Ad Angelo piaceva scrivere storie dell’orrore estreme.
Sangue, sesso e violenza gratuita abbondavano nelle sue fantasie.
Gli piaceva molto, in particolare, soffermarsi nell’accurata descrizione di mutilazioni e abominazioni varie.
Pure aveva dedicato a questa sua passione il tempo necessario a produrre una decina di romanzi. Opere che poi promuoveva di tanto in tanto sui vari social, atteggiandosi a simpatico e cinico bastardo; giusto per essere coerente con le psicologie malate dei suoi personaggi.
Le physique du rôle…
In realtà, neanche doveva poi recitarla quella parte. Era davvero così, una specie di psicopatico, asociale, polemico e refrattario al bene. Anche se gli riusciva ottimamente, all’occorrenza, non darlo troppo a vedere.
Ad Angelo, poi, oltre a possedere uno straordinario talento nel mentire, non mancava proprio nulla.
Aveva salute, un bel lavoro, una bella casa e una bella compagna.
Una fredda sera di dicembre uscì con lei per andare a farsi una passeggiata fra le vie del centro. Lucine, festoni, profumo di caldarroste dai banchetti dei venditori ambulanti… Tutto aveva un’atmosfera così avvolgente e romantica, ma in un certo qual modo lo disgustava. Il consumismo sfrenato, il candore della neve…
Ma soprattutto i motivi religiosi legati alla festività del Natale e a tutto quel suo nauseante perbenismo associato. Tutta roba che lo pungeva come il freddo e che poteva essere facilmente messa da parte. A parte la compagnia della sua ragazza, ovviamente.
Nuotarono tra la fiumana di persone imbacuccate che stavano sotto alla galleria di corso Vittorio Emanuele e poi si diressero piano piano verso il Duomo.
Proprio all’uscita, nel punto meno affollato di quel percorso, stava un’edicola e una strana insegna al neon che indicava una scalinata.
«Dovrebbe essere chiuso quel sottopassaggio.» disse Giorgia.
Angelo guardò di nuovo l’insegna e la mano illuminata che indicava verso il basso.
«Già. Ma magari hanno aperto dei negozi là sotto.»
«Negozi di pipistrelli?!» rise Giorgia.
Il tubicino di luce rosa e intermittente rappresentava proprio quello: un grosso pipistrello.
«In effetti non sembra un soggetto molto natalizio.» commentò Angelo.
La curiosità era tale che così decisero di avviarsi in fretta da quelle parti per dare meglio un’occhiata.
Nessun’altro si era soffermato o aveva voluto seguirli. E infatti, una volta scesi, si accorsero che regnava uno strano e ovattato silenzio.
Aprirono un portoncino di vetro e si ritrovarono dentro a un corridoio stretto e illuminato da una debole luce azzurrina.
Da dove provenisse questa luce proprio non si capiva. Attorno c’era solo della muratura e, in fondo, un’altra porta di vetro.
«Bene.» commentò Giorgia. «Torniamo su?»
Angelo vide che una donna era comparsa dietro alla porta al termine del corridoio e li stava guardando, come in attesa.
«Ma sai che sono proprio curioso?!» disse.
Giorgia, invece, era combattuta fra inquietudine e perplessità.
«Abbiamo fatto trenta e facciamo trentuno, dai!» rispose lui e stringendosi alle sue spalle la spinse a proseguire.
La donna li accolse aprendo lei stessa la porta e con un ampio sorriso.
Era bella ma tetra. Vestita in abbigliamento dark e con un décolleté da capogiro.
«Benvenuti!» disse.
Angelo fece finta di niente, dirottando subito lo sguardo all’interno del locale in modo da non far troppo ingelosire la sua compagna.
Dentro sembrava una caverna.
C’erano stallatiti di calcare e varie forme organiche incollate alle pareti. Alcune parevano fatte di carne e pulsavano, un po’ come della roba che i due avevano già visto nel film “Alien”. Soltanto un tavolino rotondo e tre sedie al centro della scena offrivano ancora un aggancio con la realtà.
Giorgia tentò di convincere con uno strattone al gomito Angelo ad uscire, ma la donna li aveva già chiuso la porta alle spalle e continuava a sorridere amichevolmente.
Indicò le sedie con il massimo dell’ospitalità.
«Sembra vero…» commentò Angelo, indicando una massa simile ad una gigantesca e deforme stella marina che ribolliva di escrescenze e serpentine contorsioni e che stava appesa al soffitto.
Giorgia si sedette, sorpresa, impaurita e impotente, e con le gambe che quasi cedevano dal tremore. Rimase per diversi secondi bloccata con il capo rovesciato all’indietro a fissare quella cosa; soprattutto con il timore che potesse cadere e spiaccicarsi sulle loro teste.
«Ma che razza di… di… ?!!» disse. Neppure sapeva come esprimere il suo disagio.
Angelo stava ancora in piedi a guardare la stella mostro, invece. Piano, poi, spostò la sedia e si sedette accanto alla sua compagna fissando con aria interrogativa la loro ospite.
Ma quella non rispose; continuava a sorridere, compiaciuta dal loro stupore.
Dopo la donna indicò con calma alcune bottiglie di liquori che stavano incastonate in alcune porzioni di quelle strane forme attorno.
«Qualcosa da bere, ragazzi?» chiese.
«Cavolo!... Ma si rende conto di quanto possa essere strana e sconvolgente per noi questa situazione?!» borbottò Giorgia, più che altro rivolta al compagno.
La ragazza la squadrò con truce meraviglia additandola e poi si rivolse ad Angelo.
«Davvero ami questa donna?» chiese.
Per Giorgia era troppo. Troppa, incomprensibile follia. Davvero non riusciva a capacitarsi di quell’ambiente e di come potessero averlo allestito in quel modo tanto assurdo e realistico. Tentò di rialzarsi e rispondere.
«Ma…» fece appena in tempo a dire.
«Stai zitta cretina!» urlò la ragazza.
Anche Angelo tentò di reagire, ma i loro corpi furono velocemente paralizzati da una forza misteriosa e incontrastabile.
Poi qualcosa si mosse e, da una delle carcasse incollate alle pareti, emerse una mano con lunghe unghie uncinate e un contorto e nerboruto braccio verdastro. Sembrava una specie di osceno, demoniaco parto.
Dei filamenti di bava e altro icore giallastro colavano dall’essere che era in un attimo uscito fuori, come sputato dalla lacerazione di quei tessuti rossi e oleosi.
I ragazzi lo videro con orrore balzare e rotolare sul pavimento, per poi ripulirsi e dispiegare le ali.
Aveva l’aspetto di un ustionato levriero antropomorfo con estese membrane atte al volo, cose che univano la parte mediale delle braccia ai fianchi.
Dal viso lungo e scarnificato sporgevano luccicanti occhi simili a bocce nere e una lingua da formichiere blu, lunga e sottile.
Avrebbero voluto gridare, difendersi, ma riuscirono appena ad emettere dei mugugni.
La ragazza si strappò di dosso la giacchetta di pelle nera facendo cascar fuori il seno.
«Davvero ami questa cretina?» chiese ancora.
Il levriero, tenendo le lunghe braccia spalancate da cui pendevano flosce e unticce le ali, si avvicinò claudicante a Giorgia.
Era alto quanto un bambino ma con fitti e robusti intrecci muscolari, inoltre era assai visibilmente eccitato.
La ragazza, pure, si avvicinò ad Angelo e, mettendosi a cavalcioni sulle sue cosce, gli premette le mammelle calde e appuntite sulla faccia.
Sulle prime, a parte lo sgomento e la paura suscitati dalla rapidità con cui si era susseguito il tutto, egli trovò quasi interessante la cosa, poi vide il volto della donna trasformarsi in qualcosa di scuro e assai simile al muso del levriero.
Tutti e due continuavano a restare incapaci di muoversi e gridare.
Così, la creatura alata, artigliando con furia inaudita i jeans di Giorgia riuscì a lacerarli e strapparglieli di dosso assieme ad alcuni pezzetti di carne.
«Ti piacciono i mostri, eh?!» lo rimproverò la creatura, avviluppandosi con un balzo al corpo della sua donna.
Angelo riuscì a vederlo solo con la coda dell’occhio, perché la strega stava ancora con il muso e il torace schiacciati con forza su di lui.
Vide che il demone alato, fra grugniti e un latrato e l’altro, aveva cominciato a darci dentro.
Un dolore e una rabbia insostenibile esplosero dentro di lui, dal profondo della sua anima.
«Sì…» rispose la cagna demone. «Ci ama.»
Poi con un morso gli tranciò di netto il naso e mezza guancia.
A questo punto Angelo svenne.
Si risvegliò in un luogo buio e brulicante di quelle creature. Molte altre, tuttavia, esibivano deformità differenti e ancora più atroci alla vista.
Pure il caldo e il tanfo di putrefazione erano insostenibili.
Scoprì, allora, che adesso poteva di nuovo muoversi e gridare.
Era nudo, ma già coperto da cose che avevano preso a strisciare e appendersi al suo corpo. Cose simili a ratti scuoiati, insetti e sanguisughe.
Cose che succhiavano, pungevano e mordevano senza sosta.
E, benché tali sensazioni fossero così intense e dolorose, scoprì che neppure poteva liberarsene tornando a un altro provvidenziale stato di incoscienza.
Poteva soltanto urlare a squarciagola e soffrire. Ogni lesione procurata al suo corpo, poi, si ricomponeva subito in orrende cicatrici.
Vide che lo spazio attorno mancava completamente di luce, eppure gli permetteva lo stesso di distinguere i mostri. Sembrava un’immensa grotta sotterranea, bucata qua e là da estese pozze fumiganti di lava e altri liquidi purulenti e non meglio identificabili.
Cercò subito la sua compagna e nel momento esatto la sentì gridare, gocciolare dall’alto. Era appesa e trafitta da un stalattite.
La creatura simile a un levriero le stava ancora appiccicata all’inguine e con le ali la teneva ancora più saldamente legata al soffitto di roccia. Con dei filamenti venosi che uscivano dalle sue articolazioni pareva averla avviticchiata e penetrata in più punti, come fossero dei cateteri da cui iniettava veleni o risucchiava umori.
Il volto della donna era talmente stravolto dalla sofferenza, dalla pazzia e dal terrore che Angelo neppure riuscì a sostenerne per un solo secondo lo sguardo.
Si mise a correre all’impazzata, quindi, cercando una via di fuga da quell’incubo e tentando di togliersi di dosso e calciar via tutte le ributtanti e crudeli creature che continuavano ad assalirlo.
A un certo punto, raggiunse uno spazio coperto di fango, sangue e visceri da cui emergevano gigantesche copie dei suoi libri.
Una visione talmente surreale e inaspettata che arrestò per un attimo il suo intelletto.
Erano altre una decina di metri. I soggetti riprodotti nelle illustrazioni delle copertine erano animati; ringhiavano e insultavano.
Una grossa bolla si gonfiò nella fanghiglia e, subito dopo, ne emerse anche la strega, nuda e sporca, ma tornata per un attimo bella e seducente.
«Questa merda che hai scritto…» disse. «Ora la puoi apprezzare ed esprimere più compiutamente. Sei contento? Ti piace l’idea?»
Appena Angelo tentò di rispondere una pietra appuntita gli venne fiondata fra i denti con tale forza da trapassargli la nuca.
«Zitto!» gridò la strega. «Qui non ti è consentito comunicare.»
Angelo si portò le mani alla bocca distrutta e sanguinante. Altri denti storti, marci e aguzzi gli sbucarono dalle gengive al posto di quelli rotti.
«Ora…» proseguì la strega. «il tuo compito, qui, sarà quello di revisionare questi tuoi testi in modo che ne esca anche una morale o contenuto edificante. Qualcosa da cui poterne trarre un insegnamento, insomma, e che non sia solo puro compiacimento per il male… Terribile, vero?!» ghignò.
Anche la strega, infatti, non riusciva a immaginare una punizione peggiore.
Angelo si risollevò da terra e, massaggiando mascella e mandibola ricomposte alla brutta e meglio, questa volta non rispose.
Il buco dietro alla testa gli era rimasto, con tanto di sasso che aveva assunto l’aspetto di un corno e si era integrato al cranio.
«Devi riscriverli in modo che il loro contenuto sia apprezzabile per Eridiamriele… L’angelo del Paradiso che ogni tanto verrà qui per controllare e sedare le tue rivolte. Sono dei nostalgici, quelli...»
Rise.
«Solo lui è in grado di giudicare quanto queste correzioni che dovrai apportare possano essere apprezzabili, utili al continuum Bene/Male, oppure “catartiche”…»
Rise ancora.
«Tu sforzati d’immaginare e promuovere le cose che hai sempre odiato in vita e vedrai che prima o poi riesci a soddisfarlo, quel bastardo!»
Dalla punta del dito indice della mano destra di Angelo spuntò con un fiotto di sangue una punta di matita grigio scuro, di quelle classiche.
Il dito indice dell’altra mano, invece, si trasformò in una gomma da cancellare bianca; qualcosa che poteva ricostituirsi come il resto del corpo ogni volta che veniva consumata.
«Vedi tu!...» proseguì la strega. «Eridiamriele preferisce che usi quelli per scrivere, ma se vuoi puoi anche usare il tuo sangue.»
I giganteschi libri si aprirono alla prima pagina. I caratteri di stampa erano passati tutti da inchiostro a tracce di grafite cancellabili.
«Buon lavoro, idiota!» lo salutò la strega. E scomparve veloce, affondando di nuovo nella fanghiglia.
«Ci sarebbe stata una ricompensa per tutto questo?» s’interrogò Angelo.
Sono davvero morto?
Questo è l’inferno?
«Oppure mi trovo nella parte più estrema del Purgatorio?» sperò.
Sto sognando?
Che mi succede?
Scrivo davvero così male?
Per Eridiamriele, il suo ex angelo custode, era stato istruttivo perderlo in quel modo. Soprattutto alla luce di quanto si era speso per consigliarlo e aiutarlo a governare la sua creatività, ma non poteva in alcun modo soffrirne essendo avvolto dalla grazia di Dio.
"Angelo insanguinato"
Racconto di Fabio Cavagliano 2022
Carissimo Grifabio, che dire? Un racconto magnifico, uno squarcio d'inferno, o del punto più estremo del purgatorio, o - per dirla con le parole degli Slayer - del sud del paradiso.
RispondiEliminaIl punto forte della storia, secondo me, consiste nelle descrizioni che, senza fronzoli, riescono perfettamente a descrivere in maniera vivida un ambiente assurdo - tanto da poterlo vedere in tutto il suo disgustoso apparire.
Un'ambientazione viva e viscida, senza speranza, nella migliore tradizione “Clive Barker”! Lo stesso dicasi per i due personaggi principali, il protagonista e la donna "antagonista", in uno spaccato disumano che, in realtà, altro non è se non la rappresentazione estremizzata dei peggiori risvolti dell'essere umano. Ben oltre qualsiasi speranza di redenzione, la quale, se ci fosse, sarebbe pure immeritata.
Mi è piaciuto tantissimo.
E il titolo non ha potuto che rimandarmi alla bellissima “Bloody Angel” degli Avatar.
Alla prossima, Mastro Grifabio, Gran Demiurgo del Weird!
Grazie. Il film “Alien” viene citato, ma negli anni ’80 penso di aver interiorizzato al cinema e in tv il peggio del peggio in termini di effetti visivi e make up raccapriccianti. Basti pensare alle pellicole di David Cronenberg, Stuart Gordon, Wes Craven, ecc…
EliminaLe visioni dell’inferno più brutte e spaventose, tuttavia, quelle che davvero mi hanno turbato, spesso le ho trovate nelle rivelazioni dei mistici. Se fai una ricerca, spesso ti accorgerai che non esistono testimonianze o narrazioni più terribili.