venerdì 22 novembre 2013

Bastardo!

BASTARDO!

 Racconto di Mauro Banfi



- Bastardo!
Con una precisa bastonata il geometra Gian Cristoforo Crimpioni colpì il cane dietro l’orecchio sinistro, lasciandolo mezzo tramortito sulla corsia d’emergenza dell’autostrada Milano-Genova.
- Vattene, Bastardo, hai capito? Vattene!
Bastardo. Il povero cane, un incrocio, figlio di padre cane-lupo e di madre husky, sapeva bene che quello era il suo vero nome.
Fino a due giorni prima, Irma, la figlia di quell’uomo in giacca e cravatta che agitava un bastone davanti al suo muso, lo chiamava “Vongoloneeee!”, “Buffalmaccooo!”, “Giantruffoloneee!”.
Poi quella bambina obesa aveva cominciato a frignare:
- Voglio un gattino rosso, voglio un piccolo gattino rosso!
Per ore e ore, piangeva e faceva capricci e voleva il gattino rosso e per il grosso cane dagli occhi di ghiaccio il destino si era compiuto.
Già conosceva la “legge della mazza”. Gli fu impartita dal Crimpioni il giorno dopo essere stato prelevato dal canile, dove stava per essere soppresso con un’iniezione letale.



Il geometra, appena tornato dal lavoro, l’aveva portato nello scantinato, si era sistemato sul naso gli occhialini tondi in lega pregiata, perennemente appannati e si era accanito con una mazza da baseball sulla sua schiena argentata da cane lupo.
- Non osare fare del male alla mia Irma, Bastardo, hai capito? Guarda che ho il potere di massacrarti! Ho già fatto piangere molti cani, Bastardo, ma non importa, non ci sono già tanti pianti al mondo?
E giù botte, mentre gorgogliava un’orrenda risata.
Dopo mezz’ora la moglie del Crimpioni, la signora Gian Sandra, scese nella cantina a dare da bere e da mangiare a Bastardo; per l’emozione, il cane rilasciò dal corpo bastonato una pozza d’urina e la donna fece un balzo, disgustata:
- Gian Cristoforoooo! Carooo, puoi venire, il cane orina!
E giù altre botte.
Erano così cominciati i terribili giorni di quel povero animale.
Irma la bambina grassottella lo rimpinzava di crocchette disgustose, gli faceva il bagno nell’acqua calda e la permanente, facendogli gonfiare la pelliccia come un dirigibile e quel che è peggio, lo chiamava prevalentemente “Vongoloneee”, lanciandogli un bizzarro pollo di gomma viola e verde da riportare.
Non lo riportava? In cantina, e giù botte a Bastardo. Non mangiava le crocchette che sapevano di merda? In cantina, e via col massacro per Bastardo. Sporcava il divano della signora Gian Sandra, con la saliva o con altre sostanze secrete dagli orifizi del suo corpo?
Scantinato, botte, massacro: Bastardo!
Fu allora un sollievo per Bastardo, vedere il suo aguzzino in giacca e cravatta risalire sulla sua Marea nuova e partire a razzo sgommando, dopo un’ultima bastonata sopra l’occhio sinistro.
Il cane sentiva rombare vicino al suo corpo intontito grossi autoarticolati e macchine che sfrecciavano a una velocità incomprensibile; ma quei violenti spostamenti d’aria lo aiutarono a rimettersi faticosamente sulle quattro zampe.
Era stato abbandonato da un brutale vigliacco in un’autostrada piena di pericoli letali, il suo corpo era stato picchiato e massacrato per giorni, ma finalmente sentiva fluire libero e possente il tenace attaccamento alla vita che aveva ereditato dalla sua madre husky.
Dal padre avevo preso il fiero coraggio e presto lanciò il suo ringhio di sfida al mondo e riprese a trotterellare sulla corsia d’emergenza, spaventato dai mezzi in movimento, ma fermo nel proposito di saltare quel guard-rail in fondo alla curva per riguadagnare quel bosco in lontananza e la libertà!


A un tratto sentì delle gomme stridere sull’asfalto.
L’autista di un TIR se l’era visto comparire davanti all’improvviso e d’istinto aveva dato un colpo di sterzo troppo violento al mezzo che s’era inclinato e strisciava, sprigionando schegge e scintille sull’asfalto, verso il povero Bastardo.


L’animale cominciò a correre con tutte le sue forze e spiccò un salto prodigioso sopra il guard-rail che divideva l’autostrada dal boschetto.
Un pezzo di lamiera lo ferì di striscio alla coscia destra, ma il cane riuscì ad atterrare sul soffice terreno del bosco, e uggiolando per il dolore prese a correre come una furia tra gli alberi.
Alle sue spalle il pesante camion schiantava il guard-rail e s’incendiava in mezzo alle piante circostanti all’autostrada.
Atterrito dal fragore dell’esplosione e dal calore dell’incendio Bastardo continuò a correre fino a quando non si buttò a terra stremato, col cuore che batteva all’impazzata
.


Si riprese rapidamente e annusando l’aria, il cane cominciò a riavvicinarsi all’autostrada, tenendosi lontano dal piccolo incendio che si era lasciato alle spalle.
La libertà gli aveva restituito il suo naturale e possente attaccamento alla vita, e nonostante la ferita leggera alla coscia, che aveva più volte leccato e lavato con la sua saliva, (ma non rallentava i suoi movimenti) e l’orecchio sinistro che penzolava paralizzato e floscio, in seguito al colpo di mazza del suo carnefice (che gli aveva lacerato i nervi dei piccoli muscoli deputati al movimento del padiglione auricolare), si sentiva in piena forma e ricolmo di una grande ferocia e di una forza smisurata.
Annusando sentiva le tracce dell’odore disgustoso del suo carnefice ed elevò in mezzo agli alberi un terribile latrato lupesco: uhuhuuhuhuhuuu!
Il Crimpioni, la signora Gian Sandra e la ragazzina obesa sarebbero stati il suo pasto, anche a costo di rimetterci la vita.
Per il momento era molto affamato e indebolito dalle piccole perdite di sangue, scese dalle ferite ormai rimarginate dell’orecchio sinistro e della coscia destra.
La fame ruggiva dentro di lui come un felino di grossa taglia.
Giunto a una radura, Bastardo osservò una scena davvero incredibile.


Si trovava vicino all’autostrada, in un punto fitto del boschetto, e da quel piccolo spiazzo interno si notava una moto di grossa cilindrata sospesa a un albero e, poco distante, appeso a un altro albero come una marionetta disarticolata, il cadavere, ormai decomposto, di un motociclista.
Dal corpo in disfacimento, munito di tuta in pelle e casco, fuoriuscivano le ossa dello scheletro e lo stomaco di Bastardo venne colpito dall’odore dolciastro, (nauseabondo per gli uomini ma non per i cani affamati) di carne frollata.
Il disgraziato doveva essere uscito fuori strada a una velocità pazzesca e lui e il suo mezzo erano finiti sopra le piante. Dalla torsione innaturale del suo collo si capiva che il motociclista si era rotto di netto la zona cervicale, e con molta probabilità, nessuno si era accorto per un mese della sua tragica dipartita.


I segni del suo schianto sul guard-rail non erano stati notati da nessuno e il poveretto era un single, orfano e abituato a vivere per i fatti suoi.
In quel modo devastante e crudele si era conclusa la sua solitaria esistenza.
Bastardo, guidato da un antico istinto cieco e infallibile, si avvicinò a uno stivale di gomma nera del motociclista e prese a tirare quello che restava del suo corpo putrefatto agganciato ai rami dell’albero.
Una volta a terra prese a divorarlo, carne della testa esclusa in quanto protetta dal casco.
Mentre masticava i brani del corpo dello sciagurato, Bastardo ringhiava di gusto e il suo olfatto, mentre reintegrava le energie riempendo il suo stomaco di carne, sentiva sempre più forte la pista odorosa del Crimpioni, che scendeva lungo il bordo dell’autostrada.
Pose le sue zampe possenti sui resti del motociclista, alzò al cielo la grossa testa e la gola, con l’orecchio leso che pendeva e quello buono drizzato come un’erezione e lanciò al mondo il suo latrato di sfida:uhuhuhuuuuuuuu!
In quel momento d’esuberanza vitale decise che la bambina grassona, la “vongolona”, l’avrebbe divorata per ultima. 



Il geometra Crimpioni venerava la sua Fiat Marea, e in quella bella mattinata di un sabato tiepido e soleggiato, si apprestava con un secchiello, una spugna e dello shampoo all’estratto di cervo, a lavare la sua stupenda berlina media.
Sapeva che la prima cosa che va evitata quando si ama davvero un’automobile è quella di non lasciare che lo sporco faccia le incrostazioni, tralasciando cioè di lavare l'auto per mesi e mesi; soprattutto in quelli estivi in cui il caldo fissa in modo particolarmente tenace lo sporco sulla vernice della nostra auto; in questo modo si accorcia notevolmente il tempo di lavaggio dell'auto e soprattutto i risultati saranno migliori.
Srotolò la canna dell’acqua e riempì il secchiello di plastica azzurra, versando con il tappo una piccola quantità di shampoo al cervo color marrone.
Il Crimpioni, meticoloso fino alla paranoia, prima di procedere al lavaggio con spugna e shampoo, diede una risciacquata veloce all'auto al fine di rimuovere l'eventuale presenza di granelli di sabbia o altri corpi estranei che avrebbero potuto rigare la vernice; fatto questo cominciò a passare con la spugna e lo shampoo tutta la carrozzeria dell'auto in modo completo e, altrettanto velocemente, a risciacquarla, per risparmiare così il consumo di acqua. Era una persona molto accorta e previdente e molto considerata dai vicini di casa e dai colleghi di lavoro.
Poi cominciò ad asciugare l'auto, munito di una pelle per auto che sembrava sintetica .
 
In realtà era la cute di un uno dei tanti cani che aveva ammazzato a bastonate, conciata da un suo amico macellaio.
La Marea era parcheggiata davanti al vialetto che portava alla sua bella villetta monofamiliare; messa in un luogo leggermente inclinato così da evitare il ristagno dell'acqua in zone nascoste.
- Ah, Marea, quanto sei bella, che macchina! Ti adoro! – gongolò il Crimpioni.



Bastardo balzò sul tettuccio della Fiat Marea, rigando in modo distruttivo e profondo la lamiera dell’auto e s’avventò contro la gola del geometra.
Con lo slancio della sua furia e il suo peso inchiodò l’uomo a terra, che difendeva le parti molli della gola col braccio destro ripiegato, urlando come un ossesso.
- Aiutooo!
Bastardo cercava con le mascelle il pomo d’adamo, la giugulare e la carotide, voleva masticarle; mordeva con una ferocia e una velocità indescrivibili, ma il Crimpioni disperatamente resisteva.
Allora il cane piantò le unghie delle zampe anteriori nel costato dell’uomo e cominciò a scalciare con le zampe posteriori l’addome e le gambe ripiegate del geometra, lacerandogli la pelle e muscoli.
Avvertì che il corpo del Crimpioni cominciava a cedere e alloro affondò sempre più i denti canini alla ricerca del collo.
Con un ultimo atto esasperato il Crimpioni diede un terribile pugno con il braccio sinistro sul naso di Bastardo, che non mollò la presa ma l'allentò un momento, e l'uomo ne approfittò per prendere il tubo di gomma della canna dell’acqua vicino a lui, lo avvolse rapido intorno al collo del grosso cane e cominciò a stringere per tentare di soffocarlo.
Intanto, dalla finestra della cucina la signora Gian Sandra, attirata dall’orribile stridio delle unghie di Bastardo sul tetto della Marea, stava assistendo atterrita alla lotta all’ultimo sangue tra Bastardo e il marito.
In casa avevano sette pistole e una mitraglietta automatica presa al mercato nero, ma Gian Sandra rischiava di uccidere anche Gian Cristoforo e allora prese da un cassetto dell’anticamera dell’ingresso un Taser e si precipitò, con i bigodini in testa verso i due duellanti.


Bastardo, per quanto mezzo strangolato dalla canna dell’acqua (comunque era troppo flessibile per fermarlo), stava per raggiungere finalmente la giugulare del suo avversario, schiacciato sul terreno dal suo furore.
La signora Gian Sandra divaricò le gambe (era un’esperta nelle armi da fuoco) e prese la mira con lo storditore elettrico; sganciò la sicura e fece partire le due freccette verso la schiena di Bastardo.
Il cane ebbe un sussulto e pur mantenendo la presa sul braccio dell’uomo che cominciava a cedere, ormai spolpato e sbranato, spostò il corpo per strattonare gli ultimi brandelli dell’arto ridotto all’osso.
Le due freccette colpirono il plesso solare del Crimpioni, che ricevette la scarica ad alto voltaggio; i suoi muscoli si paralizzarono e s'irrigidirono come se fosse in preda a un crisi epilettica.
Bastardo, isolato dalla canna di gomma avvolta al collo, serrò la presa sul collo dell’uomo e cominciò a ledere la giugulare e a masticarne la gola con le fauci invase dal suo sangue; inutilmente, piangendo disperata, la signora Gian Sandra lo percuoteva col secchio di plastica azzurra.
In un minuto Crimpioni morì e Bastardo si rivoltò verso la Gian Sandra, con gli occhi iniettati di sangue, mentre masticava il pomo d’Adamo del geometra seviziatore.
La signora prese a correre, cercando di riguadagnare l’ingresso della villetta, dove aveva lasciato la mitraglietta appoggiata allo stipite della porta.
Con un salto poderoso Bastardo l'afferrò per la nuca e tenendola ferma al terreno con le mascelle serrate, con le quattro zampe cominciò a scavare e a squarciarle la schiena, mente l’azzannava senza pietà al collo, scuotendone violentemente il tratto cervicale, fino a quando non si spezzò.
In preda a una frenesia istintiva continuò a divorarle la testa, fino a quando non sentì una strana musichetta provenire dal primo piano.
Si fermò un attimo: sputò una ciocca di capelli della donna, attaccata a un lacerto di cuoio capelluto, e un paio di bigodini viola e si acquietò un momento.
Il suo possente torace ansimava come un mantice.
Ora toccava a Irma, la bambina grassona.

“è dolce sognar
e lasciarsi cullar
nell'incanto della notteeee…
le stelle d'or
con il loro splendor
sono gli occhi della notte…”

La ragazzina cicciona stava cantando a squarciagola “Bella Notte- Dolce sognar” la nota aria del film “Lilli e il vagabondo”, mentre sgranocchiava da varie ciotole poste al suo fianco sinistro, sul divano, salatini e dolcetti colorati con sfumature psichedeliche.
Sul fianco destro stava Cicci, il gattino rosso, legato con un guinzaglio di cuoio a un anello di acciaio fissato al posagomito del divano. Era mezzo stordito, perché aveva subito un’ora prima le prime percosse del Crimpioni. Non stava mai fermo ed era stato conciato per le feste: il folle geometra era arrivato a immergerlo per un minuto in una bacinella d’acqua gelida.


- Ah, Biagio il randagio, quanto sei carino! Papà, voglio un cane come Biagio il randagio! Biagio il randagio, Biagio il randagio…
Grrrrhhhhgrhhhhh…
Irma scattò in piedi spaventata dal ringhio che l’aveva investita.
Si girò e sulla sua sinistra apparve Bastardo che ringhiava inferocito col muso tutto bruttato del sangue dei suoi genitori. I muscoli della sua grande schiena si contraevano creando una cresta sul manto del suo dorso.
Il labbro superiore del cane si arricciava con un tremito ritmico, lasciando intravedere le possenti chiostre degli affilati denti delle mascelle.

- Oh, Vongolone sei tornato! Ma dov’eri stato, tieni cucciolone, tieni, bello vuoi un gommone?
Con un rapido scatto delle sue ganasce Bastardo afferrò il polso della bambina obesa, e con una terrificante torsione del muso le tranciò via la mano destra protesa di netto.
- Ahiiiahhahiiiahah!
Mentre la cicciona gridava in modo animalesco e un fiotto di sangue zampillava dal suo moncherino sul divano, Bastardo cominciò a mordere e a rosicchiare il guinzaglio che imprigionava il gattino rosso.
In breve lo distrusse e liberò il piccolo felino, che era diventato una palla di pelo atterrita.
Bastardo cominciò ad abbaiare e il gattino fuggì a gambe levate dalla porta aperta, libero.
Irma era crollata svenuta sul pavimento, in una pozza di sangue. Bastardo si preparava a divorarla, ma prima pose le su zampe anteriori sul grasso addome della ragazzina e alzata la gola al soffitto del salotto, elevo il suo latrato di vittoria: uuhuhuhuhuhuuh!



FINE


NOTA DELL'AUTORE

" Gli animali non esistono in funzione dell'uomo; essi hanno un'esistenza e un valore propri. Una morale che non incorpori questa verità è vuota. Un sistema giuridico che la escluda è cieco."
Tom Regan



Dedicato a tutti i nostri amici viventi maltrattati. Le sevizie descritte nel racconto sono successe veramente. Facciamo in modo che non accadano mai più.


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