domenica 12 giugno 2016

Los Demonios




Benvenuti a Los Demonios. La Città dei Demoni. La Città della Verità, la Città della Rinascita… e un’altra decina d’altisonanti soprannomi che non starò qui ad enumerarvi, vi annoiereste.
Cosa che non accadrebbe se veniste a vivere qui. Libertà assoluta, divertimento sfrenato, assenza di stringenti limiti o confini da non oltrepassare. Tutto è consentito, nulla è vietato. Ciò che conta è soddisfare i propri desideri, realizzare i propri sogni, appagare i propri piaceri. Dal più casto al più perverso.
Il locale in cui mi trovo adesso è un esempio di questa ultima categoria: i piaceri più perversi. È il luogo che ho scelto per raccontarvi questa storia, mentre sorseggio qualcosa di stramaledettamente alcolico. Bevo e osservo lo spettacolo che anima il bar. L’uomo che occupa la sedia sulla sinistra effettua un deciso cunnilingus sulla donna che, a testa in giù, si tiene aggrappata con le gambe incrociate al collo di lui. Più in là, un giovincello dal fisico scolpito penetra una ragazza formosa dalla pelle color terracotta, il membro avvolto in un groviglio di filo spinato. In fondo al locale, superata l’orgia furiosa che si è appena scatenata, un tizio baffuto e denudato piange dalle risate, appeso ad una ruota, gli arti legati. Dagli occhi, le palpebre superiori costrette a stare aperte con due colpi di spillatrice, fuoriescono anche rigagnoli rossi. Lamette sottilissime ed affilate gli sono state infilate sotto tutte le unghie, sia delle mani che dei piedi, stillanti gocce di sangue. Un caprone dal pelo irsuto e le corna nere gli sta rosicchiando la pelle esposta, spellata e scorticata, del piede sinistro. Due avvenenti donne in (pochi) abiti succinti e aderenti – le Sin Twins, che danno il nome al pub – si occupano della scarnificazione, incidendo sul torso nudo dell’uomo la frase tipica di uno dei Principi Infernali, Astaroth: “L’Oscurità è Luce capovolta.” Sullo sfondo, luci blu elettriche illuminano la porta identificata dal teschio rosa al neon: l’ingresso alla Stanza della Necrofilia, dove uomini e donne riversano le proprie perversioni su cadaveri di ogni specie, dimensione ed età.
Questa storia comincia tre anni fa e prende il via dal Big One. Dovreste aver presente di cosa parlo. Be’, in caso contrario, ve lo dico io: il tanto temuto e pronosticato distruttivo terremoto che avrebbe dovuto spazzare via buona parte della California, e in primo luogo le città di Los Angeles e San Francisco.
È toccato alla prima. Una faglia di dimensioni immani, dinnanzi alla quale quella di Sant’Andrea risulta la sorella minore. Meglio: una piccola, lontana cugina, insulsa e malaticcia.
Gran parte della città è stata fagocitata dalla terra, la quale ha vomitato fuori fumi e vapori rossastri, al sapor di zolfo, viscerali umori terrestri e ribollenti, che hanno avvolto l’intera Los Angeles, successivamente ribattezzata – appunto – Los Demonios. Non sappiamo bene come si stia fuori i confini della città, quel che è certo è che nessuno – e sottolineo: nessuno ­– si è degnato di avvicinarsi alla città, da quel giorno di tre anni fa.
A parte… il Profeta. Non conosciamo il suo nome né la sua provenienza – si vocifera si sia formato attraverso l’ammassarsi e il solidificarsi delle esalazioni rosseggianti della faglia o che sia emerso proprio dalle gorgoglianti interiora del mondo – ma sappiamo che c’è e che ci ha indicato la via da seguire.
E come non credere ad un essere così misterioso e carismatico? Avvolto nelle sue rudi vesti cremisi, con quelle strane incisioni runiche sul volto scavato da anni che non appartengono alla nostra realtà, animato da quella luce negli occhi che rivela visioni impossibili a noi comuni mortali… il Profeta ci ha fornito la verità.
Cristiani, evangelisti, musulmani, protestanti, buddisti, atei, di qualunque professione religiosa noi fossimo, abbiamo finito per seguire lui, abbandonando le nostre fedi. Le sue parole, i suoi insegnamenti. Per la prima volta, nella storia moderna dell’uomo, un essere straordinario si rivelava, si manifestava alla massa, portandoci il suo verbo.
Ricordo quelle parole, con le quali il Profeta si è presentato, e quei momenti come fossero marchiati a fuoco nella mia memoria. Come se le Sin Twins me le avessero scarnificate sulla corteccia cerebrale.
Sì, ricordo… I profondi occhi del Profeta brillavano e fiammeggiavano, di rabbiosa determinazione. Tiro giù due sorsi di whiskey, di fronte a me una coppia di piacenti ragazzi, che si accarezzano il pene a vicenda, mi guarda, solleva i bicchieri e manda giù gli Occhi di Astaroth – sferette di polvere da sparo solidificata e dotate di spinosi aculei tutt’intorno. Una moda del momento.
Il Profeta si è presentato a noi come nostro salvatore e liberatore.
«L’essere umano è stato creato dallo scontro di due forze – Caos e Ordine, dionisiaco ed apollineo – come ogni altro elemento che compone il Creato: la formazione delle stelle, la genesi di pianeti, nascita ed estinzione di svariate forme vitali. Ogni cosa nasce, cresce e muore in virtù di uno scontro tra forze e un infinito alternarsi di caos e ordine. Ogni cosa, allo stesso tempo, nasce, cresce e muore all’interno di uno specifico principio deterministico. Servendo ad un dato scopo. O a più d’uno. Ma senza libertà. Senza arbitrio. Senza scelta. Senza una scintilla che invece arde luminosa in queste due essenze creatrici, Caos e Ordine: l’anima.
«Per questo venne creato l’uomo – per capire se fosse realmente possibile dar vita a qualcosa di diverso, al di fuori di quel percorso, freddo e meccanico. L’uomo è libero di fare ciò che meglio crede di fare, senza l’obbligo di portare a termine un compito per il quale sia stato creato, poiché questo compito non esiste. Un privilegio concesso a niente o nessun altro, nell’intero Creato, considerando che tutto il resto esiste al fine stesso di esistere e creare, scontrandosi: un continuo conflitto di ordine e caos che ha generato tutto ciò che circonda l’uomo.
«Però, terrorizzata dall’eccesso di sconfinata libertà e obnubilata dalle ricchezze che questa vita offre, una ristretta cerchia di esseri umani ha escogitato la grande menzogna attraverso la quale, nei millenni a venire, tutto ciò che è ordinato ed apollineo è stato racchiuso all’interno dell’entità-Dio, identificata come benigna e creatrice; mentre tutto ciò che è caotico e dionisiaco è stato raccolto all’interno dell’entità-Satana, etichettata come negativa e vessatrice. Questa cricca segreta che, nel corso degli anni, si è ingrossata e arricchita a spese della sottomessa gran parte dell’umanità nascondendosi poi in piena vista, ha imbrigliato la libertà che albergava in voi, mettendole la museruola e legandola al guinzaglio della morale, indottrinandovi secondo i suoi ideali di ordine e disciplina, dai quali – difficilmente – soltanto alcuni di voi riescono a liberarsi. Spesso con esiti negativi. Comprensibile: è come tenere una belva in gabbia; quando la belva fugge e trova la vera libertà non la esprime secondo sua natura, né in completa armonia, bensì in maniera furiosa, aggressiva e sanguinaria. Così, secondo l’indottrinamento somministrato da quella società che ha poi preso le redini del mondo, il dionisiaco è diventato il male e colui che evade dalle rigorose catene dell’ordine e della falsa libertà – associate all’entità-Dio – propugnati e imposti da questa stessa società, è diventato il nemico. Colui da perseguire e punire. Ma adesso io sono tornato per restituirvi alla vostra originaria natura.»
Da quel giorno, abbiamo vissuto a briglie sciolte. Tre lunghi anni di caos totale, libertà incontrollata tradottasi anche – ovviamente – in crimini gravi quali l’omicidio – basato talvolta sul semplice fatto che la vittima stava sulle balle al carnefice. Nessuna punizione, nessuna pena da comminare. Anzi, vieni emarginato e – talvolta – attaccato anche fisicamente se, anche per solo un paio di giorni, ti tiri fuori da tutto questo.
Si fa di tutto per perseguire ed appagare i piaceri, mentali e carnali, che ci stuzzicano. Si fa di tutto perché, appunto, è concesso di tutto. Una libertà che sa tanto di anarchia, nella completa assenza di leggi e regole, di ordine e disciplina.
Una falsa libertà, anche questa.
«Forse siamo fatti per essere governati», rifletto, per l’ennesima volta, negli ultimi giorni. Stavolta, però, a voce alta. Attiro su di me uno sguardo interrogativo da parte del barista. Scuoto la testa e fingo che sia tutto okay.
Siamo passati da una falsa libertà all’altra, da un estremo all’altro, dall’ordine al caos, dall’apollineo al dionisiaco, da un tipo di schiavitù ad un’altra. Se prima eravamo schiavi di certi precetti e certe norme relative alla morale comune, se prima eravamo obbligati a lavorare per vivere, se prima eravamo obbligati a seguire un certo percorso di vita e a fare determinate cose e comportarci seguendo determinati principi… adesso viviamo senza quella serie di vincoli, sostituiti da altri. Come se fossimo schiavi di noi stessi. Delle nostre stesse pulsioni interiori, dalle più banali alle più profonde e prima inconfessabili. Impulsi ed istinti, più animali che altro, forse. Lo sguardo si perde nel vuoto, fissandosi sul legno del bancone, laccato di un lucido smalto nero. «E se fosse questa la vera libertà e io non riuscissi a coglierla? E se invece la libertà non esistesse? O se, per ottenerla, dovessimo sbarazzarci di questi presunti creatori? E se…?»
Mi guardo intorno. Ho dato ancora voce ai miei dubbi, ai pressanti quesiti che mi affliggono. Troppi occhi su di me. Troppe orecchie nei paraggi. Corro rischi potenzialmente letali.
È il momento di andare.



M
i trovo sul filo del rasoio.
Ad un soffio dal baratro, letteralmente.
Quasi come un equilibrista, sul bordo della Grande Faglia.
Tra i solforosi effluvi cremisi che fuoriescono continuamente dalla colossale spaccatura nel terreno, mi accorgo con gran sorpresa e un pizzico di paura, si cela una forma umana. «Chi sei?»
Non ho bisogno di risposte verbali, il doppio scintillio che scorgo tra i vapori è inconfondibile. Il Profeta – la cui dimora fissa è sconosciuta e forse nemmeno esiste – è qui, con me, ad un passo dal precipizio. Basterebbe anche solo una forte folata di vento. Precipitare di sotto, nell’inferno che arde sotto i nostri piedi e che ci ha donato un apparente paradiso.
«Tu chi pensi che io sia?» La voce del Profeta è potente, viaggia tra i fumi della Terra, in calde volute di zolfo. Si avvicina di qualche passo, ci distanziamo di mezzo metro circa, l’uno di fronte all’altro sul bilico tra vita e morte.
«Sei… sei il Profeta.»
«Tu chi pensi che io sia?»
Deglutisco, la gola riarsa, sento il cuore battere dritto nella testa pulsante. «Io… tu… non lo so. Non so niente, di te. Nessuno ne sa qualcosa, sul tuo conto. Alcuni… alcuni dicono tu sia il Diavolo, altri un suo servo. Ho avuto modo di sentire diverse supposizioni: Gesù Cristo, un Nuovo Messia, il Falso Profeta, quello… quello di cui si legge nell’Apocalisse di Giovanni.»
Imperturbabile, continua a fissarmi. Gli antichi ed incomprensibili segni tracciati sul suo volto risultano sfocati, deformati dai suffumigi sanguigni. «Tu chi pensi che io sia?»
Ancora. Stringo i pugni. Sudo. Sudo tanto. Mi guardo intorno, prima di tornare con lo sguardo su di lui. «Quello di cui avevamo bisogno. Per… per staccare la spina. Quello di cui pensavamo di aver bisogno, per liberarci dalle nostre vite gravide di impegni, doveri e stress. Pieni di cose da fare e di responsabilità, verso noi stessi, verso le persone a noi care e verso emeriti sconosciuti.»
«Ci sono riuscito.»
«A liberarci? Sì… ma a quale prezzo? E per fare cosa? Adesso non siamo forse dominati da altri vincoli? Se non diamo sfogo ai nostri istinti, ci sentiamo esclusi, ci… sembra di impazzire.» Rimango a bocca aperta, senza ben sapere cosa dire. Dentro, un sapore amaro di bruciato. Il respiro si fa corto e difficoltoso, di fronte alla diretta esposizione di quel vapore. «A meno che…» Agito furiosamente le mani, cercando di allontanare le dannate nuvolette rosse che mi circondano. La vista si sfoca, per un attimo. La testa gira. Pericolosamente. Troppo pericoloso, stare qui. «A meno che non siamo già impazziti, tutti quanti. Una psicosi di massa dalle proporzioni bibliche dovute al profondo senso di perdita dopo il terremoto… dovuto ai fumi che inaliamo ogni giorno.»
«Io sarei il frutto della vostra follia?»
Sollevo lo sguardo sul Profeta. Ora boccheggio. Compio due passi indietro, barcollo, le vertigini mi assalgono, mi afferrano per le caviglie, vogliono buttarmi giù… devo resistere! «Sì, cazzo! Come genere umano, in diversi metodi e misure a seconda della nostra cultura, ci siamo imposti astrazioni da seguire, norme da rispettare, condotte da… e poi… raggiunto il punto limite, abbiamo creato te… le nostre menti si sono di nuovo illuse di libertà, ma siamo finiti per tornare prigionieri, in catene… e…»
«Siete esseri straordinari», sentenzia il Profeta, inamovibile dalla sua posizione. Pare torreggiare su di me, incombere minacciosamente. Mi sento piccolo-piccolo, al suo cospetto, adesso. Gli occhi lacrimano, la mucosa nasale si ingrossa, credo mi stia salendo la febbre. «Dotati di una mente sopraffina ed un’anima sconfinata. Malgrado ciò non riuscite a sfruttarle adeguatamente, al massimo della loro efficienza, intimamente vi siete sempre considerati inferiori, esseri microscopici legati saldamente al vostro piccolo pianeta blu, con tutti i limiti ed i difetti conseguenti.» Gli occhi lampeggiano. Mi accecano, eppure riesco ancora a vedere. Il Profeta ora è più vicino. Posso quasi toccarlo. «Vi siete sempre limitati! Dovete innalzarvi, innalzare le vostre menti e le vostre anime, raggiungere la loro massima estensione, per vedere e comprendere! Dovete liberarvi dalle catene e dai ceppi, dagli ostacoli che vi impediscono di andare oltre! Amplia il tuo essere e trova la libertà! Guardami! Io sono uno degli ostacoli che si frappone tra te e la libertà e la grandezza cui siete destinati! Siate liberi, esseri umani, siate voi stessi nel pieno delle vostre possibilità, sollevatevi!»
E allora, finalmente, capisco. Stringo i denti, pianto bene i piedi per terra, focalizzo lo sguardo. Un solo ostacolo verso la libertà. Spicco il balzo in avanti, bracco il Profeta per buttarlo giù!
Ma…
… non c’è altro che fumo.
E allora niente ferma l’inerzia del mio balzo.
Precipito dentro la faglia, tra roccia, metalli e vapori. Verso le fiamme che divorano tutto, sento la pelle che, poco alla volta, comincia a sciogliersi.
Nessuna grandezza, nessuna libertà, nessuna ascesa.
Per noi c’è solo la morte.









Lost Demonios di 90Peppe90
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1 commento:

  1. L’ individualismo più sfrenato contro l’etica, la religione e la legge. Può l’uomo elevarsi e comprendere una volta libero da ogni forma di condizionamento culturale o dando sfogo a tutte proprie pulsioni? Nel Bene o nel Male, forse, ogni strada, ogni suo percorso, è a senso unico.
    Bellissimo,terribile e, come sempre, scritto a meraviglia.

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