorgere, in effetti, poiché Vozzak era morto, ma anche per questo problema, forse (molto forse) esisteva una soluzione.
"Atterriamo!" ordinò, quindi.
 Patton 6700 aveva un’atmosfera piuttosto mite, simile a quella terrestre; benché le sue creature fossero enormemente dissimili e decisamente più cordiali.
Moccio acconsentì subito, attivando la procedura. Aveva tutto da guadagnare, questa volta. Sul pianeta i progressi della chirurgia erano sufficienti, presumibilmente anche i donatori.
"Abbiamo solo un lavoretto da fare, prima dell’atterraggio..." disse, indicando i vari effetti cromatici e organici lasciati dall’esplosione di Vozzak. "Se non vogliamo correre il rischio di passare per dei mostri assassini."
Yohv si guardò attorno, constatando che pareva proprio una carneficina, il risultato di una forma estrema d’intolleranza razziale o una manifestazione di arte oba. Soltanto su Oba 7, infatti, aveva visto qualcosa di analogo, quando alcuni artisti di strada si erano fatti esplodere l’intestino per pochi spicci.
La ripulirono accuratamente.





Era un ranch in piena regola, con vacche, cavalli e cani da pascolo; circondato da un vasto steccato di legno e prossimo al locale.
Un frammento di Texas nella complicata geometria della metropoli pattoniana. Dietro, nella lussuosa villa del gerente, stava pure una grande piscina illuminata da un piccolo ma efficiente sole artificiale.
J.R. li mandò un videomessaggio, proprio per invitarli ad atterrare nel prato adiacente alla sua abitazione.  
Videro il suo strano e gioviale faccione apparire su uno dei monitor della consolle di comando.
"Ello frends! Cam in ve riquadre milllimetrated, ecxatly in ve riquarde, plise." Una griglia rettangolare apparve sull’immagine successiva; il ranch visto dall’alto.
Moccio abbassò i motori, pronto a centrare quell’area.
"Credi che dovremmo fidarci di questa gente?" chiese Yohv.
"Ci siamo fidati di gente assai meno ospitale." fece oscillare le antenne, garrulo. "Qualcosa non ti convince, forse?"
"Non ho capito neanche una parola di quello che ha detto quel tipo e, se non parlano l’universese, siamo fregati." rispose Yohv.
"Le ficatroiane ce lo avrebbero detto. E' nel loro interesse." spiegò Moccio.
"Era nel loro interesse!" pensò invece Yohv. Non poteva certo dimenticarsi la fine di Vozzak.
"Occheii, occheii frends! Cam daun!" Il faccione riapparve sulla consolle.
Era una specie di tricheco con addosso un cappello da cow boy e una elegante giacca grigia, mentre camicia e cravatta erano tatuate sul suo petto. 
"Speriamo bene!" commentò Yohv, guardandolo. Poi si appoggiò allo schienale, pronto a subire gli scossoni dell’atterraggio.
La cosa certa era che, quella gente, non sembrava mostrare alcuna intenzione ostile.
Anzi, appena arrivati, li fecero subito accomodare nel locale di ristorazione, dove altre creature avevano già incominciato a mangiare. Nel tavolo accanto a loro, ad esempio, stava un androide dall’aria molto depressa, un tale con due teste e tre braccia, un umano in accappatoio e altri strani individui, forse non altrettanto depressi, ma sicuramente ubriachi e affamati come bestie.
Li studiarono con attenzione, e lo stesso fecero con tutti gli altri attorno. Non volevano sorprese.
Imprevisti come quello su Oba 7, dove un tizio che si faceva chiamare “il giustiziere dei ristoranti” aveva mietuto parecchie vittime proprio mentre loro si stavano gustando un bel pranzetto. Un raptus di violenza, manifestato con taglienti scariche laser e squartamenti di vario genere. A stento erano riusciti a salvarsi e digerire le già poco invitanti pietanze locali.
Ricordando questo, Moccio si mise a leggere la lista dei piatti; mentre Suellen, la compagna di J.R., si avvicinava lentamente al loro tavolo.
Alcune cose del menù risultavano davvero inconsuete:

PRIMI
Pasta alla marziana, con una soave spruzzata di sabbia rossa         (9 pok)
Pasta al presto, cucinata in un acceleratore di particelle ST300     (12pok)
La pasta di cui sei fatto (fettuccine estrapolate direttamente dal vostro corpo, attraverso un rapido intervento chirurgico)      (25,50 pok)
Risotto con i munghi                                                                      (6 pok)
Risopra senza i munghi                                                                  (4 pok)
Brodo di atollo                                                                                 (2 pok)
Ravioli di jumpoidi al sugo                                                             (3,50 pok)
Ravioli al sugo di jumpoidi                                                             (9 pok)
.......................................................................
SECONDI
Filetto di cinciulle mutanti, al midollo di tionbazzino; servite ancora vive e ben disposte a integrarsi col vostro organismo          (15,30 pock)
Hamburger telepatico, con simulacri di patatine fritte               (8 pock)
Simulazione di tacchino del ringraziamento                          (38 pock)
Simulazione di hot dog                                                       (27,50 pock)
........................................................................

Lessero con attenzione e appurando, innanzitutto, che l’universese era perfettamente conosciuto anche da quelle parti.
"Avete già deciso, signori?" chiese la donna. Non aveva l’aspetto del suo compagno tricheco; sembrava piuttosto appartenere alla specie di Vozzak, coriacea e scura. Fatto che a Yohv suggerì parecchie possibilità.
Si guardò meglio attorno, in cerca di altri esseri dello stesso tipo, prima di rispondere.
"No, signora. Lei saprebbe consigliarci qualcosa?"
J.R. comparve alle loro spalle, appoggiandovi amichevolmente le grasse mani pelose.
"Gli hamburger telepatici sono forti. Verii guud, frends! I miei preferiti!" disse. -"Ne ho appena mangiato uno preparato dai miei ottimi cucinieri." proseguì.
Moccio sembrava confuso.
"E’ un pezzo di carne in grado di leggere nel pensiero?" chiese, facendo sorridere Suellen.
"Dona per qualche minuto questa facoltà, boii." rispose J.R.
"...Mi permette di sentire che tu, ad esempio, hai un problema sessuale abbastanza serio da risolvere." continuò, spingendo Moccio a piegare le antenne dalla vergogna.
"Il tuo amico, invece, desidera trovare una persona della stessa razza di mia moglie; possibilmente somigliante a un certo “Vozzak” sfracellatosi sulla vostra astronave. Is it truuu? Correggetemi se sbaglio!" disse J.R.
Suellen, nonostante tutto, continuava a sorridere con garbo e gentilezza.
Yohv allargò le braccia, ammiccante, più affascinato che contrariato.
"Ehi!!... Ma questa è violazione della privacy!" disse.
Poi approfittò dell’occasione, pensando subito al sodo. Le risposte, ovviamente, arrivavano prima che aprisse bocca.
"Sexmega?! Credo sia il nome di un negozio, boii. Se non sbaglio, si trova a circa un miglio da qui; vicino alla Torre quantica."
Indicò una delle finestre che davano sulla strada.
"Quella costruzione là, boii!"
Yohv vide la torre in lontananza. Sembrava un enorme fungo azzurro, luccicante e metallico.
"E’ lì che dovete andare, forse." sorrise J.R., stringendo il pugno in un gesto che potesse ispirare coraggio a Moccio.
"Hanno parecchie cose interessanti..."
Moccio effettivamente si sentiva rincuorato.
Poi J.R. emise una specie di barrito a mo di risata, fischiando subito dopo in direzione della cucina da cui ne uscì un tizio magro e con un cappello simile al suo.
"Tciuu hamburger for mai frend, Bobbii!" ordinò.
Yohv mosse i tentacoli per farsi notare dall’alieno. Aveva molto appetito.
"Vado ad aiutarlo, scusate!" disse Suellen. "A Bobby non piace fare il cameriere e, per dispetto, a volte fa cadere i piatti."
Moccio, intanto, la ringraziò e fece la stessa cosa con J.R. che stava per allontanarsi assieme a lei; probabilmente per profondere gentilezza al resto della clientela.
"Dopo il pranzo, ragazzi, ci godiamo anche il rodeo. Spero non vogliate rinunciare allo spettacolo." disse.
"Certamente no!" rispose Moccio con l’approvazione di Yohv.
J.R. mise un braccio attorno alla vita della moglie e si avviò soddisfatto alla cucina. Era sicuro di possedere un certo carisma e risultare sempre simpatico.
Appena si voltarono, Yohv si mise a fissare il bel sedere della signora  seguendolo con lo sguardo fino a che J.R. non ci mise una mano sopra e si girò verso di lui facendogli l’occhiolino.
Yohv aveva dimenticato per un attimo di mostrare i suoi pensieri.
"Mi perdoni. Non ho fame solo di cibo." pensò.



Il rodeo era uno spettacolo che J.R. aveva organizzato sulla base di quei pochi elementi assunti dalla logora radiazione della serie televisiva “Dallas”.
Questo materiale, tuttavia, proprio per la sua intrinseca difficoltà d’interpretazione, soprattutto da parte di un pattoniano, aveva subito pesanti rielaborazioni.
Al posto dei cavalli e dei tori, infatti, J.R. aveva deciso di utilizzare dei grossi molluschi, simili a stelle marine (grossi all’incirca come un bue), il cui meccanismo di difesa principale consisteva nell’avvinghiarsi ai propri nemici e urtare dappertutto, finché non erano riusciti a frantumargli le ossa.
Lo scopo dei “cauboii” partecipanti alla competizione, quindi, una volta gettati nel recito già stretti dalla morsa dei loro animali, non era quello di rimanere in “sella”, ma quello di liberarsi al più presto.
Le pareti del recinto avevano infatti uno spessore adeguato a sopportare i tremendi urti dei jumpoidi e a sortire il loro efficace effetto traumatico. Chi riusciva a liberarsi, in ogni caso, veniva eliminato da qualcosa di terribile che spuntava dal terreno o dai potenti acidi spruzzati dai molluschi.
Yohv e Moccio non avevano mai visto uno spettacolo di tale, stupida violenza e intensità, ma sapevano anche che un simile spettacolo, su pianeti come Oba 7 ad esempio, era ben giustificato e lontano dall’essere considerato tale.
J.R., poi, li aveva edotti sul fatto che tutta la violenza di Patton 6700 era concentrata proprio nel rodeo per permettere ai suoi concittadini di sfogarla in qualche modo. Una catarsi a cui era liberatorio partecipare pure come vittime; venne, infatti, proposto loro di partecipare anche nelle vesti di sfidanti; visto che gli alieni disponibili a replicare lo show diventavano sempre più difficili da ingaggiare. Ma non accettarono. Anche se riconobbero che la cifra offerta era enorme; benché molto difficile da riscuotere da vivi, anche per delle creature elastiche come loro.
"Dobbiamo recarci al negozio Sexmega. E in fretta, ovviamente! Il nostro principale ci attende con della merce." rispose Yohv.
"Pensavo che foste solo in cerca di qualche attrezzo." rispose J.R. un po’ deluso.
"No, no!... Vede, noi, dopo che abbiamo trovato quello che cerchiamo, abbiamo pure delle consegne da fare: siamo dei mercanti intergalattici."
"Occheiii boii! Non cercate di fregare un telepate con altre scuse! Vi rifornisco di carburante, allora. Magari la prossima volta che passate di quì." disse J.R. 
"Certo, certo!... Sfideremo quei simpatici invertebrati." rispose Yohv, pensando che nessuno fosse mai stato così stupidamente ingenuo e gentile con loro.
Abbandonarono il suo ranch con un misto di rammarico e saggio istinto di conservazione. La megalopoli adiacente a quel piccolo, anacronistico mondo, però, aveva cose più importanti da offrire.
C’erano, innanzitutto, parecchi individui della specie “vozzak” a spasso e  che Yohv osservava avido di dettagli anatomici il più possibile consoni al suo piano, e c’era quella torre; la torre nelle cui vicinanze, forse, Moccio avrebbe ritrovato la sua virilità. Guardarono quelle meraviglie tecnologiche e architettoniche al loro passaggio, come alla più alta espressione di urbanizzazione mai incontrata. Su Oba 7, invece, gli edifici erano scialbi come scatoloni da imballaggio. Niente a che vedere con quella magnificenza.
Anche i veicoli che sfrecciavano sopra e sotto di loro sembravano opere d’arte. Ne videro uno in sosta e si avvicinarono per ammirarne lo strepitoso design. Il suo pilota stava seduto proprio all’interno, leggendo e aspettando che qualcuno lo chiamasse a svolgere la sua attività di taxista.
"Avete bisogno, ragazzi?" chiese, lasciando da parte la sua rivista pornografica.
Moccio ne adocchiò la copertina. Qualche dettaglio non trascurabile era pertinente alla domanda che stava per fare.
"Sexmega! Stiamo cercando un negozio con questo nome." disse.
Il taxista non aveva dubbi. Sorrise con la sua bocca da tartaruga pelosa.
"E’ vicino alla torre quantica. Accomodatevi!. La raggiungeremo in un batter d’occhio." disse.


Il commesso somigliava incredibilmente a Vozzak; questa fu la prima cosa a colpirli. Gli scaffali attorno erano sicuramente pieni di cose altrettanto sorprendenti, ma non come questa. Gli chiesero, dunque, cosa sapeva di eventuali robot biologici e ficatroiane.
"Non capisco di cosa stiate parlando, stranieri. Il mio capo, proprietario del negozio, forse può aiutarvi; una volta l’ho sentito parlare di cloni e robot biologici, ma oggi non è qui. Forse, se la sta spassando a Cromabeach 91 quel merdaccione!... Mica come il sottoscritto, qui a trattare i suoi zozzi affari."
Yohv e Moccio notarono che l’alieno aveva una mano racchiusa in un cubo trasparente, riempito da uno strano liquido arancione.
"Io sono Vozzak, comunque. A vostra completa disposizione!" disse l’alieno.
I due si guardarono, smarriti.
"Può dirci qualcosa di più, riguardo al suo capo?" chiese Yohv.
Vozzak si grattò innervosito la nuca. "So che la sua catena di negozi va tremendamente bene e che vorrebbe mettere in piedi una multinazionale con lo stesso nome. A me non dice altro, ovviamente, il merdaccione; sapete?! Fatica pure a pagarmi, benché sia uno dei suoi migliori rivenditori. Credo sia anche un po’ ricchione del resto... Una volta, tanto per dirne una, vedendomi nudo, mentre mostravo il funzionamento di alcuni articoli a una cliente, ha detto che gli sarebbe piaciuto clonarmi in serie. Strano desiderio, non vi pare?" 
"Per noi è tutto un po’ “strano”, da queste parti!" rispose Moccio, ridendo, mentre il suo sguardo vagava impazzito fra gli scaffali in cerca di qualcosa utile a risolvere il suo problema.
"Ha bisogno, straniero?" chiese Vozzak, notandolo.
Moccio fu colto dal solito imbarazzo.
"Lui vorrebbe un pene nuovo! Sottoposto a varie forme di stress, dovute all’astinenza sessuale prolungata, qualche tempo addietro ha erroneamente optato per la castrazione; ma ora vuole rimettere le cose a posto." disse Yohv. "E’ possibile?"
Vozzak appoggiò la mano libera sul cubo in cui era racchiusa l’altra.
"Ma certo che è possibile! Ho delle sobolettosonde fantastiche, grandi quasi quanto il mio apparato riproduttivo. Vuole provarne una lo straniero?"
Non sapevano cosa fosse una sobolettosonda, ma il commesso aveva un’aria davvero convincente e rassicurante.
"Daccordo, proviamola!" rispose Moccio.
"Speriamo che non sia come gli hamburgher telepatici; assolutamente inefficaci su di noi." pensò Yohv (J.R., probabilmente, possedeva di natura quel talento e se ne serviva per beffare i clienti).
Vennero quindi invitati ad aprire un armadietto vicino alla cassa.
"Scusate, ma io con questa mano non posso svitare i barattoli."
Vozzak mostrò la mano racchiusa nel cubo.
"E’ infortunata?" chiese Moccio.
"Prendi quello che preferisci!" disse Vozzak, senza rispondere alla domanda e  indicando le sobolettosonde.
Moccio allora tirò fuori dall’armadietto uno di quei barattoli, contenente una specie di bruco appallottolato.
"Bene, ora devi tirarlo fuori da lì e attaccarlo sopra il tuo." disse Vozzak. "Puoi entrare in quel camerino, se ti vergogni."
Moccio vi entrò senza discutere, tirando la tendina e svitando in fretta il tappo del barattolo.
Yohv, da fuori, nell’attesa continuò a guardare la mano di Vozzak immersa in quello strano liquido arancione.
"Mi sono spuntate delle piccole branchie sotto le unghie..." disse Vozzak, incerto, rispondendo alla sua curiosità. "Se non la tengo a bagno in questa soluzione salina, muore."
"Muore la mano?!! Davvero spiacente. Com’è successo?" chiese Yohv. Non tanto perché gl’interessasse qualcosa -anzi, preferiva non averle certe informazioni-, ma per non sembrare scortese.
"Una mutazione, credo. Settimane fa ho stretto la mano a un cliente schiumoso, proveniente da chissà quale costellazione..."
"Faccia una denuncia, come si deve, ai doganieri responsabili del suo sbarco!" disse Yohv.
"Quì non ci sono “doganieri”! Ogni merdaccione è libero di accogliere chi vuole, in casa sua."
Sentirono Moccio gridare e uscire di corsa dal camerino, mentre tentava di strapparsi con forza la sobolettosonda dal bacino.
"Che succede?!!" strillò Yohv.
"Niente paura stranieri!" cercò di tranquillizzarli Vozzak. "...Il nuovo pene sta semplicemente fagocitando quello vecchio."
Continuarono a gridare, tuttavia, ed era una situazione così orribilmente ridicola che soltanto su Oba 7 poteva passare inosservata.
Moccio sembrava sul punto di rimetterci le corde vocali. 



Dovettero immobilizzarlo e aspettare che la sobolettosonda finisse d’integrarsi anche al suo scroto. Operazione peraltro stomachevole, che richiese almeno un paio dolorosissimi minuti.
"E’ tutto a posto, ora. Vedete?!" disse Vozzak. La creatura si era srotolata e a Moccio pendeva un affare di circa trentasei centimetri.
"Quando sarai eccitato, lui farà il suo dovere. E poiché le sue ramificazioni nervose si sono integrate alle tue, sentirai tutto quello che c’è da sentire. Va meglio, adesso, straniero?" chiese Vozzak.
Moccio si asciugò le lacrime.
"Sì. Molto meglio." rispose con un filo di voce, tornando al camerino per rivestirsi. "Anche se vorrei ucciderla per quello che ho passato." pensò.
"Vedrà che non resterà deluso!" disse Vozzak, avvicinandosi alla cassa.
"C’è dell’altro che posso fare per voi, stranieri?" chiese intanto.
"Venga con me su Ficatron!" disse Yohv.
"Ficatron?"
"Sì! Ficatron! Dannata miseria! E’ un posto magnifico! Pieno di strafighe megagalattiche, come Lopagena. Ha presente?" chiese Yohv, concitato.
"Conosco Lopagena. Vendo pure qualche suo olofilm, ogni tanto, ma non ho mai sentito parlare di Ficatron. E’ lontano da qui?"
"Decisamente! Bisognerebbe chiederlo al nostro navigatore, però. Non ho tenuto il conto degli anni luce." rispose Yohv.
Voleva convincerlo; doveva convincerlo, se volevano far ritorno su quel mondo di libidine. Vozzak, tuttavia, sembrava avere parecchi problemi.
"Vorrei venirci e lasciare il lavoro; dopotutto quel merdaccione del mio capo se lo meriterebbe un affronto del genere, ma come faccio con questa mano? Mica posso accontentarmi di palpare un seno alla volta!"
"Mi faccia vedere!" disse Yohv, analizzando bene il contenuto del cubo.
La mano non aveva niente di più e niente di meno rispetto all’altra, e sotto le unghie non c’era proprio nulla. Yohv aveva visto diversi tipi di branchie durante i suoi viaggi interplanetari, anche molto piccole, ma quelle mani ne erano totalmente sprovviste.
"E’sicuro che sia in corso una mutazione?" chiese.
"Sì." rispose Vozzak.
"Quali sintomi ha avuto?" insistette Yohv.
"E’ difficile elencarli. Sono state sensazioni così lievi da sembrare quasi impercettibili, ma ora che la mia mano adora stare immersa in questo liquido ne sono certo:... E’ in corso una mutazione!"
Moccio uscì dal camerino; ora dai suoi calzoni sporgeva una protuberanza simile a quella di Vozzak.
"Mi dispiace che non voglia conoscere strafighe del tenore di Lopagena." disse Yohv. "Non so quante altre volte le capiterà di avere un’occasione simile; quella di un mondo abitato da sole femmine! Vogliosissime!!"
Vozzak era sull’orlo della disperazione.
"Voglio anch'io! Eccome se voglio, straniero! Ma come posso fare con questa mano?"
"Proviamo a estrarla dal cubo?" chiese Moccio.
"Vorrei pensarci su. Non posso rischiare di perderla." disse Vozzak.
"Ci verresti con noi da uno psicologo?" chiese Yohv.
Da quelle parti doveva pur essercene uno in gamba, in grado di aiutarlo, pensò. Anche su pianeti desolati e barbarici come Oba7, del resto, era possibile trovarne alcuni di un certo talento.



La Sexmega non era ancora stata fondata e il suo futuro titolare si godeva i tre soli di Cromabeach 91, con un occhio rivolto all’incredibile spiaggia dorata e l’altro al futuro; sicché non smetteva mai di pensare agli affari. Stava, infatti, architettando di clonare uno dei suoi dipendenti superdotati al fine di spacciarne come robot biologici diversi esemplari in pianeti regrediti e lussuriosi come Ficatron (su Oba 7, invece, questo tipo di commercio non avrebbe fruttato. Ogni comportamento sessuale, pubblico e privato, era bandito; nonché punibile attraverso varie forme di sevizie, e la riproduzione avveniva per inseminazione artificiale...). Era una truffa bella e buona, naturalmente, dal momento che Vozzak non era affatto disponibile ad essere un’inconsapevole fonte di arricchimento per la sua società.
Yohv lo rese ancora meno disponibile, dandogli questa consapevolezza. Era un motivo per giustificarne a maggior ragione le dimissioni, e convincerlo a seguirli.
"Penso che verrò!" disse alla fine, Vozzak. "Se riuscirete a guarirmi da questa mutazione."
"Fissazione!" lo corresse Yohv.
"Dove lo troviamo uno psicologo?" chiese impaziente Moccio. Ora riusciva ad apprezzare Ficatron e sentirne un impellente bisogno.
"Mio cugino è stato in cura per diversi mesi prima di..." tentò di rispondere Vozzak.
"Diversi mesi?!! Ma vuoi scherzare?" intervenne seccato Yohv. "Dobbiamo trovarne uno rapido. Guarirti subito. Non ce ne sono da queste parti?"
"Quello che ha curato mio cugino fa pure il servizio rapido. Usa dei ricondizionatori alfa-psicodestrutturanti di classe B." rispose Vozzak.
"Credo siano molto buoni, quelli." commentò Moccio, pur non avendone mai sentito parlare.
"Chiama tuo cugino, allora, e fatti dare il numero di ‘sto tizio." ordinò Yohv.
"Mio cugino è morto. Si è suicidato pochi giorni fa. Avendo una schiena enorme, a un certo punto ha pensato di amputarsi un braccio per usarlo come grattino..."
Yhov cominciava a innervosirsi.
"Non hai un dannato elenco telefonico o qualsiasi altro mezzo che ci consenta di trovare un dottore?" chiese.
Vozzak lo aveva. Tirò fuori da un cassetto una specie di lavagnetta gialla e ci scrisse sopra: “psicologi”. Improvvisamente sul display della stessa apparvero alcuni annunci.
Erano pieni di promesse e concetti che facevano acqua da tutte le parti, ma uno zampillava ottimismo da una vena di più sobrio scientismo:
Bufenzo di Zauban VI; esperto di qualsiasi tracciato alfa, beta, ecc... Fino all’omega. Risolve i casi più assurdi e complicati, senza l’uso della chirurgia o di sostanze chimiche. Pluripremiato al Psico festival di Rundam e al Monmerd Ospital di Burnia 5, per le sue guarigioni lampo (record di sei minuti) e ristrutturazioni dell’Io. Offre anche radicali cambiamenti della personalità, utilizzando modelli preconfezionati o elaborabili secondo le vostre esigenze. Pagamento vincolato alla percentuale di successo.
"Questo fa per noi!" disse Yohv.

Lo studio di Bufenzo era tapezzato di vocaboli e frasi senza senso. Ci entrarono tutti e tre, poiché Bufenzo, non esente da pregiudizi, a una prima occhiata li aveva considerati tutti degni di analisi.
Era certamente una strana, grossa, rispettabile creatura; seguendone l’imperioso consiglio, si sedettero quindi su delle scomode brandine reclinabili e a ognuno di loro venne cortesemente chiesto di fare silenzio.
La mente doveva essere sgombra, soprattutto d’inutili domande; benché alcune fossero già scritte sulle pareti.
Bufenzo spense la luce e alcune di queste s’illuminarono.
“Che ci sto a fare, qui? “; “Chi sono io?”; “Qual’è il mio problema?”; “C’è qualcosa di meglio oltre la vita dopo la morte?”; “e oltre ancora?”; “ha senso porsi tutti questi interrogativi?”; “perché questi muri sono pieni di scritte fosforescenti?”; “mangerò ancora un bel piatto di cinciulle mutanti?”; ecc...
Ci misero un po’a capire che la stanza, con estrema furbizia e rapidità, materializzava i loro pensieri, traducendoli in quelle parole.
Bufenzo riaccese la luce.
"Il vostro amico non ha pensato alla sua mano. Non c’è stato alcun riferimento. Lo avete notato?" chiese con rabbia. Bufenzo era elegante e rispettabile, ma faceva paura; sembrava un gorilla mescolato a qualche gene di pterodattilo.
Vozzak si grattò le squame sopra il capo, imbarazzato.
"Sì. Lo abbiamo notato." risposero in coro Moccio e Yohv.
Bufenzo riprese a parlare.
"Indi, applicando un principio di esclusione, congiuntamente a quella logica, madre di tutte le scienze, che ci ha permesso di svelare i più reconditi segreti dell’universo... Dico: ...con assoluta certezza, ovviamente, che la mano del vostro amico non ha proprio un cazzo e che, dietro a questa omissione di domande, ben manifesta alle mie pareti, si nasconde la volontà di stornare l’attenzione dalla sua stupida convinzione di essere affetto da una mutazione... Perdonatemi l’allitterazione!"
"Possiamo quindi procedere alla guarigione, dottore?" chiese Yohv.
Vozzak non disse nulla. Gli sembrava ingiusto che un professionista dovesse offenderlo in quel modo.
"Mi occorre, prima, la vostra collaborazione." disse Bufenzo, grattandosi la barba che aveva sulla fronte.
Il metodo che intendeva seguire era tutt'altro che professionale.
Yohv e Moccio ascoltarono passo per passo le sue istruzioni, trascinando con forza Vozzak fino ad immergerlo totalmente dentro una vasca preparata per l’occasione.
"Questa soluzione salina è del tutto simile a quella che aveva il vostro amico nel cubo da cui lo abbiamo liberato..." disse Bufenzo, miscelando alcune bibite estratte dal piccolo frigobar del suo studio.
In effetti non era proprio dello stesso arancione, ma fecero finta di niente.
"Trovate?" chiese Bufenzo. In così poco tempo non era riuscito a organizzare di meglio. Lo versò nella vasca; sperando di rendere più credibile il suo esperimento.
"E’perfetto!" rispose Moccio affondandoci il collo di Vozzak, mentre Yohv si stava occupando di tenergli ferme braccia e gambe.
"E’necessario che il vostro amico si accorga..." disse Bufenzo con affanno, aiutandoli a spingere Vozzak sotto il liquido. "...che con la sua “falsa” mano mutante non può far respirare il resto del corpo, qua sotto." 
Yohv e Moccio ascoltavano con attenzione.
"...E che, quindi, si accorga di non possedere branchie."
"Funzionerà?" chiese Moccio, vedendo la forza con cui Vozzak si agitava nella vasca.
"Per la puttana, se funzionerà!" rispose Bufenzo, tirando una gomitata sul coriaceo addome di Vozzak.
Lo liberarono poco prima che schiattasse.
"Come si sente, adesso, signore?" chiese Bufenzo.
Vozzak sputò alcune gocce di liquido, pestandosi le mani sul torace.
"Abbastanza traumatizzato." rispose. Poi tossì, sputando altro liquido.
"...Ma crede ancora di possedere una mano mutante?" chiese Bufenzo.
"No! Assolutamente no." rispose Vozzak.
Era un tipo facile da convincere, con la violenza.
Yohv e Moccio si sentivano soddisfatti.
La meta era vicina. Restava, tuttavia, un dubbio. Vozzak o meglio, il suo clone  prelevato da Ficatron, aveva evidenziato parecchie difficoltà a parlare; era inadeguato per tutta quella serie di comportamenti che le femmine richiedevano oltre l’amplesso. Come potevano far ritorno al pianeta, senza prima risolvere il problema fondamentale per cui erano stati mandati lì? Dovettero farlo presente allo psicologo. Le ficatroiane ritenevano Vozzak un asociale con scarse capacità dialettiche.
"Pensate che questo individuo sia una copia esatta di quello che avete conosciuto prima, anche sotto il profilo psicologico?" chiese Bufenzo.
"No, Lui sembra più simpatico. Forse, il fatto di lavorare in un negozio lo ha reso più disponibile ai contatti alieni." rispose Yohv.
"Ma non vogliamo sorprese; capisce, dottore?", aggiunse Moccio.
"Si trova simpatico, signore?" chiese Bufenzo a Vozzak.
"Spesso! Fra l’altro, io amo fare tante coccole dopo i rapporti sessuali. Mi piace conversare, ...da matti. Conosco tante barzellette e ho pure un diploma di estetista... Specializzato in acconciature femminili." proseguì.
"E’ gay, signore, o ha mai pensato che potrebbe diventarlo?" chiese Bufenzo.
Vozzak si palpò brutalmente i genitali, assumento un’espressione feroce.
"Gay?!! Con questa roba faccio un macello, appena metto piede su Ficatron! Glielo faccio vedere io a quelle xxxxx chi è l’asociale!"
"Ancora nella vasca!" gridò Bufenzo, afferrandolo per la gola.




 Sottokappa venne in qualche modo riattivato. Era necessario che lui prendesse il controllo dell’astronave, almeno per quelle funzioni che a Moccio e Yohv avrebbero richiesto un’infinità di calcoli e operazioni manuali assai noiose.
"Perché non ho neppure il diritto di riposare in pace?" chiese la macchina.
"Riposerai quanto ti pare, ma dopo il viaggio!" rispose Yohv, disattivando il circuito di autodistruzione inserito nel processore B. Il processore A si era già fottuto col primo tentativo di suicidio.
"Puoi fare questo ultimo sforzo per noi?" lo supplicò Moccio.
Sottokappa ronzava infastidita.
"Poi mi ripristinate il circuito di autodistruzione?"
"Ci puoi contare!" disse Yohv, piegando tutti i tentacoli all’indietro.
Vozzak non aveva mai viaggiato su un’ astronave; ignorava, quindi, la condotta di un buon passeggero e quanto era necessario per compiere un buon viaggio interstellare; eppure, quel trabiccolo gli sembrava sprovvisto di parecchie cose. Mancavano, innanzitutto, dei rassicuranti ammortizzatori inerziali. Aveva posseduto una moto fotonica, su Patton 6700, e sapeva quanto fossero utili per qualsiasi oggetto capace di viaggiare a velocità prossime a quella della luce; per cui fu sorpreso di notare che quelli all’interno dell’abitacolo erano più piccoli di quelli montati sopra il suo veicolo . Mancava pure un cannone-scudo di prua e dei vizak38 termosensori, utilissimi in situazioni di questo tipo. Era uno schifo, insomma, anche per un inesperto come lui. Cominciò a riflettere su tante cose, invaso da una specie di ansia via via crescente: moltiplicata anche dal fatto che gli venne in mente un altro terribile interrogativo: che fine aveva fatto il suo clone? Era una delle poche cose che quei due non gli avevano ancora raccontato.
"Si è disintegrato nella ionosfera di Ficatron." disse Moccio, a mo di spiegazione.
"Già!..." intervenne Yohv. "Noi, dietro, nella stiva di poppa, abbiamo un portellone che comunica con l’esterno... Lo apriamo solo previa depressurizzazione, durante i rifornimenti di cibo e di carburante effettuati in volo,... Ebbene..."
"Ebbene?" chiese Vozzak, vedendolo titubare.
"La tua copia è andato là dietro a curiosare." riprese Moccio.
"Poi ha premuto inavvertitamente il bottone sbagliato e..." intervenne ancora Yohv.
"Ptzzzuuuuum!!!... Lo spazio lo ha risucchiato."
"Stava pure per disintegrare noi, quel deficiente!" concluse Yohv.
Sottokappa ascoltò in silenzio. I suoi perspicaci neurosensori gli dicevano che quello era un inganno a cui doveva partecipare; anche se gli avrebbe fatto piacere sputtanarli.
Prese a comunicare alcuni dati al navigatore.
Il navigatore diede il via a tutta una serie di processi, fra cui, anche alcuni codici amichevoli di ringraziamento per essere stato avviato a tali processi. Sembrava un sodalizio perfetto, pronto a occuparsi con efficacia alla buona riuscita del viaggio.
Yohv premette alcuni inutili tasti, mostrandosi sicuro delle proprie azioni, soltanto per infondere un po’ di coraggio.
"Stiamo per compiere “il grande salto”, amico!" disse Moccio, sorridente, appoggiandosi con una spalla a Vozzak.
Vozzak però non smetteva di preoccuparsi. Aveva un sesto senso come il suo predecessore.
Sottokappa intanto rifletté sull’errore commesso dal navigatore durante il viaggio per raggiungere Patton 6700.
"...E se anche questa volta avesse cannato le coordinate temporali?" pensò, inviando alcuni impulsi di ammonimento per indurlo a concentrarsi meglio su questo problema.
Il navigatore, seccato, fece tutte le analisi del caso arrivando in breve alla conclusione di non aver affatto sbagliato.
Sottokappa non voleva entrare in conflitto o primeggiare, tuttavia. Si scusò, inviando un’altra bella scarica d’impulsi amichevoli. Era comunque evidente che il navigatore avesse sbagliato e, non evidenziarlo, sarebbe stato disonesto; per cui Sottokappa fece ulteriori ma velate pressioni a riguardo.
Dalla consolle, questo genere di conflitti venivano rappresentati con delle formazioni geometriche di tipo olografico.
"Bello! Che cosa significa?" chiese Vozzak.
Vicino ai comandi si librava un piccolo prisma, molto ma molto animato e  appuntito.
"E’ una sequenza di dati..." balbettò Yohv.
"Proprio!...Una banale sequenza di dati." aggiunse Moccio, allacciandosi le cinture.
Il prisma diventò sempre più spigoloso e acuminato, in continuo e veloce mutamento.
"Ci siamo, quasi?" chiese Vozzak.
"Quasi! Allacciati le cinture, amico!" disse Yohv.
Un tremendo ronzio prese il posto dell’ologramma e Sottokappa iniziò a malincuore il conto alla rovescia.
Dieci! Nove! Otto!...
Non c’era verso di convincere il navigatore a migliorare il calcolo dei logaritmi, utili al corretto posizionamento delle coordinate spaziotemporali di Ficatron. Anzi, tentare di correggerlo lo aveva incasinato ancora di più.
Scombinò le sue matrici, saltò alcune importanti sequenze di calcolo combinatorio e riprese ad analizzare la posizione corrente, sulla base di dati approssimati per difetto del 0,00109 %...
Sette! Sei! Cinque! Quattro!...
Ed anche questa volta non fece bene il suo lavoro.
Tre! Due! Uno!
ZeROOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!
Volete sapere dove sbucarono?
Inutile a dirsi, vero?
Era proprio il settimo pianeta di quella stramaledetta galassia.





-FINE-



Deficienti Spaziali (2005) Racconto e illustrazioni di Fabio Cavagliano
Altri episodi presenti nel Blog:
l' eremo del masturbatore
il progetto vagghianux
il concorso










commenti:



Corra 28 Febbraio 2006:



Racconto davvero zeppo di comicità; dietro ogni angolo si nascondono sempre le situazioni più strampalate, che divertono nella lettura. Come ho già avuto modo di dirti, trovo che il tuo racconto si sposi bene coi fumetti.
A tratti mi sembrava di avere fra le mani la storia di un fumetto, in particolare: Topolino! Dove i due eroi viaggiano con la loro astronave sgangherata, e naturalmente dove nulla funziona a dovere, alla ricerca del tesoro (nel tuo racconto dicesi "passera").
I personaggi sono azzecatissimi, sono i classici due sfigati ai quali nulla va bene... Ed è proprio per questo che ci si affeziona. 
... E poi "Vozzak" che ha il carattere di "tu sai chi"...
Gli avrei fatto fare una fine diversa, tipo strangolarlo con le mie mani 😃
Ovvio che resto in attesa di vedere le tavole del racconto, e soprattutto se prenderai in considerazione il mio suggerimento di farne un fumetto. Voto generale: 71/2

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